Emmo News, da Sardegna, intervista Frà Alexis Bugnolo, Vaticanista & Responsabile del FromRome.Info, un giornale elettronico per le notizie da Roma, dall’Italia, circa la Chiesa Cattolica e il Vaticano, pubblicato negli Stati Uniti d’America per glia Italo-Americani.
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Quando tutti i Cardinali disertano il loro dovere, i Fedeli di Roma hanno diritto eleggere un altro
Una questione scolastica di Frà Alexis Bugnolo
Nell’Alta Scolastica, i teologi cattolici, i santi e i dottori della Chiesa consideravano spesso molte questioni speculative, sia riguardo a ciò che era vero ma inconoscibile per l’uomo (essendo nascosto nel mistero di Dio), sia riguardo a ciò che potrebbe essere in una circostanza speciale che potrebbe o non potrebbe mai verificarsi. Come fondatore di The Scholasticum, un’associazione italiana senza scopo di lucro dedicata alla rinascita del Metodo Scolastico, credo che il Metodo Scolastico possa aiutare molto la Chiesa anche nelle sue necessità più urgenti e nelle sue crisi straordinarie.
Per questo motivo, presento qui una Questione Controversa, la cui importanza sorge quando i Cardinal soffrano la decadenza di diritto in eleggere il Pontefice Romano, come accade quando eleggono un eretico, poichè tale elezione è invalida a ragione della censura contenuta nella Bolla Papale, Cum ex apostolatus officio, n. 6, del 15 Febbraio 1559 A. D., di Papa Paolo IV, o quando eleggono qualcuno contra le norme vigenti, come la regola di 120 Cardinali elettori.
Con tutti i cardinali elettori disertati,
la Chiesa romana ha il diritto di eleggere il Papa?
E sembra che non lo abbia:
1. Perché solo i Cardinali della Chiesa Romana hanno il diritto di eleggere il Romano Pontefice, secondo quanto stabilito nel Canone 349, dove si dice cui competit ut electioni Romani Pontificis provideat ad normam iuris peculiaris. Pertanto, poiché la Chiesa romana comprende i Cardinali, i Vescovi e il Clero che non sono Cardinali Elettori, essi non hanno tale diritto. Pertanto, la Chiesa di Roma non ha il diritto di eleggere un Papa, anche se tutti i Cardinali Elettori non riescono a eleggerne uno.
2. Allo stesso modo, poiché durante la Sede Vacante il Collegio Cardinalizio non ha alcuna autorità di agire se non quella prevista dalla legge speciale, ossia dalla Legge per le Elezioni Papali, Universi Dominici Gregis, e questo in base al Canone 359, che recita: Sede Apostolica vacante, Cardinalium Collegium ea tantum in Ecclesia gaudet potestate, quae in peculiari lege eidem tribuitur; Ne consegue che non lo fa nemmeno la Chiesa romana, perché ciò che è negato a un superiore, è negato anche all’inferiore. Ma al Collegio cardinalizio è negata la licenza di agire in modo diverso da quello che è proibito dalla legge, quindi anche a tutta la Chiesa di Roma che è inferiore al Collegio.
3. Allo stesso modo, poiché la legge papale, Universi Dominici Gregis, n. 4, proibisce espressamente qualsiasi variazione o alterazione del diritto durante la Sede Vacante, quando dice: Sede Apostolica vacante, leges a Romanis Pontificibus latas non licet ullo modo corrigi vel immutari, neque quidquam detrahi iis sive addi vel dispensari circa partes earum, maxime eas, quae ad ordinandum negotium electionis Summi Pontificis pertinent. Si quid contra hoc praescriptum fieri vel attentari contigerit, id suprema Nostra auctoritate nullum et irritum declaramus; non c’è nulla che la Chiesa romana possa fare, anche se tutti i Cardinali disertano, poiché il Diritto Canonico non prevede alcuna azione in tal senso.
4. Allo stesso modo, l’antico diritto della Chiesa romana di eleggere il Romano Pontefice è stato abrogato quando tale diritto è stato limitato al clero romano e, ancora, quando tale diritto è stato ulteriormente limitato ai cardinali della Chiesa romana. Pertanto, tale diritto non esiste.
5. Allo stesso modo, l’antico diritto della Chiesa romana di eleggere il Papa non era altro che una consuetudine della Chiesa romana. Ma le leggi di costume non hanno forza se non sono state osservate per 1300 anni (cfr. Canone 26). Pertanto, la Chiesa romana non ha tale diritto.
AL CONTRARIO:
Sembra che lo abbia:
1. Per istituzione apostolica dell’apostolo San Pietro, la Chiesa romana godeva indiscutibilmente del diritto di eleggere il Romano Pontefice. Questo diritto è stato ristretto in misura speciale nel VII secolo al clero romano e nell’XI secolo ai cardinali della Chiesa romana. Tuttavia, tale restrizione, che era prudenziale e un beneficio, non può estinguere il diritto apostolico, in accordo con il principio del diritto, che stabilisce che le prescrizioni generali hanno la precedenza sui benefici speciali: Generale praescriptum beneficio speciali anteferendum est (Codice Teodosiano: DEM AAA. VICTORIO P(RO)C(ONSULI) ASIAE). Pertanto, nel caso in cui non vi siano Cardinali Elettori, sia di fatto che per defezione ad un Anti-Papa, o ad una Chiesa eretica o scismatica, il diritto apostolico della Chiesa romana rivive. Pertanto, la Chiesa romana ha tale diritto in loro assenza.
