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Come Partecipare all’Elezione del Romano Pontefice?

Vi preghiamo di scusarci per il fatto che, avendo utilizzato negli ultimi sei mesi un software di posta elettronica inefficiente, molti di voi potrebbero ricevere solo ora questa comunicazione legale. Vi chiediamo di avere pazienza e vi invitiamo a leggere tutti gli articoli pubblicati quest’anno su ChiesaRomana.info per ulteriori informazioni.

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COMUNICATO ECCLESIALE

Qui si riassumano le basi giuridiche per la legittimità dell’elezione del Pontefice Romano, quest’anno 2025, a causa della malversazione dei Cardinali nella violazione della Legge Papale di Papa Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, consentendo a 133 Cardinali di votare contemporaneamente, quando la sua legge ne permette non più di 120 (Cfr. n. 33) e vieta dispense (cfr. n. 4) a questa restrizione.

A causa dell’adesione dell’intero Collegio dei Cardinali — che secondo quella stessa legge è l’elettorato autorizzato a votare per il Romano Pontefice, al Cardinale Prevost, come Romano Pontefice — i Cardinali sono entrati in scisma da Gesù Cristo proprio per questo fatto, poiché Cristo non può perdonare la loro malefatta senza infrangere la Sua solenne promessa: «Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo». — E poiché Cristo non commetterà sacrilegio contro Se stesso per onorare i Cardinali, i Cardinali sono inescusabili davanti a Dio e agli uomini per il sacrilegio che hanno commesso con la loro perversa presunzione.

Per questo motivo l’intero Collegio, che per più di 180 giorni è rimasto unanime in questo scisma, nonostante centinaia di lettere che esortavano al pentimento, ha subito la decadenza del proprio diritto esclusivo e quindi, secondo i principi della legge naturale, in base ai quali un diritto ministeriale cede il passo a una necessità assoluta, l’elettorato originario, che è l’intera Chiesa di Roma, riacquista il diritto di eleggere il Pontefice Romano. Questo ritorno del diritto in pratica è affermato dall’insegnamento di Papa Niccolò II, nella sua Bolla, In Nomine Domini, n. 3, pubblicata il 13 aprile 10159, nel grande Sinodo Romano, tenutosi in quell’anno nella Basilica Lateranense.

Inoltre, poiché è assolutamente necessario dal punto di vista teologico che la Chiesa di Roma continui e preservi la sua continuità giuridica da Cristo attraverso San Pietro, Papa Niccolò II afferma che, in caso di elezione illegittima, l’elettorato originario di tutta la Chiesa – che egli descrive come cardinali, clero religioso e laici – può essere legittimamente esercitato in qualsiasi luogo, anche al di fuori della città di Roma, e da un numero qualsiasi di membri, ovvero almeno tre (licet pauci).

Questa Chiesa è rappresentata nella sua totalità da qualsiasi piccolo gruppo, perché il diritto di eleggere il Pontefice Romano appartiene alla Chiesa di Roma come persona giuridica, e non specificamente a una sua parte come parte. Pertanto, anche se solo pochi fedeli partecipano, purché siano 3 o più, l’elezione di un candidato idoneo sarà giuridicamente legittima e accettata da Cristo Gesù in cielo.

Per questo motivo, vi invitiamo a partecipare a questa elezione, il cui luogo e orario non saranno resi pubblici per garantire la pace e la tranquillità dell’assemblea. Rispondendo all’e-mail che riceverete potrete ottenere maggiori informazioni.

Vi ricordiamo inoltre che potete partecipare a questa elezione tramite delega. Per ulteriori informazioni al riguardo, consultate QUI.

Infine, ricordiamo a tutti che qui è in gioco molto più della semplice perdita della continuità giuridica della Chiesa di Roma con Cristo Gesù, ma abbiamo omesso questi altri aspetti, poiché sono evidenti a tutti coloro che hanno fede soprannaturale.

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Anno Domini 1058: l’anno in cui Sant’Ildebrando salvò per sempre la Chiesa Cattolica

Un racconto della storia, di Frà Alexis Bugnolo

Quando parliamo di storia, spesso iniziamo i nostri racconti ripercorrendo gli eventi di un anno in cui si sono verificati fatti memorabili, unici e che hanno cambiato il mondo.

Nella Chiesa cattolica facciamo spesso lo stesso, soprattutto perché la nostra Santa Religione si basa su eventi storici che possono essere associati con precisione a luoghi e tempi specifici.

Tali date sono il 25 marzo del 2 a.C., a Nazareth, nella Santa Casa della Madonna, nell’ultimo giorno della Festa della Pasqua, quando l’Arcangelo Gabriele annunciò a Lei il piano di salvezza di Dio, e Lei disse: “Sia fatto di me secondo la tua parola!”

Oppure il 33 d.C., il 3 aprile, alle 15:00, sul Monte Golgota, quando Nostro Signore e Salvatore espiò tutti i peccati del mondo, offrendo la Sua vita a Dio Padre sul Legno cruente della Croce.

Oppure il 20 maggio 325, nel Palazzo Imperiale di Nicea, in Asia Minore (oggi Turchia), dove l’imperatore Costantino convocò e riunì, tramite il suo rappresentante, il vescovo Osio di Cartagena in Iberia (oggi Spagna), il primo Concilio Ecumenico con il consenso di papa Silvestro I di Roma.

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Ma una data o un anno, di cui i cattolici probabilmente non hanno mai sentito parlare, ma che è altrettanto importante per l’esistenza della Chiesa cattolica, è l’anno del Signore 1058.

Altrettanto importante, dico, dal punto di vista della giurisprudenza, perché proprio come l’identità di un’associazione di persone è, dal punto di vista del diritto, l’identità di un’istituzione secondo il suo fondamento giuridico e la sua continuità da esso, così l’identità della Chiesa cattolica come vera Chiesa di Cristo Gesù si fonda non solo sugli eventi fondanti della sua storia, ma anche su quei momenti della sua storia che sono stati decisivi per preservarne la continuità giuridica nel tempo.

E l’anno del Signore 1058 fu uno di questi anni!

La crisi del 1058

L’importanza del 1058 inizia con il peggioramento delle condizioni di salute di papa Stefano IX, che morì il 29 marzo 1058 a Firenze, tra le braccia del suo confratello benedettino, sant’Ugo di Cluny. Prevedendo il disastro che stava per abbattersi su Roma dopo la sua morte, con il desiderio della corrotta nobiltà romana di tornare all’immoralità dei decenni precedenti, il Santo Padre impose con giuramento al clero e alla nobiltà della Città Eterna di non convocare un’Assemblea Apostolica per eleggere il suo successore fino al ritorno del suo arcidiacono Sant’Ildebrando di Saona dalla corte imperiale di Goslar, in Turingia, Germania, per presiederla. Così racconta Bonzio di Sutri nella sua storia dell’epoca.

Ma non appena i nobili della città vennero a conoscenza della morte di papa Stefano IX, poco dopo il suo arrivo a Firenze per incontrare Sant’Ugo, nella notte del 4 aprile irruppero nella città con truppe armate e imposero l’elezione di Giovanni Minucio, vescovo di Tusculo, come papa Benedetto X il 5 aprile 1058, appena una settimana dopo, non appena giunse la notizia a cavallo.

Stefano IX, in vita, si chiamava Federico, e suo fratello era Goffredo il Barbuto, duca di Lorena (ora Belgio-Francia nord-occidentale). E così, alla sua morte, suo fratello inviò immediatamente 500 uomini armati per mettere in sicurezza la città di Roma. Arrivarono troppo tardi per intervenire.

Giovanni Minucio fu nominato cardinale da papa Stefano IX nel 1050 d.C. E non era un nessuno, poiché Federico di Lorena, il futuro papa Stefano IX, lo aveva nominato Giovanni papa nelle elezioni papali del 1057, che invece scelsero Frederico. Si era detto che Giovanni fu costretto ad accettare la sua elezione a papa.

Il cardinale Pietro Damiano denunciò immediatamente l’illegittimità dell’elezione e anatemizzò i responsabili. Per la sua sicurezza personale dovette fuggire dalla città. I cardinali Umberto e Pietro di Tuscolo fuggirono a Benevento e dichiararono irregolare l’elezione.

Quando Sant’Ildebrando tornò dalla Germania, trovò la città di Roma nelle mani dei sostenitori di Benedetto IX e dichiarò l’elezione invalida per violazione del precetto imposto da papa Stefano, secondo cui Sant’Ildebrando, il futuro papa Gregorio VII, doveva essere l’elettore sine qua non la cui presenza avrebbe reso l’elezione legalmente convocata.

La soluzione del 1058

Così, nel maggio del 1058, l’arcidiacono Sant’Ildebrando e il cardinale San Pietro Damiano, insieme al cardinale Umberto di Selva Candida, convocarono un’Assemblea Apostolica a Siena, in Italia (a circa 3 ore di macchina a nord di Roma), ed elessero Gerardo di Borgogna, vescovo di Firenze.

Gerardo assunse il nome di Niccolò II.

Gerardo contava sul sostegno di Gerardo il Barbuto di Borgogna, margravio di Toscana, e di Wilberto di Ravenna (alias Guiberto di Parma), cancelliere imperiale d’Italia. Inviò quindi Sant’Ildebrando come suo legato presso di loro e alla corte imperiale di Goslar, in Germania, per assicurarsi il diritto al papato.

San Ildebrando, dopo aver raggiunto questo obiettivo, tornò con entrambi i nobili a Siena, dove proclamarono Gerardo papa Niccolò II il 6 dicembre 1058, circa sei mesi dopo.