2. Allo stesso modo, il Codice di Diritto Canonico dichiara che tutti i diritti che non sono mai stati revocati rimangono in vigore, secondo il canone 4, che recita: Iura quaesita, itemque privilegia quae, ab Apostolica Sede ad haec usque tempora personis sive physicis sive iuridicis concessa, in usu sunt nec revocata, integra manent, nisi huius Codicis canonibus expresse revocentur; ma il diritto di eleggere il Romano Pontefice è stato indubitabilmente concesso dall’Apostolo San Pietro alla Chiesa romana, e tale diritto non è mai stato revocato. Anzi, è la giustificazione stessa e il principio intrinseco che è stato mantenuto quando il Sinodo romano del VII secolo ha limitato l’esercizio di tale diritto al clero, e quando il Papa nell’XI secolo lo ha ulteriormente limitato al collegio cardinalizio. Ciò è confermato dal canone 6 §4, che limita l’abrogazione delle leggi e dei diritti precedenti a quelle cose che sono espresse integralmente nel Nuovo Codice. Ma questo caso, di mancanza di cardinali elettori, non è previsto. Pertanto, non è incluso integralmente. Pertanto, i diritti a cui si fa riferimento in tale caso NON sono obrogati. Pertanto, tale diritto rimane sempre in vigore e può essere ripristinato.
3. Allo stesso modo, l’antico diritto della Chiesa romana di eleggere il Romano Pontefice è sempre stato ritenuto avere forza di legge. Questo è evidente dalla storia. Ma come insegna il canone 25: Nulla consuetudo vim legis obtinet, nisi a communitate legis saltem recipiendae capaci cum animo iuris inducendi servata fuerit. Ma questo è il caso dell’antico diritto della Chiesa romana, tanto più che quando questo diritto è stato limitato, non è mai stata negata o abrogata esplicitamente la sua antica ragione. Lo dimostra il fatto che i Cardinali sono ancora chiamati Cardinali di Santa Romana Chiesa. Pertanto, in assenza di tutti i Cardinali, sia per cattiva volontà che per errore sostanziale, il diritto ritorna alla Chiesa Romana.
4. Allo stesso modo, la consuetudine è la migliore interprete della legge (Canone 27). Ma, quando Papa Giovanni Paolo II era prossimo alla morte, i Cardinali e i Vescovi in sua presenza presunsero il suo consenso a usare il suo anello con sigillo per nominare i Vescovi che aveva già considerato per la nomina. E nessuno nella Chiesa si è opposto. Pertanto, è giusto presumere il consenso di un legislatore, in casi che egli non ha mai previsto. Ma questo è il caso di un errore sostanziale in una dimissione papale, quando tutti i cardinali non si accorgono di tale errore sostanziale e sono di conseguenza portati a non riunirsi in conclave per eleggere un successore, ma si affidano invece a un antipapa che hanno eletto in modo non canonico durante la vita del Papa. Pertanto, in un caso così imprevisto e straordinario, la Chiesa romana ha il diritto di ricorrere alla legge antica.
5. Allo stesso modo, dal principio di sussidiarietà, che, cioè, quando una parte superiore o più dignitosa del corpo politico fallisce, il diritto di agire passa all’autorità subordinata. Ciò si basa sull’insegnamento di Papa Pio XI nella Quadragesimo Anno: Come è gravemente sbagliato togliere agli individui ciò che possono realizzare con la propria iniziativa e industria e darlo alla comunità, così è anche un’ingiustizia e allo stesso tempo un grave male e un disturbo del giusto ordine assegnare a un’associazione più grande e più alta ciò che organizzazioni minori e subordinate possono fare. Infatti, ogni attività sociale deve per sua natura fornire aiuto ai membri del corpo sociale, e mai distruggerli e assorbirli. È sostenuto anche dalla Legge pontificia sulle elezioni di Papa Giovanni Paolo II, Universi Domini Gregis, dove nel Prologo il Santo Padre dice espressamente che il Collegio cardinalizio “non è necessario” come istituzione “per una valida elezione papale”. – Quindi, con tutti i cardinali che falliscono, sarebbe sbagliato negare ciò che l’organizzazione minore e subordinata, la Chiesa romana, può fare. Pertanto, se tutti i Cardinali Elettori non agiscono a causa di un ostacolo che essi stessi non possono o non riescono a rimuovere, la Chiesa romana, in quanto entità a cui appartengono per incardinazione, riceve la licenza di ricorrere al diritto apostolico di cui ha sempre goduto, in tutto o in parte, di eleggere il Romano Pontefice.
6. Così pure, dallo stesso Codice di Diritto Canonico, al canone 28: nisi expressam de iis mentionem faciat, lex non revocat consuetudines centenarias aut immemorabiles; quindi, poiché il diritto apostolico della Chiesa romana è di tempo immemorabile, e poiché tale diritto non è espressamente revocato nel presente Codice, esso rimane in vigore, nelle debite circostanze. Ma l’assenza di tutti i Cardinali Elettori non è solo una circostanza dovuta, ma una circostanza che mette in gravissimo pericolo la stessa costituzione della Chiesa, poiché l’Ufficio di San Pietro non è solo utile ma necessario per la salvezza delle anime. Pertanto, tale diritto non può essere considerato abrogato dal nuovo Codice né dalla legge papale sull’elezione del Romano Pontefice, anche se sembra essere espressamente abrogato. Pertanto, la Chiesa romana ha tale diritto, in tali circostanze.
Quod si pravorum, atque iniquorum hominum ita perveritas invaluerit, ut pura, sincera, atque gratuita fieri in Urbe non possit electio, Cardinales Episcopi cum religiosis Clericis, catholicisque laicis, licet paucis, jus potestatis obtineat eligendi Apostolicae Sedis Pontificem, ubi conguerit (Nicholas P.P. II, In Nomine Domini, §3, 13 Aprile 1059)
RESPONDEO:
RISPONDO: Va detto che, che sia per buona o cattiva volontà, l’atto di eleggere un Romano Pontefice in violazione delle regole è un crimine contro Dio e contro l’unità della Chiesa. È un crimine contro Dio, poiché Cristo si è obbligato di osservare le regole stabilite dal Suo Vicario (Matteo 18,18) e quindi una elezione invalida trasgrede i diritti di Christo. È un crimine contro l’unità della Chiesa, poiché provoca uno scisma di fatto tra coloro che aderiscono al vero Papa e coloro che aderiscono all’usurpatore e al falso pretendente. Ora, anche se i cardinali che fanno questo, lo fanno senza malizia, ma operano sotto un errore sostanziale, tuttavia davanti alla legge devono essere ritenuti colpevoli del peccato e del crimine di scisma, per cui perdono ogni privilegio per eleggere il Pontefice Romano.
Ora, con Papa Niccolo II sostegno che la Chiesa romana, che da sempre detiene il diritto per privilegio apostolico di eleggere il Romano Pontefice, gode in modo particolare della promessa e del diritto concessi da Nostro Signore quando dichiara che “le porte dell’inferno non prevarranno mai contro la mia Chiesa”. Ma le porte dell’inferno prevarrebbero contro la Chiesa romana se fosse privata di un Papa validamente eletto e costretta a sottomettersi a un eretico pubblico e pertinace, a un apostata o a un massone. Pertanto con Papa Niccolo II dico che la Chiesa di Roma ha il diritto di eleggere il Romano Pontefice, nel caso particolare in cui tutti i Cardinali Elettori rifiutano eleggerne secondo le regole o eleggono un eretico (cf. Paolo PP. IV, Cum ex apostolatus officio, n. 6, 15 Febbraio 1559).
Per questo motivo, vanno accettate le argomentazioni contrarie che confutano sufficientemente quelle che le contraddicono.
Ad. 1. Che un gruppo abbia un diritto, secondo una legge papale, non significa che un altro gruppo non abbia un diritto da qualche altra fonte di legge. Inoltre, la Chiesa romana ha il diritto di eleggere il Romano Pontefice in base alla Legge apostolica, che è superiore alla Legge papale, poiché la Legge apostolica fa parte della Legge divina e della Sacra Tradizione, che il Romano Pontefice non può mai abrogare.
Ad. 2. Se è vero che tutti gli ordini del clero nella Chiesa romana sono inferiori al Collegio cardinalizio, non è vero che tale Collegio sia superiore alla Chiesa romana. Pertanto, ciò che è negato a un inferiore, non è necessariamente negato a un superiore. Anzi, il potere papale ha negato il diritto di elezione agli inferiori, ma non ha negato il diritto di elezione ai superiori. Quindi, ex silentio non si può fare alcuna argomentazione.
Ad. 3. Se è vero che la Legge pontificia Universi Dominici Gregis nega ad altri che ai Cardinali di eleggere il Papa, essa condiziona questo e tutte le sue disposizioni alle elezioni durante i Conclavi. Non dice nulla su come condurre un’elezione per diritto apostolico, anche se nella sua introduzione fa riferimento a tale elezione come valida, come è chiaro.
Ad. 4. Il diritto in un ordine di leggi non è abrogato quando tale diritto è applicato da una legge minore. Così, quando le circostanze dell’applicazione non sono più valide, il diritto rivive. E questo è il caso in cui tutti i membri del Collegio cardinalizio si defilano o non si riuniscono entro i termini previsti dalla legge pontificia.
Ad. 5. L’antico diritto della Chiesa romana non è una semplice legge consuetudinaria, poiché tutti i teologi cattolici ritengono che sia un’ordinanza apostolica. Pertanto, se la consuetudine del diritto positivo può abolire il diritto consuetudinario, non può abolire questo diritto, che non è una semplice consuetudine degli uomini.
Il Diritto di Eleggere il Pontefice Romano spetta prima alla Chiesa Romana
di Frà Alessio Bugnolo
Contra factum non est argumentum, come recita l’adagio latino: cioè “contro un fatto non esiste argomento”.
Se c’è qualche cattolico che dubita che i cattolici di Roma abbiano il diritto di eleggere il proprio vescovo, non deve credere a tutto ciò che dico io, deve solo aprire un libro qualsiasi sulla storia dell’elezioni dei Papi, o in questo caso, anche vedi la Lista dei Papi su Wikipedia, per confermarlo.