Quindi marciò su Roma con le forze armate del margravio di Toscana e, fermandosi a Sutri, convocò il secondo concilio provinciale di Sutri e dichiarò Benedetto X deposto come antipapa e usurpatore.

Il 24 gennaio 1059, Niccolò II fu intronizzato a Roma come Pontefice Romano, e da quella data si conta normalmente il suo pontificato.

La legalità dell’elezione di Papa Niccolò II

I sostenitori dell’antipapa Benedetto X contestarono la legalità dell’elezione di Niccolò II II per i successivi 130 anni nelle cronache dei monasteri locali.

Questa contestazione si basava su fatti evidenti, ovvero

  1. L’elezione di Niccolò II avvenne fuori dalla città di Roma, in violazione di tutti i precedenti.
  2. L’elezione di Niccolò II avvenne in secondo luogo rispetto all’elezione di Benedetto X.
  3. L’elezione di Niccolò II fu effettuata da una minoranza di cardinali.
  4. L’elezione di Niccolò II non fu approvata dall’intero clero e dal popolo al momento della sua elezione a Siena nel maggio e nel dicembre del 1058.

Tuttavia, la rivendicazione legale di papa Niccolò II di essere il vero pontefice romano si basava su un argomento ancora più forte, ovvero:

  1. che l’elezione di Benedetto X era stata ottenuta con la forza delle armi;
  2. che l’elezione di Benedetto X era stata condotta in violazione del numero degli elettori, ovvero negando a Sant’Ildebrando, l’arcidiacono, la possibilità di essere presente.

I principi giuridici confermati dal Magistero papale infallibile

Per i quattro secoli successivi e, di fatto, fino ai giorni nostri, la Chiesa cattolica e tutti i veri papi hanno riconosciuto come legittima l’elezione di Niccolò II, in virtù di due principi giuridici oggi riconosciuti dal diritto canonico:

  1. Poiché la coercizione distrugge la libertà, un voto o un’elezione ottenuti con la coercizione sono illegittimi e quindi irritus, da considerarsi come mai avvenuti (cfr. CIC 1983, Canone 125 §1)
  2. Poiché la violazione delle procedure obbligatorie produce un’elezione illegittima, tutte le votazioni effettuate in violazione di tali procedure portano a un’elezione che è irritus, da considerarsi come mai avvenuta (cfr. CIC Canoni 42 e 124 §1).

Questi principi sono affermati nell’attuale legge papale, Universi Domini Gregis, al n. 76, dove si legge nella traduzione italiana del Vaticano:

76. Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta.

Insegnamento magisteriale di papa Niccolò II

L’insegnamento magisteriale di papa Niccolò II su questo argomento è stato sancito nella sua bolla In Nomine Domini, n. 3, nell’aprile del 1059, dove si legge:

§ 3. Pertanto, se la perversità degli uomini depravati e iniqui prevale a tal punto che non è possibile tenere un’elezione pura, sincera e libera nella Città, i Cardinali Vescovi con i Chierici religiosi e i laici cattolici, anche se pochi, ottengano il diritto di potere (ius potestatis) di eleggere il Pontefice della Sede Apostolica, dove ritengano più opportuno. Chiaramente, una volta completata l’elezione, se dovesse scoppiare un conflitto bellicoso e/o se la lotta di qualsiasi tipo di uomini resistesse con la serietà della malvagità, tale che colui che è stato eletto non potesse prevalere per essere intronizzato nella Sede Apostolica secondo la consuetudine, tuttavia, che l’eletto ottenga come Papa l’autorità di governare la Chiesa Romana e di disporre di tutte le sue facoltà, che il Beato Gregorio, come sappiamo, fece prima della sua consacrazione.

Questo insegnamento non è solo disciplinare, ma anche dottrinale, poiché la Chiesa ha sempre considerato valido il principio applicato all’elezione di Niccolò II nell’anno precedente alla sua elezione a papa.

Inoltre, quando si comprendono le circostanze storiche dell’elezione di Niccolò II, in confronto alla sua Bolla, si nota un sorprendente triplice livello di sicurezza: che quando c’è stata un’elezione la cui validità sia stata compromessa con qualsiasi mezzo, entrano in vigore 3 diritti per garantire l’elezione giuridicamente valida di un candidato onesto da quelli che riconoscono la prima elezione quale invalida:

  1. il diritto di voto dell’elettorato originario dell’intera Chiesa Romana, Cardinali, Clero e Laico,
  2. il diritto di tenere l’elezione ovunque e
  3. il diritto di agire validamente anche con qualsiasi numero esiguo di membri dell’elettorato originario.

Pertanto, sebbene questa bolla non sia più in vigore dal punto di vista giuridico, il suo insegnamento rimane valido nei casi in cui l’attuale diritto papale non prevede alcuna disposizione.

Come San Ildebrando difese la Chiesa da tutti i futuri antipapi

Ed è così che San Ildebrando salvò per sempre l’identità giuridica della Chiesa cattolica come Chiesa di Cristo, poiché con la sua decisione di opporsi alla pretesa illegittima di Benedetto X al papato, portò alla luce i principi della Legge Naturale per guidare tutte le generazioni future, che possono essere riassunti in queste regole:

  1. Un’elezione che viola i precetti relativi alla procedura rende l’elezione irritus, cioè priva di valore giuridico (Cf. CIC 1983, Canone 124 §1)
  2. Un’elezione in cui si verifica una coercizione, tale da determinare un voto diverso da quello che sarebbe stato, è illegittima (Cfr. CIC 1983, Canoni 125 §1 e 170)
  3. Un’elezione senza il numero corretto di elettori è invalida (Cfr. CIC 1983, Canoni 119 §1, 161 §3 e 172 §1)
  4. Tutti coloro che hanno diritto di voto, quando votano in un’elezione illegittima per il Papa, subiscono la decadenza del loro diritto per l’atto di entrare in scisma da Cristo aderendo a un uomo come papa che NON è il papa. (Cfr. CIC 1983, Canoni 1364 e 1331 §1)

E questi sono proprio i principi incarnati nella risposta Cattolica qui a Roma, in questo anno del Signore 2025, al misfatto dei cardinali che hanno eletto Prevost come “Leone XIV” con 133 voti, nonostante la Legge Papale vieti più di 120 elettori (UDG n. 33) e proibisca l’uso di dispense (UDG n. 4) per consentirne più di 120.

Per diffondere quest’articolo in formato stampato (A4) scarica qui il PDF.

Anno Domini 1058

Come compilare la Delega canonica per votare all’Assemblea?

Si può scaricare la Delega canonica in formato PDF QUI.

Delega-2

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Una delega canonica è una concessione ecclesiastica di un diritto, da parte di chi detiene tale diritto, a un altro soggetto che lo rappresenterà in un’azione canonica. Le deleghe canoniche vengono talvolta utilizzate quando un coniuge non può essere presente al matrimonio per motivi ragionevoli, quali il servizio militare o gravi inconvenienti.

Nel diritto ecclesiastico, le deleghe canoniche non possono essere sempre utilizzate, poiché alcuni atti richiedono che sia il titolare del diritto ad agire e alcuni canoni non consentono la delega di determinati diritti.

Nell’elezione del Pontefice Romano, tuttavia, secondo l’insegnamento di Papa Niccolò II, è consentita una delega canonica del diritto di voto. La prima testimonianza storica che abbiamo di ciò è l’elezione di Papa Urbano II (Odo di Laghery), Cardinale Vescovo di Velletri, a Terracina, dove un sacerdote di Roma portò con sé una delega canonica del clero e dei laici e votò a favore del Vescovo Odo.

Le elezioni del Romano Pontefice secondo il diritto apostolico, cioè secondo le modalità con cui venivano condotte prima di ogni legislazione papale o sinodale, venivano condotte di persona, ma nulla vieta il ricorso alla delega, poiché la legge papale di Papa Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, ha esplicitamente abolito tutte le precedenti leggi positive in materia.

Proprio per questo, Papa Niccolò II nella sua Bolla, In Nomine Domini, n. 3, afferma che in condizioni straordinarie di malversazione e cospirazione, l’elettorato originario ottiene il diritto di poter (ius potestatis) tenere le elezioni fuori Roma, concedendo in linea di principio che l’elettorato originario, senza alcuna altra restrizione, possa partecipare alle elezioni di persona o tramite una delega canonica.

Se desiderate partecipare tramite una delegazione, potete utilizzare il modulo suggerito sopra, compilandolo con i vostri dati personali e indicando come vostro delegato una persona che sapete sarà presente all’Assemblea. Il vostro delegato potrà esprimere il vostro voto per chiunque ritenga essere il candidato migliore, mentre voi potrete condividere il merito di aver salvato la Chiesa da un anticristo eretico senza l’inconveniente personale di dover partecipare.

Potete quindi affidare la vostra delega al vostro delegato o a una terza parte affinché la porti all’Assemblea e gliela consegni. Per ulteriori informazioni, consultate l’e-mail che avete ricevuto.

Si può scaricare la Delega canonical in formato PDF QUI.

È importante notare che le formule utilizzate nella suddetta Delega limitano l’uso della vostra delega di diritto alle elezioni di diritto apostolico, come quella specificata da Papa Niccolò II nella sua Bolla, In Nomine Domini, n. 3, poiché la delega limita il diritto concesso solo a quelle elezioni ecclesiastiche alle quali potete partecipare in ragione della residenza ecclesiastica. Pertanto, qualsiasi diritto di partecipare ad altri tipi di elezioni ecclesiastiche, in base al diritto positivo, al diritto canonico, alla tradizione o alle norme particolari della vostra comunità, rimane vostro e non viene concesso dalla suddetta delega.