Chi nega questo, e nega la Successione Apostolica nella Sede di Roma, e fa di ogni papa dopo Pietro un falso. Ma chi lo faccia, è anatemizzato dal Vaticano I, che ha dichiarato infallibilmente che ci saranno sempre successori di San Pietro a Roma, fino alla venuta del Signore.
Allora, ai YouTuber che leggono questa o quella parte della legge pontificia, Universi Dominici Gregis, e non ne capiscono niente, rispondo in questo modo.
Sì, c’è una restrizione in quella legge, che afferma che per l’elezione del Papa possono votare solo i Cardinali Elettori (n. 33), tale restrizione si applica solo al modo di elezione in quella Costituzione Apostolica, perché altrimenti sarebbe in pericolo la Successione Apostolica. Infatti, nella frase finale della prefazione, Papa Giovanni Paolo II afferma esplicitamente la sua intenzione, che le norme della legge speciale devono vincolare i cardinali. Non li impone a tutta la Chiesa.
Chi non la pensa così, finge che Giovanni Paolo II o gli studiosi di giurisprudenza che hanno lavorato per più di 10 anni al nuovo Codice di diritto canonico non sapessero cosa è successo nella Chiesa nei precedenti 19 secoli, o come il l’apostolo Pietro ha lasciato questo diritto a tutta la Chiesa, poiché pretendono che Giovanni Paolo II voglia in ogni tempo e luogo, anche al di fuori di un conclave, che votino solo i cardinali elettori.
Ma se così fosse, allora i nemici di Dio dovrebbero solo uccidere 120 uomini, per porre fine per sempre alla Successione Apostolica. E questo farebbe prevalere le Porte dell’Inferno. Il che è assurdo.
Quindi ovviamente né il Papa né i suoi esperti lo intendevano.
Il che significa che la loro argomentazione è falsa.
E questi esperti in giurisprudenza che hanno lavorato sul testo nel Codice di diritto canonico di 1983, ci dimostrano che questo argomento è falso, perché questa restrizione del n. 33 nella legge speciale UDG non hanno posto nei canoni 349 e 359, che riguardano i privilegi del Collegio cardinalizio. Inserendo questo in una legge speciale, rimuove la restrizione dall’applicazione generale. E questo è confermato da canone 5 §1 e §2, che affermano i diritti apostolici restano in vigore in circostanze speciali non previste.
E questo era necessario, perché il diritto canonico dipende dal diritto apostolico per la sua autorità, non viceversa. Pertanto, nessun Papa può abolire nulla nella Tradizione apostolica, nemmeno il diritto della Chiesa romana di eleggere il suo successore.
E all’ulteriore argomentazione, che nel can. 349 dice il contrario, è chiaro che tale argomentazione sarebbe errata, poiché il latino dice che l’elezione spetta al Collegio cardinalizio in quanto provvedere secondo normam (provideat ad normam) della legge speciale sulle elezioni. Non dice che godono di questo diritto per sé o sempre, né usa un verbo che significhi o connoti che possono ostacolare l’elezione violando le norme di quella legge speciale. Infatti, chi ha il diritto di provvedere a qualcosa di cui c’è bisogno, non ha il diritto di negare quella cosa quando è necessaria, perché il diritto di provvedere è diritto del servo, non del signore. Altrimenti, una madre che ha il diritto di provvedere alla cena dei suoi figli potrebbe giustamente farli morire di fame non provvedendovi, e un padre che tentasse di farlo, mentre lei li stava facendo morire di fame, non potrebbe legittimamente agire. Il dire di che sarebbe terribilmente assurdo.
Quindi ci sono molti laici là fuori che non sanno leggere il latino o che non hanno studiato legge o storia, che dicono cose stupide. Che non si soffermino a pensare cosa accadrà alla Chiesa prima di parlare, è incredibile, dopo i 10 anni di feroci attacchi alla Fede e alla Messa.
E per coloro che discutono contro n. 76, ho già risposto in nota al mio articolo Come Giovanni Paolo II ha determinato l’elezione del successore di Papa Benedetto XVI:
“Il divieto universale del n. 76 si applica anche al n. 37 e 77, come si evince dalla clausola, “Quodsi electio aliter celebrata fuerit, quam haec Constitutio statuit,”. Chi dice il contrario legge “hoc Capitulum” al posto di “haec Constitutio” e per di più lo fa in modo esclusivo. Ciò viola semplicemente le regole grammaticali e sintattiche oltre ad imporre un’interpretazione illecita del testo riservato al solo Legislatore. “Celebrata fuerit” è anche un verbo che si riferisce a un intero evento, non a una singola azione. Anche il latino “electio” non significa solo votare, ma si riferisce all’intenzione di sceglierne uno piuttosto che una moltitudine, e come tale ha un significato ampio. Coloro che affermano che si applica una lettura rigorosa, ma poi vogliono una lettura rigorosa per leggere il testo in modo non autentico facendo riferimento solo al voto, in realtà dicono che tutto nella Costituzione potrebbe essere violato, tranne il capitolo 5, e l’elezione ancora sarebbe valido. — Dico, provateci e vedete cosa succede nella Chiesa. — Peraltro, anche arguendo che il n. 76 non rende invalide l’elezione mediante altre violazioni dell’UDG, diverse da quelle che si trovano nel capitolo di cui al n. 76, tuttavia, poiché Papa Giovanni Paolo II ha chiaramente in molti altri luoghi comandato ai Cardinali di fare questo o quello, (ad esempio nei nn. 1 e 35 e 77) l’elezione sarebbe illecita, e quindi illegale, se violassero qualsiasi altra parte della legge papale durante il Conclave senza la scusa di forze maggiori. E quindi l’elezione sarebbe senza effetto, perché un atto illegale non è mai ritenuto avere effetto canonico nel diritto (can. 38). E sostenere il contrario, è semplicemente assurdo, perché equivarrebbe a dire che anche senza forza maggiore, i cardinali potrebbero violare intenzionalmente tutto il resto della legge o qualsiasi parte, e quindi, che la legge non era affatto legge. — Infine, poiché il Legislatore non ha mai inteso che il Collegio ostacoli la Successione Apostolica, eleggendo Antipapi e rifiutando di eleggere Papi legittimi, ritorna la stessa conclusione che qui presento facendo riferimento a principi superiori, perché i Cardinali non sono riusciti affatto ad eleggere un successore al vero Papa. E la legge non consente loro di eleggere successori di falsi papi. Mai, infatti, nella storia della Chiesa, la Sede Apostolica ha considerato il successore di un antipapa come vero papa. Tutti i veri papi succedono immediatamente a un altro vero papa. Quel fatto insormontabile della storia ne rende impossibile la lettura, in quanto implicherebbe che lo stesso Legislatore intendesse una nozione di successione insieme astorica e implicitamente eretica.”