Va inoltre sottolineato che, se Lei è membro del clero incardinato in una delle diocesi di Roma, anche se non risiedi in nessuna città della Sua diocesi perché presti servizio fuori sede come sacerdote fide donum o missionario, oppure sei uno studente, un docente o un cappellano militare ecc. altrove, puoi comunque partecipare a questa elezione tramite delega. In tale caso, nello spazio apposito per municipio di residenza, metti la Diocesi in cui Lei è incardinato.

Leone XIV, è scismatico? Cosa insegna la Chiesa?

di Frà Alexis Bugnolo

English Original

Secondo il Codice di Diritto Canonico del 1983, promulgato da Papa Giovanni Paolo II dal Palazzo Apostolico il 25 gennaio 1983, tutti coloro che prendono parte formalmente e pubblicamente a uno scisma ecclesiastico perdono ogni diritto nella Chiesa. Per questo motivo, tutti i cattolici che entrano in comunione, consapevolmente o inconsapevolmente, con un antipapa perdono ogni diritto ecclesiastico di compiere atti che conferiscono un diritto.

Per “atti che conferiscono un diritto” intendo quegli atti giuridici in cui e mediante i quali una persona che ha il diritto di conferire un diritto, tenta di fatto di conferire un diritto. Tali diritti includono l’elezione, la nomina, l’autorizzazione, ecc.

In questo articolo, dimostrerò la veridicità di questa affermazione.

Qui discuterò brevemente cosa dice il Codice di Diritto Canonico su queste questioni, per coloro che non hanno familiarità con le leggi della Chiesa e per coloro che desiderano condividere questo articolo con altri cattolici che, allo stesso modo, sono disinformati e vogliono sapere cosa insegna veramente la Chiesa su queste questioni.

Il canone 1364 impone la scomunica ipso facto a tutti gli scismatici

Questo canone recita in latino:

Canone 1364 § 1. Apostata a fide, haereticus vel schismaticus in excommunicationem latae sententiae incurrit, firmo praescripto can. 194 §1, n. 2: …

Che in italiano recita:

Canone 1364 §1. L’apostata dalla Fede, l’eretico e/o lo scismatico, incorre nella scomunica latae sententiae, fermo restando il disposto del canone 194 §1, n. 2; ,,,

Qui l’espressione latina, “latae sententiae”,  significa “senza la necessità di una condanna dichiarata”.

Canone 1331, gli effetti giuridici dell’essere scismatico includono la perdita dei diritti

Il canone successivo spiega quali sono gli effetti dell’essere scomunicato latae sententiae, senza che alcun tribunale o autorità lo dichiari, ovvero cosa accadrebbe se qualcuno si unisse a uno scisma o diventasse scismatico, quali diritti perderebbe:

Canone 1331 §1. Excommunicatus vetatur:

1° ullam habere partecipazioniem miisterialem in celebrandis Eucaristiae Sacraficio vel quibuslibet aliis cultus caerimonalis;

2° sacramenta vel ssacramentalia celebrare et sacramenta ricettare;

3° ecclesiasticis officiis vel ministeriis vel munierubus qualibuslibet fugi vel actus regiminis ponere.

Che in italiano è:

Canone 1331 §1. Allo scomunicato è proibito:

1° avere alcuna partecipazione come ministro nella celebrazione del Sacrificio dell’Eucaristia e/o in ogni altro culto cerimoniale di qualunque genere;

2° celebrare i Sacramenti o sacramentali e ricevere i Sacramenti;

3° esercitare qualsiasi tipo di uffici ecclesiastici e/o munera di qualunque genere e/o porre un atto di governo.

Papa Niccolò II dichiara scismatici tutti gli antipapi

Citerò qui la Bolla di Papa Niccolò II, “In Nomine Domini”, n. 4, promulgata il 13 aprile 1059 nella Basilica Patriarcale Costantiniana del Laterano, alla presenza del Sinodo di tutto il Clero Romano:

§4. Per questo motivo, se qualcuno è stato eletto, o anche ordinato, o intronizzato, contro questo nostro decreto promulgato con sentenza sinodale, sia per sedizione, e/o presunzione, o qualsiasi inganno, sia abbattuto dall’autorità divina e da quella dei santi apostoli, Pietro e Paolo, con un anatema perpetuo insieme ai suoi promotori, sostenitori e seguaci come uno separato dalle soglie della santa Chiesa, proprio come l’Anticristo, invasore e distruttore di tutta la cristianità, e non gli venga data udienza su questo, ma sia deposto da ogni grado ecclesiastico a qualsiasi altro che lo precedesse, senza alcuna obiezione fatta, al quale se qualcuno in qualsiasi modo aderisce, e/o mostra qualsiasi tipo di riverenza nei confronti del Pontefice, o presume di difenderlo in qualcosa, sia abbandonato con uguale sentenza, che se qualcuno si dimostra un violatore di questa sentenza del nostro santo decreto, e ha cercato di confondere la chiesa romana con la sua presunzione, e di suscitare disordini contro questo Statuto, sia dannato con anatema e scomunica perpetui, e sia reputato tra gli “empi”, che “non risorgeranno in giudizio” (Salmo 1:5), conosca l’ira dell’Onnipotente contro di lui, e quella dei Santi Apostoli, Pietro e Paolo, la cui Chiesa ha presunto di ingannare, conosca una follia devastante in questa vita e in quella futura; “La sua dimora diventi deserta, e non ci sia nessuno che abiti nelle sue tende” (cfr. Salmo 69:26): “I suoi figli siano orfani e sua moglie vedova” (Salmo 108:9), “sia scosso completamente” (cfr. Salmo 108:10) fino alla follia, e “i suoi figli vadano in giro mendicando e siano cacciati dalle loro dimore” (Salmo 108:10). «L’usuraio divori tutti i suoi beni, e lo straniero distrugga tutte le sue fatiche» (Sal 108,11); «Tutto il mondo combatta contro di lui» (cfr Sap 5,21), e tutti gli altri elementi siano contro di lui, e i meriti di tutti i Santi, in pace, lo confondano e in questa vita si vendichino apertamente di lui.

Leone XIV non è papa, perché è stato eletto non canonicamente, e quindi, è un antipapa.

Per le prove di ciò, vedere:

Come Papa Giovanni Paolo II dichiara invalido il Conclave del maggio 2025, non conferendo alcun diritto di essere papa al Cardinale Prevost, inviato a oltre 5000 tra chierici e religiosi a Roma.

Lettera aperta a un Cardinale, riguardo all’invalidità del Conclave del maggio 2025, inviata a oltre 150 Cardinali.

Pertanto, tutti i cattolici in comunione con l’Antipapa Leone XIV hanno subito la perdita di ogni diritto

L’effetto di essere in comunione con un falso papa, cioè con qualcuno che ha usurpato l’Ufficio Apostolico, la Dignità o il Munus, con una falsa o illegittima pretesa al papato, è che egli è uno scismatico, separato da Cristo, e lo sono anche tutti coloro che lo riconoscono come “Romano Pontefice”, perché si stanno unendo a un impostore, un uomo NON in comunione con Gesù Cristo o con la Chiesa Cattolica.

Poiché sono trascorsi quasi sei mesi da questo atto di scisma, e poiché tutte le parti sono state debitamente ammonite per lettera, qui a Roma, e poiché tutte le parti persistono, consapevolmente, nel loro crimine e nella loro frode, senza rimorso o vergogna, si può ragionevolmente presumere che siano ostinati e acconsentano formalmente a essere in scisma con un antipapa, cioè con un uomo eletto non canonicamente.

Per dimostrare come un completo spirito di menzogna e frode si sia impossessato delle menti e dei cuori di questi scismatici, che sono a conoscenza di tutti i documenti e i fatti sopra menzionati, mi limiterò a citare due esempi: Un vescovo ha recentemente affermato: “Se tutti i cardinali e i vescovi del mondo accettano questa elezione, essa diventa valida”. E un altro, uno dei cardinali vicini a Prevost e a Papa Francesco, ha recentemente affermato che rifiutare Papa Leone dimostra la totale mancanza di spirito di comunione, e questa è una bestemmia contro lo Spirito Santo.

È ovvio che tali affermazioni rifiutano implicitamente le leggi della Chiesa e la verità della storia recente, per non parlare del fatto che sono o implicano sia una bestemmia che una negazione dell’insegnamento di Cristo, il Quale ha dichiarato, come Re, che “qualunque cosa” Pietro “leghi sulla terra, sarà legata in Cielo”, nel Suo Regno. Inoltre, tutti coloro che rifiutano le leggi di Cristo Re sono ribelli e sono coinvolti in una cospirazione aperta contro il Suo Regno. Pertanto, nessuno di questi ecclesiastici ha o gode più del diritto di rivendicare autorità o giurisdizione su alcun cattolico. Non possono imporre leggi, non nominare nessuno a nessuna carica, non eleggere nessuno a nessuna carica, non determinare nulla per nessuno, né ora né in futuro. Sono scomunicati e sono al di fuori della Chiesa cattolica e separati da Cristo. E non possono essere salvati, secondo la Bolla di Papa Bonifacio VIII, Unam Sanctam (testo latino, testo italiano), poiché ovviamente NON si sottomettono a un vero papa.

Infine, nessuno di questi ha più di fatto il diritto di eleggere il Papa, perché o hanno perso tale diritto in virtù del canone 1331, sezione 1, o non vogliono esercitarlo, poiché ritengono che Leone XIV sia un papa legittimo.

Quindi hanno subito la decadenza del diritto.