Norme Canoniche che influiscano sull’elezione del Romano Pontefice secondo diritto apostolico
di Fra’ Alexis Bugnolo
Poiché i fedeli cattolici della Chiesa di Roma considerano l’elezione del Romano Pontefice per diritto apostolico, vi sono alcune norme canoniche che devono essere tenute presenti per evitare che sorgano dubbi sulla validità dell’elezione. (Cfr. articoli precedenti al FromRome.info sull’argomento, qui, qui e qui)
Mentre si potrebbe sostenere che un’elezione condotta per diritto apostolico sia libera dall’obbligo di osservare tutte le norme canoniche di per sé, tuttavia l’opinione migliore è che, poiché un papa dubius è un papa nullus, quelle norme che riguardano la legge naturale devono essere osservate e si tenga conto di quelle norme generali che riguardano il diritto ecclesiastico.
Ripassiamo dunque le norme del Diritto Canonico in materia di elezioni, e raccogliamo insieme i principi che si devono osservare per l’elezione del Romano Pontefice, nella circostanza straordinaria in cui nessun Cardinale Elettore entra in conclave per eleggere il Romano Pontefice, dopo la morte di un Romano Pontefice validamente eletto, legittimo, cioè eletto per ricevere il munus petrino e di fatto lo ha ricevuto.
In primo luogo, va notato che nessuno può ricevere il munus petrino, se c’è già qualcuno che lo detiene. E nessuno può cessare di possederlo se non muore o vi ha espressamente rinunciato con atto giuridico. Inoltre, nessuno può essere eletto a riceverlo, mentre qualcuno lo detiene, e dopo la sua morte o rinuncia ad esso, considera sufficiente la rivendicazione della sua elezione priore per ottenerlo. Le elezioni devono essere posteriori nel tempo alle condizioni adatte per la validità di una elezione. Così Jorge Mario Bergoglio non ha mai detenuto il munus petrino e con la sua pretesa di 10 anni non ne ha alcun diritto.
In secondo luogo, l’elezione del Romano Pontefice in tali circostanze straordinarie, esige che gli elettori siano convocati in un determinato luogo e ora dal presidente del collegio degli elettori, quando tale presidente sia fisicamente presente nel luogo di convocazione (cfr can. 166 ). Questo Papa Benedetto XVI già ha fatto nella sua Declaratio di 11 Feb. 2013, quando ha dichiarato che l’elezione del suo successore si deve fare da quelli che sono competenti.
Non è necessario dire, perché è ovvio, che se la convocazione fosse fatta da chi non è membro della Chiesa di Roma, allora tale convocazione ed elezione in quel luogo sarebbe del tutto invalida. E questo è ovvio, perché l’autorità che convoca deve essere per diritto naturale parte dell’elettorato o avere diritto per legge a fare tale convocazione. Diversamente, l’atto non è un atto giuridico dell’elettorato, ma è l’imposizione di una volontà straniera ad esso estranea.
Terzo, tutti gli elettori devono essere convocati in un luogo pubblico. L’elezione non sarebbe valida, a meno che non ci sia almeno un tentativo di farlo. Così, se alcuni elettori, senza avvisare gli altri, si riunissero insieme, in segreto o in pubblico, l’elezione non sarebbe valida. Né possono escluderne altri in ragione di alcuna argomentazione, poiché a norma del diritto nessuno è presunto ineleggibile se non lo è per inosservanza di qualche norma canonica. Pertanto, qualsiasi chierico incardinato in qualsiasi diocesi della Chiesa romana (Roma o qualsiasi delle sue diocesi suburbicarie), qualsiasi religioso di un istituto di rito diocesano fondato da uno qualsiasi di questi vescovi in una qualsiasi di queste diocesi e residente in esse, e qualsiasi laico. E questo senza riguardo ad alcuna precedente opinione che potessero aver avuto, perché, è sufficiente che in questa assemblea dichiarino che Benedetto XVI è stato l’unico e solo Romano Pontefice fino alla sua morte, perché tutti siamo stati vittime in qualche modo o un’altra delle false narrazioni, e sono pochissimi tra noi che dall’11 febbraio 2013 non si sono fatti ingannare.
Quarto, l’elezione non sarà valida se è consentito votare a un non elettore (canone 169). Pertanto, nel caso di specie, non possono essere ammessi all’assemblea persone estranee alla Chiesa di Roma (coloro che non siano membri della Chiesa di Roma da almeno 1 anno di residenza nel territorio della Diocesi di Roma o da un Diocesi suburbana). Ma ragionevolmente, poiché l’assemblea sarà numerosa, questa limitazione ha a che fare con coloro che parlano durante l’assemblea e coloro che votano, poiché sarebbe quasi impossibile umanamente parlando assicurare che nessuno nell’assemblea sia un non elettore . Ma dovrebbe essere intrapresa la dovuta diligenza per escluderli.
Quinto, coloro che si radunano nel luogo di convocazione non possono essere sottoposti ad alcuna coercizione (can. 170), altrimenti l’elezione sarebbe invalida. Tra le cause che invalidano l’elezione vi sono quelle che ne impediscono di fatto la deliberazione dell’azione, cioè a mio avviso, comprensiva anche di un eventuale controllo psicologico di persone estranee alla Chiesa di Roma.*
Sesto, secondo il canone 171, non possono votare:
- Coloro che sono incapaci di un atto umano (cioè senza l’uso della ragione), per età o infermità.
- Coloro che non sono elettori.
- Coloro che sono stati scomunicati in forza di una sentenza giudiziale, decretale, cioè inflitta o annunciata.
- Coloro che notoriamente si sono separati dalla Chiesa cattolica (entrando in un gruppo che rifiuta in linea di principio la comunione con la Chiesa o con i suoi membri)
L’elezione di un particolare candidato sarebbe nulla se, come afferma il canone 171, gli elettori fossero stati preventivamente indotti, per timore o astuzia, applicati direttamente o indirettamente, a votare per un determinato candidato, sebbene la legge naturale non richieda che il voto sia segreto, a maggioranza dei due terzi. Credo che il voto dovrebbe essere contato e il modo di votare essere determinato, cioè contando i voti personali.
Il can. 173, quindi, afferma che il primo atto dell’elettorato dovrebbe essere quello di designare gli scrutatori del voto e la modalità di presentazione del voto, cioè dove gli elettori devono presentarsi per dichiarare il proprio voto. Penso che sarebbe meglio che ogni elettore si presentasse agli sportelli e dichiarasse il suo candidato. I voti non devono superare gli elettori, e quindi, penso che sarebbe necessario consentire solo a coloro che possono votare, entro una certa barriera, per impedire, al momento del voto, l’ingresso di persone estranee.
Il can. 174 consente, per legge naturale, che gli elettori nominino uno di loro a votare in loro vece durante l’assemblea. Ma questo è problematico, perché come potrebbe essere verificato giudizialmente senza documentazione scritta, che potrebbe essere contraffatta? Per questo motivo, farebbe sorgere un dubbio e renderebbe invalida l’elezione.
Il can. 177 richiede che l’eletto ne sia informato entro 8 giorni dall’elezione. Se non accetta, l’assemblea deve riunirsi di nuovo.
Can. 178, l’eletto, che accetta, riceve subito il munus petrino. Deve accettare per mezzo di parole che naturalmente, chiaramente e abitualmente si usano, come dicendo: “Accetto la mia elezione all’ufficio di Romano Pontefice” ecc.
Infine, il candidato da eleggere, deve essere uomo, cattolico, e avere almeno l’età della ragione, avendo ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Cresima. Deve essere celibe, cioè non vincolato attualmente da matrimonio sacramentale o civile a nessun’altra persona. Deve avere il libero uso della ragione. Il dubbio su questo, come quello che potrebbe sorgere da una persona che ha permesso che la nanotecnologia fosse iniettata nel suo corpo, dovrebbe escludere tali candidati.
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** Questa è una coercizione morale del tipo come qualcuno che non può votare potrebbe dire a chi votare, sotto minaccia di dannazione spirituale. Questo sarebbe il peggior tipo di abuso spirituale. Gli elettori, cioè coloro che possono votare, sono completamente liberi e non dovrebbero esercitare il loro voto sotto costrizione. Se non possono liberamente scegliere autonomamente, non sono eleggibili, a norma del can. 171.
REGOLE, REGOLAMENTI E PROCEDURE PER L’ELEZIONE DEL SUCCESSORE DI PAPA BENEDETTO XVI
di Frà Alexis Bugnolo
ORIGINALE INGLESE — TRADUZIONE FRANCESE
traduzione italana di Emilio Augustino Palopoli
Il ruolo del successore di S. Pietro nel Piano Salvifico di Dio
Dio solo conosce i tempi e i luoghi nei quali ognuno di noi sarà chiamato a comparire dinnanzi al Trono di Cristo e ricevere il giudizio sulle proprie vite.
E, tale giudizio sarà inesorabile ed infinitamente giusto in ogni singolo dettaglio.
Ma, fino ad allora, dovremmo vivere come umili servitori, confessando i nostri peccati e lavorando per il bene della Chiesa di Cristo che è la Sua Sposa Mistica sulla Terra.