E questo è ciò che ho promesso di dimostrare.

Di conseguenza, sebbene questi “cattolici” esistano ancora e vivano, e abbiano diritti naturali e civili secondo il diritto ecclesiastico, poiché hanno subito la perdita di ogni diritto di compiere atti che conferiscono diritti, è come se non esistessero fisicamente o fossero morti. Quindi, gli scismatici di Leone XIV non hanno voce in capitolo su chi sia il Papa.

Quanto a come il papato possa essere ripristinato in circostanze così orribili, il canonista Guido Ferro Canale lo ha già spiegato due anni fa, QUI, e io l’ho dimostrato 6 anni fa QUI.

Come avere elezione legittima, quando i Cardinali elettori sono tutti in scisma?

Così, tra poche settimane, quando i cattolici di Roma, che respingono le pretese di Roberto Prevosto (Leone XIV), si riuniranno in accordo con l’insegnamento di Papa Niccolò II, nella sua Bolla In Nomine Domini, n. 3, possano partecipare in una elezione legittima del Romano Pontefice. Ascoltiamo le sue parole, che spiegano come risolvere tali crisi, parlando dei cattolici che sono membri della Chiesa di Roma, cioè di coloro che hanno residenza ecclesiastica nella Diocesi di Roma e nelle sue diocesi suburbicarie, così:

§ 3. Pertanto, se la perversità degli uomini depravati e iniqui prevale a tal punto che non è possibile tenere un’elezione pura, sincera e libera nella Città, i Cardinali Vescovi con i chierici religiosi e i laici cattolici, anche se pochi, ottengano il diritto di potere (ius potestatis) di eleggere il Pontefice della Sede Apostolica, dove ritengano più opportuno. Chiaramente, una volta completata l’elezione, se dovesse scoppiare un conflitto bellicoso e/o se la lotta di qualsiasi tipo di uomini resistesse con la serietà della malvagità, tale che colui che è stato eletto non potesse prevalere per essere intronizzato nella Sede Apostolica secondo la consuetudine, tuttavia, che l’eletto ottenga come Papa l’autorità di governare la Chiesa Romana e di disporre di tutte le sue facoltà, che il Beato Gregorio, come sappiamo, fece prima della sua consacrazione.

La procedura per convocare, condurre e tenere questa elezione è già iniziata, come riportato su ChiesaRomana.Info, con il consenso di oltre 5000 chierici e religiosi della Chiesa di Roma, che, debitamente informati, non si sono opposti alla convocazione.

Lettera aperta alla Chiesa Romana

L’Assemblea Apostolica per eleggere un Papa Cattolico è stata convocata

Ogni Sacerdote, Religioso e Cattolico fedele
ha diritto di partecipare se voglia

Questa Lettera Aperta è stata inviata a quasi sei mille sacerdoti e religiosi in Lazio, durante la settimana ultima di Settembre, 2025

Cari Fedeli della Chiesa Romana,

vi scrivo per informarvi dei vostri diritti canonici, concessi da San Pietro Apostolo e dai Papi Niccolò II e Giovanni Paolo II. La presente comunicazione non riguarda alcuna imputazione di colpa da parte vostra, né comporta alcun obbligo da parte vostra d’intraprendere alcuna azione. Vi scrivo perché credo e ritengo che abbiate il diritto di conoscere la verità, specialmente per quanto riguarda quelle verità sulle quali potete agire nel vostro servizio a Cristo Gesù, Nostro Signore, Dio e Salvatore.

Le scrivo in conformità con il diritto che mi è stato concesso dal Canone 212 del Codex Iuris Canonicis, pubblicato da Papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, in merito a una questione che sta causando grave preoccupazione a tutti i cattolici, in particolare a quelli della Chiesa di Roma: le gravi irregolarità che circondano l’elezione del Cardinale Robert Francis Prevost a Vescovo di Roma.

Come forse saprete, il 30 aprile 2025 la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato una dichiarazione dei Cardinali riguardante la loro richiesta di dispensa dalla violazione del precetto formale contenuto al n. 33 della Legge Pontificia sui Conclavi, Universi Dominici Gregis, promulgata da Papa Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996, che recita in latino:

“Maximus autem Cardinalium electorum numerus centum viginti ne excedat.”

“Inoltre, il numero massimo dei Cardinali elettori non ecceda i centoventi”.

Questo precetto è una delle disposizioni giuridiche essenziali di tale legge papale, poiché sancisce il pensiero del legislatore, Papa Giovanni Paolo II, il quale ha stabilito che il numero di 120 cardinali elettori partecipanti al Conclave è sufficiente (cfr. paragrafo 7 dell’introduzione alla stessa legge papale).

Nel suddetto comunicato stampa del 30 aprile, tuttavia, i cardinali hanno affermato di avere il diritto d’interpretare l’atto di Papa Francesco relativo alla nomina dei cardinali come equivalente alla concessione di una dispensa da questo precetto. Nella loro affermazione, non citano alcun documento o dichiarazione verbale del defunto Pontefice romano per giustificare o documentare la loro affermazione.

Per questo motivo, è certo che la loro dispensa è invalida, poiché, secondo il Canone 16, il diritto d’interpretazione in grado di dispensare da una legge appartiene solo ai superiori e a coloro ai quali è stato concesso in un atto giuridico. Inoltre, il Canone 86 proibisce le dispense dalle disposizioni giuridiche essenziali delle leggi papali; inoltre, il Canone 335 proibisce qualsiasi innovazione della legge durante una sede vacante. Inoltre, le concessioni verbali espresse da un superiore, che non sono promulgate, non possono avere forza di legge dopo la sua morte; altrimenti, l’intero sistema giuridico della Chiesa diventerebbe dubbio dopo la morte di qualsiasi superiore. Infatti, il diritto di voto di un cardinale in un conclave non è concesso dall’atto di nomina, né dal Codice di Diritto Canonico, ma solo dalla legge particolare sui conclavi, e in ogni caso solo con la restrizione del Canone 120.

Allo stesso modo, il ragionamento avanzato dai Cardinali nella loro dichiarazione del 30 aprile non invoca la loro autorità di cui al paragrafo 5 della legge pontificia riguardo all’interpretazione di passaggi dubbi o controversi: da ciò risulta chiaro che essi hanno tacitamente ammesso che la loro affermazione non ha alcun fondamento nei diritti loro concessi in quel paragrafo della Universi Dominici Gregis.

Inoltre, la loro affermazione relativa al diritto di voto concesso ad alcuni cardinali nel n. 36, utilizzata come argomento contro la suddetta restrizione nel n. 33 della stessa legge, è incoerente, poiché secondo le norme universali di giurisprudenza, le definizioni e le restrizioni iniziali di una legge hanno la precedenza nell’interpretazione del vero significato di una legge in tutti i paragrafi successivi. Pertanto, non è autentico appellarsi al n. 36 contro il n. 33, tanto più che nel n. 36 l’affermazione del diritto è esplicitamente subordinata alla restrizione del n. 33.

Di conseguenza sembra che Papa Giovanni Paolo II nel penultimo paragrafo della promulgazione di questa legge papale sui conclavi – dove dichiara irrita qualsiasi cosa fatta, consapevolmente o inconsapevolmente, da qualsiasi persona di qualsiasi dignità ecclesiastica – abbia effettivamente abrogato la rivendicazione avanzata dai Cardinali nella loro dichiarazione del 30 aprile. — Inoltre, la dispensa che essi sostengono di avere non può essere utilizzata, poiché nel’UDG n. 4 Papa Giovanni Paolo vieta la dispensa da qualsiasi legge durante un periodo di sede vacante. Pertanto, senza una deroga all’UDG n. 4, la dispensa da loro rivendicata è priva di valore. E nessuno sostiene che Papa Francesco abbia concesso una deroga del genere.

Per tutti questi motivi, il recente Conclave, tenutosi con 133 cardinali elettori in ciascuna delle sessioni di conteggio, ha oggettivamente violato l’obbligo previsto dal n. 68 della stessa legge pontificia, poiché in ciascuna sessione di conteggio sono stati conteggiati 133 voti invece di 120. Pertanto, è stato attribuito un valore non giuridico contrario alla norma del n. 68 a ciascuna scheda elettorale nell’atto stesso della votazione, un’azione che è giuridicamente irritante in sé e che ha causato la nullità dell’elezione del Cardinale Provost secondo la censura prevista dal n. 76 della stessa legge, decretata da Papa Giovanni Paolo II, poiché nell’atto di elezione i Cardinali non hanno l’autorità di esercitare i diritti loro concessi dal n. 5 della stessa legge, come la stessa legge espressamente stabilisce.

Pertanto, poiché Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, che è il Capo della Chiesa e Legislatore Divino, ha dichiarato a San Pietro e ai suoi successori: «Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato in cielo, ecc.», rimane teologicamente e giuridicamente impossibile che il Conclave abbia avuto un esito giuridico valido e che il Cardinale Prevost abbia una valida pretesa all’ufficio di Pontefice Romano, per non parlare del fatto che egli non avrebbe mai potuto ricevere la grazia di tale munus dalle mani di Nostro Signore Gesù Cristo.

Inoltre, poiché il cardinale Prevost, prima dell’apertura del Conclave, era noto per aver pubblicamente espresso opinioni contrarie ad almeno cinque verità il cui obbligo di fede è sempre stato sostenuto dalla Chiesa, ne consegue che, anche se per il resto regolare, la sua elezione è resa nulla, inane e irrita tramite la censura contenuta nel n. 6 della Bolla di Paolo IV, Cum ex apostolatus officio, del 15 febbraio 1559, e confermata da Papa San Pio V nel suo Motu Proprio, «Inter multiplices curas», del 12 gennaio 1567, in questa particolare censura mai abrogata, obrogata, surrogata o derogata. Per maggiori informazioni su queste 5 verità della fede, vedi ChiesaRomana.Info.

Pertanto, mi rivolgo a voi, fedeli della Chiesa Romana, cioè delle diocesi di Roma e delle sue sedi suburbicarie, e di quelle che fanno parte della Conferenza Episcopale del Lazio, per esortarvi ad esprimere ai vostri superiori ecclesiastici il pericolo di questa azione sconsiderata dei Cardinali, che ha posto la Chiesa in una grave crisi giuridica, in virtù della loro pretesa di dare alla Chiesa stessa, come Papa, un uomo che, a causa delle irregolarità della sua elezione e del suo dissenso dalla Fide Cattolica, non ha alcun diritto all’Ufficio Papale.

Come rimedio, non sembra esserci altra linea di condotta onesta se non l’abdicazione del cardinale Prevost e la sua rinuncia alla pretesa al pontificato, nonché il ritorno dei cardinali al Conclave seguito, in conformità con la legge papale, dall’elezione di un altro soggetto, tenendo presente la censura di Papa Paolo IV. Altrimenti, data la mera competenza ministeriale dei cardinali, in assenza di un privilegio, ai sensi del canone 349, il diritto di eleggere il Pontefice Romano tornerebbe all’elettorato istituzionale originario, ovvero all’intero corpo dei fedeli della Chiesa di Roma e delle sue diocesi suburbicarie, secondo la norma del diritto apostolico e del diritto naturale (cfr. Niccolò II, In Nomine Domini, n. 3, 13 aprile 1059). Infatti, se i Cardinali rifiutassero di riconoscere l’invalidità delle loro azioni del 7 e 8 maggio 2025, tale ostinazione nell’errore fa decadere totalmente, nel caso di specie, la loro competenza ad eleggere il Romano Pontefice.

Per quanto riguarda la regola dei 120 cardinali elettori, questi ultimi possono facilmente rispettarla se 13 di loro si astengono volontariamente dal voto in ogni scrutinio, rinunciando al loro diritto o accettando di essere scelti a sorte prima di ogni scrutinio, lasciando la Cappella Sistina. Una tale soluzione non violerebbe il diritto pontificio e sarebbe anche conforme all’antico principio giuridico, citato da Graziano, secondo cui i privilegi devono cedere il passo alle norme generali (cfr. Generale praescriptum beneficio speciali anteferendum est (Codice Teodosiano: DEM AAA. VICTORIO P(RO)C(ONSULI) ASIAE). Pertanto, il fatto che essi si siano rifiutati di farlo per molti mesi non può essere configurato semplicemente come un misfatto derivante dall’ignoranza: è diventato un crimine noto di cattiva volontà.

Ciò è particolarmente vero, poiché io e le decine di cattolici che collaborano con me abbiamo scritto lettere personali a quasi tutti i cardinali chiedendo la correzione di questa irregolarità, che ha reso il cardinale Prevost un antipapa, cosa denunciata con forza da papa Niccolò II come opera dell’anticristo.

Come forse saprete, negli ultimi 12 anni la Chiesa cattolica è stata oggetto di attacchi dall’interno, come afferma il cardinale Mueller, e ha subito un tentativo di presa di potere ideologica da parte di un gruppo di uomini che non credono nella veridicità delle affermazioni attribuite a Gesù Cristo nei Vangeli, né nell’autorità dei Suoi Apostoli di stabilire regole immutabili di moralità e disciplina sacramentale.

Per questo motivo, ciascuno di noi che serve il Dio vivente, Gesù Cristo, sia attraverso l’ordinazione sacerdotale che attraverso la consacrazione dei voti religiosi o i voti del battesimo , ha il dovere solenne di usare tutti i mezzi legittimi per strappare la Chiesa dalle mani di questa setta eretica. Questo è il chiaro insegnamento di Papa Paolo IV nella sua Costituzione Apostolica “Cum ex apostolatus officio”, che riassume in modo chiaro e autentico il magistero perenne su come noi cattolici dovremmo considerare gli eretici.

Più di 90 giorni fa ho scritto a 750 membri del clero romano che hanno mandati pastorali nella diocesi di Roma, e ora, con l’aiuto di molti volontari, scrivo a voi, avendo acquisito un database più ampio di indirizzi e-mail disponibili al pubblico (vedi in fondo a questa lettera, se desiderate cancellarvi). Ho scritto a ciascuno di voi al vostro indirizzo e-mail pubblico con l’intenzione di informarvi dei vostri diritti.

Se vogliamo essere fedeli a Gesù Cristo e se crediamo veramente che Egli è Dio e il Capo della Chiesa, non possiamo essere come gli egoisti dell’antichità, che il profeta Aggeo rimproverò perché si preoccupavano dei propri interessi personali, lasciando che la Casa del Signore cadesse in rovina. Dobbiamo fare tutto il possibile, nei limiti della legalità, per difendere e salvare la Santa Madre Chiesa da questa cospirazione eretica.

Ed in questo anno del Signore 2025, il vero Dio misericordioso, Gesù Cristo ci ha dato un mezzo legittimo ed efficace, colpendo i Suoi nemici con la cecità, affinché agli occhi di tutta la Chiesa essi perpetrassero il Conclave più illegittimo e irregolare degli ultimi 1000 anni. Ora, in accordo con l’insegnamento infallibile di Papa Niccolò II, nella sua Bolla In Nomine Domini, n. 3, i Vescovi, il Clero, i Religiosi e i Fedeli riacquistano il diritto di eleggere il Pontefice Romano, come era prima che Papa Niccolò II lo limitasse ai soli Cardinali Vescovi. Come spiega Papa Niccolò II, questa acquisizione di diritto ha a che fare con la decadenza di diritto da parte degli elettori che hanno agito in modo contrario alla legge, persistendo nella loro disonesta ostinazione negli ultimi quattro mesi nonostante le rimostranze di molti membri del clero e laici.

Per questo motivo, più che 100 giorni fa ho scritto al clero della diocesi di Roma, chiedendo loro di agire e spiegando quanto sopra, informandoli che, se non avessero agito o non avessero avuto successo, dopo il 24 settembre 2025 avrei agito io. Ed ormai ho scritto a quasi 6000 sacerdoti, religiosi e religiose nella provincia ecclesiastica romana.

Pertanto, vi informo che, dato il tacito consenso del clero di Roma alla mia proposta, convoco un’assemblea alla quale tutti potremo partecipare per eleggere un papa cattolico secondo l’insegnamento di papa Niccolò II. Se desiderate partecipare di persona, Vi chiedo di iscrivervi a ChiesaRomana.Info per avere maggiori informazioni.

Si prega di notare che quando esercitiamo i nostri diritti non danneggiamo nessuno. E quando esercitiamo i nostri diritti straordinari per salvare la Sede Apostolica da un anticristo e da un partito eretico e depravato, meriteremo grazie incalcolabili per noi stessi e per le nostre comunità, oltre a liberare l’intero mondo cattolico dal più orribile inganno, propagato dai media finanziati dall’USAID che non servono gli interessi di Cristo o della Sua Chiesa.

Come postilla, scrivo questa lettera solo per amore di Gesù Cristo e della Chiesa Romana, Sua Sposa Immacolata, che Egli non ha mai riconosciuto come valida un’elezione irregolare del Pontefice Romano, credendo come voi che, per quanto riguarda la selezione del candidato alla carica di Successore di San Pietro, le regole e le leggi stabilite dal Vicario di Cristo siano osservate da Cristo Gesù stesso in Cielo; pertanto, devono essere osservate con la massima scrupolosità dalla Sua Sposa sulla Terra.

Papa Niccolò II, “In Nomine Domini”, 13 Aprile 1059

Originale latino della redazione papale
con traduzione italiana di Frà Alexis Bugnolo

Più di cinque anni fa ho pubblicato una traduzione inglese della bolla di Papa Niccolò II, In nomine Domini, che egli scrisse con il consiglio dei Santi Ildebrando, il futuro Papa Gregorio VII, e Pietro Damniano, il futuro Dottore della Chiesa contro l’eresia omosessuale. Infatti, nell’ultimo paragrafo che contiene le censure contro coloro che osassero violare questa legge papale, possiamo vedere l’influenza del fervente zelo di San Ildebrando, che combina una serie di maledizioni tratte dai Salmi, sia contro i chierici che contro i laici.

Recentemente, con l’aiuto di uno studioso medievale che ha dedicato la sua vita allo studio di questa bolla, sono entrato in possesso di una copia della versione originale (vedi sotto). La mia precedente traduzione era basata su una copia della bolla, in latino, tratta da una versione che era stata interpolata, ovvero compilata da diverse versioni esistenti da uno studioso che aveva cercato di interpretare quale fosse la formulazione originale. Sebbene tale pratica sia ampiamente accettata nel mondo accademico, è sempre molto utile tornare ai manoscritti effettivamente esistenti e leggerli. Il testo latino della versione pubblicata dalla Chiesa di Roma è quello che pubblico ora, qui di seguito. Questa versione papale non differisce quasi per nulla dalla versione interpolata che ho pubblicato e tradotto in precedenza, tranne che per la scelta delle parole in alcuni passaggi e per alcune frasi aggiuntive alla fine. Tuttavia, i paragrafi della versione papale non sono numerati, quindi ho inserito i numeri e unito alcuni paragrafi in modo che il paragrafo n. 3 in entrambe le versioni riguardi ciò che deve essere fatto se non è possibile tenere un’elezione legittima, onesta e retta nella città di Roma.