Durante il corso dei secoli, la Chiesa ha peregrinato (ad iniziare dalla Pentecoste nella quale è nata in mezzo agli uomini e si è manifestata per la prima volta ai non-credenti) fino all’Eterno, Finale Banchetto Nuziale Celeste in cui Essa celebrerà le nozze con Cristo Re.
E, per assicurarsi che essa arrivi salva a quel Giorno dei giorni, Nostro Signore e Maestro Gesù Cristo la affidò a S. Pietro e ai suoi successori nel tempo, cosicché, di generazione in generazione, in questo lungo pellegrinaggio, potesse avere una mano fedele nel guidarla senza errori verso quella festa magnifica.
Una breve Storia dell’Elezione dei Pontefici Romani
Ciascun Papa nella Successione Apostolica a Roma ottiene quell’ufficio nel momento in cui accetta la sua elezione come Vescovo di Roma.
Ma, nel corso degli anni, quell’elezione si è svolta secondo diverse procedure. Per cominciare, con la morte di S. Pietro, è molto probabile che l’Apostolo S. Paolo abbia presieduto alla prima elezione di un papa: S. Lino. Per timore delle persecuzioni, la Chiesa di Roma ricorse a incontri segreti per eleggere il proprio Vescovo che fosse allo stesso tempo un chierico fedele consacrato. In quei giorni la Chiesa di Roma si riuniva lungo l’intera valle del Tevere che si estendeva dalle colline toscane fino a quelle di Albano e dall’entroterra del Tevere fino ai lidi del Mar Tirreno.
Non abbiamo notizie precise circa la prima elezione di un papa. Non fu attraverso un Conclave perché tale termine fu coniato durante le prime elezioni del 13° secolo (1216?, 1241 e specialmente quella del 1269 a Viterbo), condotto con la serratura chiusa a chiave per impedire che i Cardinali si attardassero a lungo per prendere la loro decisione. Nel corso degli anni, le elezioni dei Pontefici Romani si tennero solitamente nella Provincia Romana, in vari luoghi, non sempre a Roma, ma sempre dove si radunavano coloro che avevano il diritto di eleggere.
Nei primi anni, inoltre, il diritto di eleggere il Pontefice apparteneva ad ogni membro della Chiesa ma, con il passare del tempo, tale diritto fu riservato ai Vescovi della città e delle diocesi suburbicarie (le diocesi satelliti intorno a Roma).
Papa Nicola III scrisse nel 1059 una delle prime leggi che regolano le Elezioni Papali – In Nomine Domini, 13 Aprile, 1059 . Attualmente è disponibile una lunga spiegazione storica delle elezioni papali su Wikipedia che fornisce ulteriori informazioni sulle elezioni dei pontefici nel corso degli anni, sebbene queste si trovino sotto il termine non sempre applicabile di “Conclave”.
Dapprima le elezioni papali si svolsero secondo la Tradizione Apostolica, ovvero secondo quanto stabilito dall’Apostolo San Paolo quando presiedette all’elezione di S. Lino e, S. Pietro, avendo stabilito la sua Sede a Roma, quando morì lasciò tale eredità alla Chiesa di Roma. E’ importante notare che la Chiesa di Roma non è una Diocesi separata dalle altre diocesi della Chiesa, ma è la Chiesa fondata da Gesù Cristo su Pietro, dalla quale tutte le altre diocesi si sono separate. Pertanto la Chiesa di Roma ha sempre seguito le sue particolari tradizioni e regole per l’elezione dei suoi Vescovi e non ha mai rispettato regole stabilite altrove, nemmeno quelle decise dai Concili Generali per le altre diocesi. Ritenere valide o meno le elezioni di un Pontefice Romano era possibile fintanto che una legge papale regolasse tali elezioni. Pertanto, solo a seguito della promulgazione di una legge papale, si poteva dichiarare se le elezioni stesse fossero legittime o meno. Quando i Papi stabilivano i canoni che regolavano la procedura, potevano essere considerate conformi a detti canoni o no.
Per esempio, nella Regola di S. Francesco d’Assisi, promulgata nel 1223 da Papa Onorio III, troviamo che S. Francesco promette di “mostrare riverenza e obbedienza al Signor Papa Onorio III e ai suoi successori eletti canonicamente“.
La limitazione contenuta nell’attuale Legge Pontificia riguardo alle Elezioni Papali
Oggigiorno, i Papi vengono eletti secondo la Legge Pontificia “Universi Dominici Gregis” promulgata dal Papa S. Giovanni Paolo II in occasione della Festa del Seggio di S. Pietro, il 22 Febbraio 1996. (1) Ma, poiché il Codice di Diritto Canonico del 1983 specifica che le elezioni rientrano in una legge speciale -ovvero Universi Dominici Gregis– tali elezioni possono essere dette allo stesso tempo canoniche e legittime, sebbene sarebbe meglio dire che sono legali o no.