Questa bolla di papa Niccolò II non è un documento oscuro, poiché è la prima bolla papale che limitava l’elezione del pontefice romano ai cardinali, due secoli prima che si tenesse il primo conclave. È persino citata per nome nella Costituzione Apostolica di Papa Paolo VI, Romano Pontifici eligendo, promulgata il 1° ottobre 1975, nel suo terzo paragrafo, dove viene definita una costituzione “celebrata”, cioè frequentemente utilizzata. La sua importanza per l’attualità risiede nel fatto che spiega ciò che altre leggi papali attualmente in vigore non spiegano, ovvero «Cosa si deve fare se tutti i cardinali perdono il loro diritto e la loro competenza di eleggere il Pontefice Romano a causa di gravi illeciti, nel condurre un’elezione illegale o dichiarata invalida dalle prescrizioni papali?». Vi si fa implicitamente riferimento anche nell’attuale legge papale di Papa Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, promulgata il 22 febbraio 1996, dove si afferma nella prefazione che «l’istituzione del Conclave non è necessaria per la valida elezione del Romano Pontefice», e ancora, al n. 76, dichiara nulla e priva di effetto qualsiasi elezione che violi le sue norme, senza tuttavia esprimere cosa si debba fare se i cardinali non tornano in conclave perché maliziosamente vogliono mantenere come papa un uomo eletto illegalmente.

Segue ora la mia traduzione in italiano della versione papale.

Bolla papale di Niccolò II “In nomine Domini”

13 aprile 1059 d.C.

Nella Basilica Patriarcale Costantiniana di Laterano, a Roma.

Tradotto dalla versione papale del testo, pubblicato da Das Papstwahldekret von 1059. Echte Fassung, in: Jasper, Detlef. Das Pastwahldekret von 1059: Überlieferung unf Textgestalt. Sigmaringen: Thorbecke, 1986, pp. 98-109.

NEL NOME DEL SIGNORE Dio, nostro Salvatore Gesù Cristo. Nell’anno della Sua Incarnazione, 1058, nel mese di aprile, nella dodicesima indizione, con i Sacrosanti Vangeli aperti, insieme al Reverendissimo e Beato Niccolò, che presiedeva come Papa Apostolico, nella Basilica Lateranense del Patriarca, chiamata Costantiniana, insieme ai reverendissimi Arcivescovi, Vescovi, Abati o venerabili Sacerdoti e Diaconi, seduti, lo stesso venerabile Pontefice, decretando con autorità apostolica, riguardo all’elezione del Sommo Pontefice, disse:

Carissimi fratelli e confratelli vescovi, e anche membri inferiori (del clero), vostra beatitudine sa bene, e non è un segreto, che con la scomparsa del nostro predecessore, il Domino Stefano, di pia memoria, quanti mali (tribolazioni) abbia sofferto questa Sede Apostolica, che Io servo con zelo per impulso di Dio, e poi quanti ripetuti martellati e frequenti colpi abbia subito per mano dei promotori dell’eresia simoniaca, tanto che la Colonna del Dio vivente sembrava quasi vacillare e la rete del Pescatore Supremo, con le tempeste che si ingrossavano, sarebbe stata spinta nelle profondità del naufragio per essere sommersa.

§ 1. Pertanto, se piacerà alla vostra Fratellanza, dobbiamo provvedere, con l’aiuto di Dio, con prudenza ai casi futuri e, con la legge ecclesiastica, in futuro affinché questi mali, una volta rianimati, non prevalgano. Per questo motivo, istruiti dal Nostro Predecessore e dall’autorità degli altri Santi Padri, decretiamo e stabiliamo che, con la scomparsa del Pontefice di questa Chiesa universale romana, in primo luogo i Cardinali Vescovi, trattando (l’elezione) insieme con la più diligente considerazione, convochino immediatamente i Cardinali Chierici; e in questo modo il resto del Clero e il popolo si avvicinino per acconsentire alla nuova elezione, in modo che, affinché la mortale malattia della venalità non si insinui occasionalmente, gli uomini più religiosi siano i principali responsabili nell’elezione del Pontefice da promuovere, mentre gli altri siano loro seguaci.

§ 2. E certamente l’ordine giusto e legittimo dell’elezione è qui considerato attentamente, se si deduce dall’esame delle diverse regole dei Padri o delle loro azioni, (e) anche dalla frase del Beato Leone, (nostro) predecessore, (che) disse: «Nessuna ragione permette che vi siano tenuti tra i vescovi coloro che non sono stati eletti dai chierici, né richiesti dal popolo, né consacrati dai vescovi co-provinciali con il giudizio dei metropoliti» (Papa Leone I, Lettera a Rustico di Narbona, Migne PL 54, p. 1203 A/B). Ma poiché la Sede Apostolica ha la precedenza su tutte le altre Chiese della terra, e anche per questo motivo non può avere sopra di sé alcun metropolita, i cardinali vescovi fungono senza dubbio da metropoliti, promuovendo colui che è stato eletto sommo sacerdote (antistitem) al vertice del Apice Apostolico. Inoltre, lo eleggano dal seno stesso della Chiesa, se ne trovano uno adatto, e/o se non lo trovano in essa, lo prendano da un’altra; con il dovuto onore e riverenza per il nostro amato figlio Enrico, che è attualmente re e che Dio conceda di essere il futuro Imperatore, come abbiamo già concesso a lui e ai suoi successori, che hanno personalmente implorato questo diritto da questa Sede Apostolica.

§ 3. Pertanto, se la perversità degli uomini depravati e iniqui prevale a tal punto che non è possibile tenere un’elezione pura, sincera e libera nella Città, i Cardinali Vescovi con i Chierici religiosi e i laici cattolici, anche se pochi, ottengano il diritto di potere (ius potestatis) di eleggere il Pontefice della Sede Apostolica, dove ritengano più opportuno. Chiaramente, una volta completata l’elezione, se dovesse scoppiare un conflitto bellicoso e/o se la lotta di qualsiasi tipo di uomini resistesse con la serietà della malvagità, tale che colui che è stato eletto non potesse prevalere per essere intronizzato nella Sede Apostolica secondo la consuetudine, tuttavia, che l’eletto ottenga come Papa l’autorità di governare la Chiesa Romana e di disporre di tutte le sue facoltà, che il Beato Gregorio, come sappiamo, fece prima della sua consacrazione.

§4. Per questo motivo, se qualcuno è stato eletto, o anche ordinato, o intronizzato, contro questo nostro decreto promulgato con sentenza sinodale, sia per sedizione, e/o presunzione, o qualsiasi inganno, sia abbattuto dall’autorità divina e da quella dei santi apostoli, Pietro e Paolo, con un anatema perpetuo insieme ai suoi promotori, sostenitori e seguaci come uno separato dalle soglie della santa Chiesa, proprio come l’Anticristo, invasore e distruttore di tutta la cristianità, e non gli venga data udienza su questo, ma sia deposto da ogni grado ecclesiastico a qualsiasi altro che lo precedesse, senza alcuna obiezione fatta, al quale se qualcuno in qualsiasi modo aderisce, e/o mostra qualsiasi tipo di riverenza nei confronti del Pontefice, o presume di difenderlo in qualcosa, sia abbandonato con uguale sentenza, che se qualcuno si dimostra un violatore di questa sentenza del nostro santo decreto, e ha cercato di confondere la chiesa romana con la sua presunzione, e di suscitare disordini contro questo Statuto, sia dannato con anatema e scomunica perpetui, e sia reputato tra gli “empi”, che “non risorgeranno in giudizio” (Salmo 1:5), conosca l’ira dell’Onnipotente contro di lui, e quella dei Santi Apostoli, Pietro e Paolo, la cui Chiesa ha presunto di ingannare, conosca una follia devastante in questa vita e in quella futura; “La sua dimora diventi deserta, e non ci sia nessuno che abiti nelle sue tende” (cfr. Salmo 69:26): “I suoi figli siano orfani e sua moglie vedova” (Salmo 108:9), “sia scosso completamente” (cfr. Salmo 108:10) fino alla follia, e “i suoi figli vadano in giro mendicando e siano cacciati dalle loro dimore” (Salmo 108:10). «L’usuraio divori tutti i suoi beni, e lo straniero distrugga tutte le sue fatiche» (Sal 108,11); «Tutto il mondo combatta contro di lui» (cfr Sap 5,21), e tutti gli altri elementi siano contro di lui, e i meriti di tutti i Santi, in pace, lo confondano e in questa vita si vendichino apertamente di lui.

§ 5. Inoltre, la grazia di Dio Onnipotente protegga gli osservatori di questo Nostro decreto e, per l’autorità dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, li assolva da ogni vincolo di peccato.

Io, Nicola, Vescovo della Santa Chiesa Cattolica e Apostolica Romana, ho firmato questo Decreto da Noi promulgato, qui sopra, così come è scritto.

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Per il testo originale in PDF della versione papale in Latino, e la trascrizione di esse con la versione imperiale, insieme con una traduzione inglese, vedi QUI.

Canonista: La Migliore Opinione è che i Fedeli Romani possano eleggere il Pontefice Romano

Commento e Critica di Frà Alexis Bugnolo

Nel 2023, quando i fedeli di Roma si riunirono per eleggere il successore di Papa Benedetto XVI, a causa della grave e straordinaria circostanza della defezione dell’intero Collegio Cardinalizio, a causa della loro volontaria cospirazione nel Conclave illegale del 2013, contro il Pontefice regnante che non aveva mai validamente rinunciato al suo munus petrino, il canonista genovese Guido Ferro Canale, che ha un dottorato in diritto canonico, si oppose alla procedura prima del fatto, in un articolo che ho confutato QUI.

Tre settimane dopo, evidentemente ancora risentito per le mie correzioni, ha scritto l’articolo sopra citato, intitolato “Altro sulle Assemblee che eleggono il Papa”, in cui discute la storia della giurisprudenza e delle dispute sulla questione dell’elezione del Pontefice Romano, pubblicato sul sito web di Radio Spada, considerato un sito web di estrema destra pro-sedevacantista qui nel Nord Italia. Tuttavia, mi è stato riferito da fonti attendibili che Guido Ferro Canale è un canonista accreditato presso la Rota Romana, a Roma.

Non ero a conoscenza della sua confutazione, quindi ora la commenterò, poiché inconsapevolmente, due anni fa il canonista Canale ha spiegato come i fedeli di Roma quest’anno, nel 2025, possano effettivamente eleggere il Pontefice Romano nell’ipotetica situazione quasi impossibile in cui tutti i cardinali venissero meno al loro dovere di eleggere legittimamente un Pontefice Romano.

Devo dire che non ho mai incontrato nessuno studioso o avvocato che, nel tentativo di confutarmi, abbia ammesso quasi tutte le argomentazioni che avrei riproposto due anni dopo. Ma la straordinaria produzione letteraria del canonista Canale merita di essere menzionata e lodata, anche se non siamo d’accordo su tutti i punti.

Tuttavia, citare ciò che ha scritto più di due anni fa servirà a zittire i falsi studiosi che sostengono che i fedeli di Roma non possono agire nelle attuali circostanze dell’elezione illegale di un eretico manifesto, le cui condizioni vanno oltre l’ipotesi impossibile concepita da Canale nel febbraio 2023.

L’ipotetica impossibilità che non ci siano cardinali per eleggere un papa

Per “ipotetica impossibilità” intendo il caso possibile in cui non ci siano cardinali viventi o cardinali disposti a eleggere un papa secondo la legge attuale o le leggi in vigore a tal fine. Ciascuna di queste cause dell’ipotetica impossibilità sono cause che nell’ordine giuridico sono considerate equivalenti. Quindi, sia che non ci siano effettivamente cardinali elettori viventi, sia che tutti decidano di violare le regole o di eleggere un eretico, nella giurisprudenza si pone la stessa domanda: cosa si deve fare? Come si può eleggere un cattolico valido, allora?

Il canonista Canale discute questo punto al n. 3 del suo articolo sopra citato, dove scrive:

3. Un corpo elettorale di riserva?

Ci si è chiesti, naturalmente, cosa accadrebbe se dovesse venir meno l’intero Collegio cardinalizio: il dubbio precede di diversi secoli i problemi attuali e, anche se a suo tempo è stato discusso come tranquillo problema di scuola, non vi è unanimità tra gli autori. Per quanto ho appena detto, è chiaro che si tratta di un caso quasi impossibile, perché anche i Cardinali dubbi eleggerebbero validamente (e avrebbero, quindi, il diritto e il dovere di procedere); vale tuttavia la pena di riferire che le opinioni che si contendono il campo sono tre, perché secondo alcuni, venuto meno il Collegio, l’elezione del Papa spetterebbe ai canonici lateranensi, secondo altri si devolverebbe ai Pastori di grado inferiore e quindi al Concilio imperfetto, mentre la terza opinione afferma che, siccome il caso non è mai stato disciplinato, limitatamente ad esso debbono considerarsi tuttora in vigore le norme precedenti, come dire l’elezione “a clero e popolo” (17).

Qui, nella nota 17, egli osserva che non vi è alcun autore che possa citare per la terza opinione. Questo perché si tratta dell’opinione che ho sostenuto, e tralascerò il fatto che avrebbe dovuto citarmi nella mia domanda scolastica (versione inglese, versione italiana), di cui era certamente a conoscenza. Ma il fatto che la citi è almeno il riconoscimento che la mia opinione su questa questione merita di essere presa in considerazione insieme a quella dei più grandi canonisti del passato, il che è certamente il più grande complimento che un canonista vivente mi abbia mai fatto. Grazie, dottore!

Canale spiega poi che nella storia della giurisprudenza ecclesiastica non esiste alcuna legge scritta che possa risolvere le divergenze di opinione in merito. Tuttavia, egli esclude la prima opinione, poiché in nessuna legislazione papale o concilio il diritto di eleggere il Pontefice Romano è stato concesso ai canonici della Cattedrale di Roma, la Basilica Lateranense. Egli esclude anche la seconda opinione, perché tra gli esperti di giurisprudenza ecclesiastica esiste un dibattito irrisolto sul fatto che la carica di Pontefice Romano sia inseparabile o meno dal Vescovo di Roma. Se non lo è, allora la seconda opinione fallirebbe, se ho capito bene Canale nel suo precedente articolo.

Infine, egli parla direttamente della mia opinione, la terza, in questi termini:

Non resta, allora, che rifarsi alla terza opinione, l’unica che possa invocare in proprio favore un sicuro fondamento positivo: la legge anteriore, che si presume non abrogata quando la nuova non regoli un qualche caso.

Grazie, dottore! Non capita tutti i giorni che un frate francescano, che non ha una laurea in diritto canonico, sia onorato con tanto rispetto da un dottore in diritto canonico.

Dopo averlo ammesso, il giurista sostiene molte delle sue opinioni, senza alcun fondamento nel diritto positivo, anche se ha appena elogiato la terza opinione per avere questa qualità. Egli sostiene che i laici possono partecipare, ma sostiene che hanno solo il diritto di veto. In secondo luogo, egli sostiene che il clero debba essere presente e cita come precedente l’elezione di un antipapa da parte di Ludovico di Baviera nel 1328, che a mio avviso non è una buona scelta come precedente. Infine, egli sostiene che per “clero” si debbano considerare solo i membri della diocesi di Roma, senza tenere conto del fatto che al tempo di San Pietro Apostolo esistevano solo due diocesi nel Lazio, Roma e Nepi. Le diocesi suburbicarie non esistevano ancora, né sarebbero state chiamate specificamente suburbicarie fino a più di 1000 anni dopo.

Ciò che Canale fa, e che ovviamente trovo molto discutibile, è negare specificamente il “diritto apostolico” come categoria di diritto, nella nota 18, dove scrive:

[18] Non si tratta comunque, beninteso, di un preteso ius apostolicum, categoria già di per sé inutile perché tutto ciò che gli Apostoli hanno disposto rientra o nel diritto divino oppure in quello umano: appunto perché siamo nel campo della semplice legge umana, la disciplina che si può supporre ancora in vigore per questo solo caso è quella immediatamente anteriore alla riserva dell’elezione

Qui, Canale si riferisce, credo, alla bolla di papa Niccolò II, In Nomine Domini, che fu la prima legge papale scritta sull’elezione del Pontefice Romano che limitava l’elezione ai cardinali, oppure alla decisione dell’apostolo San Pietro di concedere questo diritto alla Chiesa di Roma. — Poiché papa Giovanni Paolo II nella sua legge, Universi Dominici Gregis, abroga esplicitamente tutte le precedenti leggi papali, ritengo che l’argomento più forte sia che «la disciplina precedente» sia quella del diritto apostolico, che nessun Papa può abrogare in linea di principio, e non quella di Niccolò II, anche se la differenza è minima, poiché al n. 3 di quella bolla lo stesso papa Niccolò II, In Nomine Domini, parla di circostanze straordinarie e implicitamente utilizza lo stesso argomento di Canale del ricorso a una fonte di diritto superiore, cosa che fecero i cardinali San Pietro Damiano e Umberto insieme all’arcidiacono San Ildebrando di Sovana, nell’elezione del 1058, in Toscana, a Siena, quando elessero Gerardo, vescovo di Firenze, come Niccolò II, alla presenza di un piccolo numero di ecclesiastici e laici di Roma.

Critica

Non credo sia necessario confutare la negazione finale di Canale, poiché è evidente a qualsiasi lettore che vi sia un difetto sostanziale nel ricondurre lo ius apostolicum al diritto divino, dato che in questo caso le circostanze storiche hanno tutto a che fare con le precise determinazioni del diritto in questo caso straordinario e quasi impossibile.

In primo luogo, perché specificando la legge precedente come Diritto Apostolico, si fonda l’argomentazione sulla decisione storica ispirata dall’Apostolo San Pietro, confermata dall’Apostolo San Paolo, di concedere l’elezione all’intera Chiesa Romana, una Chiesa che nell’anno della morte del Principe degli Apostoli comprendeva quasi tutto il Lazio, ad eccezione della Diocesi di Nepi (che non ha mai fatto parte di una diocesi suburbicaria). — Pertanto, è chiaro che il diritto di voto spetta a tutti i membri di quella Chiesa, non solo al clero, poiché non vi sono restrizioni scritte di questo tipo nei documenti storici. Inoltre, il diritto di voto non spetta solo al clero della diocesi di Roma, ma almeno a tutti i suburbicani che facevano parte di Roma alla morte dell’Apostolo, se non a tutto il resto del Lazio. Inoltre, esso spetta a tutto il clero cattolico di Roma, non solo a quello di rito romano, ma a tutti i riti, semplicemente perché ai tempi dell’Apostolo non esisteva tale distinzione di giurisdizioni.

Conclusione

Pertanto, il progetto “Salva Roma” è pienamente giustificato e i suoi principi di diritto sono stati inconsapevolmente approvati da uno dei più famosi esperti italiani di diritto canonico, due anni fa, prima ancora che egli potesse immaginare che l’elezione invalida di un eretico manifesto potesse rendere ancora più impossibile l’ipotetico impossibile. Infatti, a causa della natura eretica dell’elezione, vi è una necessità ancora maggiore di ricoprire la carica, come riferisce Papa Paolo IV nella sua Costituzione “Cum ex apostolatus officio”, dove afferma che i cattolici hanno il diritto di ricoprire immediatamente le cariche detenute da qualsiasi eretico (cfr. § 5). Infatti, anche se tutto il clero del Lazio aderisse all’eretico Prevost, proprio per quella colpa perderebbe anche la deferenza dovuta da secoli alla sua posizione preminente nell’elezione del Pontefice Romano. — Anche se, di fatto, avendo ricevuto le migliaia di lettere che ho già inviato e non avendo sollevato obiezioni alle mie argomentazioni e alla mia proposta di un’elezione per diritto apostolico, se il clero della Chiesa di Roma rimarrà in silenzio dopo il 24 settembre, avrà tacitamente ammesso che l’elezione può essere indetta e che un cattolico può essere eletto. E questo, in giurisprudenza, equivale a votare e ad essere presenti. Ed è proprio per questo che ho scritto al clero, affinché potesse discolparsi nel modo più semplice possibile.

Nota: ciò che io chiamo elezione per “diritto apostolico”, Canale lo chiama elezione per “diritto positivo”, ma entrambi ci riferiamo alla stessa cosa, un’elezione.

Il Conclave illegale ha dato vita alla Chiesa dell’Anticristo

LA COLPA, LE MALEDIZIONI DEI SANTI, E LE PENE IMPOSTE DAI CANONI

Una Lectio Divina di Frà Alexis Bugnolo

Nel Medioevo, i santi denunciavano gli antipapi, che erano dottrinalmente cattolici, come anticristi. A noi moderni questo può sembrare eccessivo, poiché l’unico crimine di questi antipapi era quello di rivendicare il papato con il sostegno del potere secolare in modo contrario alle regole.

Tuttavia, il Conclave illegale del maggio 2025 ha dato vita a un orrore ben più grande: la cospirazione dell’intero Collegio Cardinalizio, compresi i non elettori, nella formazione di una Chiesa falsa, la Chiesa che merita il nome di Anticristo, perché l’elezione non solo ha violato le regole procedurali, ma ha anche violato il requisito che il papa eletto fosse cattolico.

Non commettete errori e non ingannatevi più: aderendo a un uomo che è stato eletto in modo invalido e che è un eretico manifesto e formale nell’accettazione delle eresie di Bergoglio, che consistono nel rifiuto assoluto della Tradizione Apostolica come criterio essenziale per la fede e il ministero pastorale, il Collegio dei Cardinali ha costituito formalmente una Chiesa Falsa, Scismatica ed Eretica, che finora è riuscita, con il consenso di tutti i media “cattolici” conservatori e liberali, a ingannare oltre il 90% del mondo cattolico facendogli credere che Prevost sia il Pontefice Romano, quando la verità è che egli è un ‘ impostore senza Dio ‘ nel pieno senso delle parole.

La traiettoria di una cospirazione che, in linea di principio, rifiuta la Tradizione Apostolica, è al 100% diabolica e satanica: poiché propone un cristianesimo senza alcun contatto storico o fisico con il vero Gesù Cristo storico, e trasforma la “fede” in “finzione” e la “salvezza” in ‘benessere’ o “utilità”.

Ora che sono trascorsi 100 giorni, Dio inizierà a ritirare la grazia da tutti gli atti del clero che si unisce a questa realtà anticristica. E se non credete alla gravità della situazione, leggete la maledizione scritta da due santi – Sant’Ildebrando e San Pietro Damiano – che consigliarono a Papa Niccolò II, nel Sinodo di Roma del 1059, di decretare una maledizione (nella sua Bolla, In Nomine Domini) su tutti coloro che avrebbero violato le regole dell’elezione papale, anche se l’uomo che promuovevano NON era un eretico. Quindi potete stare certi che le maledizioni, per essersi uniti a un falso E eretico antipapa “scelto”, sono MOLTO, MOLTO, MOLTO peggiori:

§4. Per cui, se qualcuno è stato eletto, o addirittura ordinato, o intronizzato, contro questo nostro decreto promulgato con sentenza sinodale, sia per sedizione, e/o presunzione, o qualsiasi inganno, sia condannato dall’Autorità Divina e da quella dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con un anatema perpetuo insieme ai suoi promotori, sostenitori e seguaci, come separato dalle soglie della Santa Chiesa, proprio come l’Anticristo, invasore e distruttore dell’intera cristianità, e non gli sia concessa alcuna udienza al riguardo, ma sia deposto da ogni grado ecclesiastico a quello che aveva prima, senza alcuna obiezione, e chiunque gli aderisca e/o mostri qualsiasi tipo di riverenza nei confronti del Pontefice, o osi difenderlo in qualsiasi cosa, sia abbandonato con uguale sentenza, e se qualcuno si dimostra violatore di questa sentenza del Nostro Santo Decreto, e ha cercato di confondere la Chiesa Romana con la sua presunzione, e di sollevare disordini contro questo Statuto, sia dannato con anatema perpetuo e scomunica, e sia considerato tra “gli empi”, che “non risorgeranno nel giudizio” (Salmo 1,5), conosca l’ira dell’Onnipotente contro di lui e quella dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, la cui Chiesa ha osato ingannare, conosca una follia devastante in questa vita e nella futura; «La sua dimora diventi deserta, e nessuno abiti nelle sue tende» (cfr. Salmo 69,26): «I suoi figli siano orfani e sua moglie vedova» (Salmo 108,9), «sia completamente sconvolto» (cfr. Salmo 108,10) fino alla follia, e «i suoi figli vaghino mendicanti e siano scacciati dalle loro dimore» (Salmo 108,10). «Che l’usuraio devasti tutti i suoi beni e che lo straniero distrugga tutte le sue fatiche» (Salmo 108:11); «Che tutto il mondo combatta contro di lui» (cfr. Sapienza 5:21) e che tutti gli altri elementi siano contro di lui, e che i meriti di tutti i Santi, in pace, lo confondano e in questa vita mostrino aperta vendetta su di lui.

(Fonte: traduzione di Frà Bugnolo della versione papale
della Bolla di Niccolò II, In Nomine Domini)

Nota bene: questa maledizione non si estende solo all’antipapa e ai cardinali che hanno votato per lui, ma a tutti coloro che affermano che egli è il papa, difendono come legittima la sua elezione illegittima o negano le sue eresie. E più tempo passa dall’elezione, meno giustificazioni morali avranno tutti coloro che non hanno agito con la dovuta diligenza, che è ciò che la ragione più elementare richiede in tutte le elezioni, specialmente in una in cui l’80% dei cardinali elettori ha aderito alle eresie, alle bestemmie e alle perversioni di Bergoglio.

Oltre alle suddette maledizioni, che dimostrano quanto sia depravato e immorale ciò che hanno fatto i cardinali, nel Codice di Diritto Canonico sono previste anche le pene più severe: immediate e senza necessità di alcun giudizio: la scomunica di Prevost e di tutti i cardinali, in accordo con il canone 1364, e la perdita di ogni diritto di celebrare i sacramenti, sacramentali, o di esercitare qualsiasi munus, ministerium o ufficio nella Chiesa, come da canone 1331 §1. Anche quei vescovi e quel clero che si rifiutano di indagare sulla validità del Conclave, così come quelli che, pur avendo sentito la denuncia di invalidità, si rifiutano di indagare, condividono queste punizioni perché complici del crimine di scisma. Pertanto, tutte le ordinazioni di vescovi, sacerdoti e diaconi diventeranno illecite, così come tutte le conferenze dei sacramenti della penitenza e del matrimonio, tutte le sentenze dei tribunali in cui i giudici hanno aderito allo scisma e tutte le nomine di vescovi e pastori da parte del prevosto e dei vescovi in comunione con lui.

Il principio della “supplet Ecclesia” — secondo cui in caso di errore comune di diritto o di fatto la Chiesa garantisce la liceità dei sacramenti — non può essere invocato da coloro che hanno la responsabilità morale di riconoscere la discrepanza tra lo svolgimento del Conclave e la norma di diritto, e quindi l’invalidità dell’elezione da parte dei 133 cardinali elettori, senza contare che l’uomo scelto è un eretico manifesto: tale responsabilità morale ricade innanzitutto su tutti i cardinali, tutto il personale dello Stato della Città del Vaticano e tutti i vescovi e i superiori maggiori. Questi non possono appellarsi alla “supplet ecclesiae”, perché quando si sa che i risultati del Conclave sono discutibili dal punto di vista giuridico o che l’eletto è un eretico manifesto, MA si continua a riconoscerlo come Vicario di Cristo, non si ha alcuna scusa nel diritto canonico per essere legalmente complici dei crimini di eresia e scisma, mentre la “supplet ecclesia” si applica solo all’ignoranza in buona fede, non per malafede.

Con il Battesimo, ognuno di noi ha il dovere solenne e gravissimo di conformare i propri pensieri e le proprie azioni alla verità, tutta la verità e nient’altro che la verità. Qualsiasi atto morale compiuto per nascondere la verità a coloro che hanno il diritto di conoscerla, specialmente in questioni così importanti come chi sia il papa, è quindi uno dei più orribili tradimenti delle promesse battesimali e induce chi lo compie a unirsi moralmente e spiritualmente al Padre della Menzogna.