Ad un’attenta lettura della Legge Pontificia sulle elezioni, tuttavia si evince che questa Legge Pontificia ha un carattere provvisorio, poiché essa proibisce ai Cardinali Elettori di eleggere un Pontefice Romano con qualsiasi altro mezzo che non sia quello di seguire tutte le prescrizioni di questa legge. Perciò, poiché questa legge richiede che costoro si incontrino al Conclave prima del ventunesimo giorno dopo la morte del Romano Pontefice, se non lo fanno, perdono completamente il diritto di eleggere il Romano Pontefice. E, se tale evento dovesse verificarsi senza che ci sia una causa di forza maggiore, allora la Legge non sarebbe più valida.(2)
Cosa farebbe la Chiesa di Roma in tal caso? Poiché questa legge in quanto promulgata esplicitamente abrogava tutte le leggi precedenti, tale elezione dovrebbe svolgersi secondo la Tradizione Apostolica, poiché questa è l’unica regola che non può essere abolita dal Romano Pontefice. Infatti, ogni Legge Pontificia e canone riguardanti le elezioni papali sono stati semplicemente un’applicazione di questo Diritto secondo una o più disposizioni riguardanti le specifiche e la riduzione numerica degli elettori a certe condizioni.
Ho già affrontato questo argomento, il 31 Agosto 2020 A.D, ma sarà proficuo discutere questa questione ancora una volta. In assenza di una legge pontificia, tutte queste specifiche e riduzioni numeriche degli elettori risultano invalide.
Il boicottaggio dei Cardinali nei confronti di Papa Benedetto ha causato una Situazione Anomala e ne innescherà un’altra altrettanto difforme dalle leggi della Chiesa
Come summenzionato, questa considerazione che riguarda all’elezione di un Romano Pontefice nel caso in cui tutti i Cardinali Elettori non facciano il proprio dovere, non è una speculazione meramente ipotetica o inutile in quanto la Chiesa di Roma rischia in tale ipotesi di trovarsi in un vero e proprio scontro frontale. E questo perché Papa Benedetto non ha rinunciato al Papato. E questa realtà non cambia nonostante tutti i Cardinali Elettori riconoscano pubblicamente tale “rinuncia”.
L’anti-papa ed usurpatore è un eretico manifesto e persino non cristiano nelle sue credenze personali, come egli ha palesato in numerose occasioni pubbliche. Perciò, in conseguenza di tale situazione, i Cardinali non potrebbero convenire in conclave per eleggere un successore di Papa Benedetto XVI. E questa impossibilità a procedere a regolare elezione, costringerebbe all’applicazione della Tradizione Apostolica che in questo caso supererebbe la Legge Pontificia rendendo per loro illegale eleggere qualsiasi papa in una qualsiasi data più lontana nel futuro. Il solo modo per evitare ciò sarebbe quello in cui almeno un Cardinale Elettore riconosca pubblicamente come vero papa Papa Benedetto XVI e si riconcili con lui prima della sua morte. Sia la dichiarazione pubblica che la riconciliazione sono necessarie perché, a causa della comunione con un anti-papa eretico, sono coinvolti nel pubblico delitto di scisma a causa del quale perdono ogni diritto di eleggere un papa, perdendo anche tutti i diritti riguardanti la dignità del Cardinalato.
L’elezione di un Romano Pontefice secondo la Tradizione Apostolica
L’Elezione del successore di Papa Benedetto XVI potrebbe essere quindi la prima elezione di un Papa secondo la Tradizione Apostolica dal 769 AD, quando il Sinodo del Laterano abolì il diritto dei laici a partecipare all’elezione. Questa abolizione fu essa stessa eliminata dalla clausola generale nell’attuale legge pontificia che aboliva tutte le leggi precedenti.
Pertanto, è presumibile che non ci sarà alcuna legge pontificia a regolamentare l’elezione del successore di Papa Benedetto XVI, il che è forse ciò che lui intendeva nella sua Declaratio quando ha parlato dei Cardinali che si erano staccati (vobis decisionem) e di una futura elezione da parte di coloro ai quali compete (ab his quibus competit ).
E’ qui importante evidenziare che, se Papa Benedetto XVI nel suo Testamento, del quale ha fatto menzione occasionalmente, stabilisce qualcosa a questo riguardo, se non viene pubblicato mentre è in vita, non acquisisce forza giuridica, poiché una legge papale si deve promulgare durante la vita del Papa, in quanto egli non ha alcuna autorità dopo la sua morte. Parimenti, se nel segreto è avvenuta una riconciliazione fra lui e qualche Cardinale, tale atto non può essere considerato autentico a meno che non sia accompagnato da un documento sottoscritto da testimoni veraci e contrassegnato con il suo sigillo, durante la sua vita.
IL RUOLO DEL DIRITTO CANONICO IN TALE ELEZIONE SECONDO IL DIRITTO APOSTOLICO
Questo non vuol dire che i principi generali del Diritto Canonico debbano essere ignorati. Se tutti i fedeli potranno partecipare, essi devono comunque partecipare secondo le norme del Diritto Canonico: devono essere battezzati secondo il Rito Romano, essere nell’età della ragione; devono avere ricevuto il Sacramento della Confermazione che rende adulto un membro della Chiesa; devono essere esenti da censure ecclesiastiche imposte da veri Papi; e secondo la legge ecclesiastica devono essere residenti nella Diocesi di Roma o in una delle Diocesi Suburbicarie, visto che tutte loro sono parti della Chiesa di Roma secondo un’usanza ecclesiastica.
In questo numero di fedeli, tutti elettori, sono inclusi tutti i Cattolici che dichiarano che Papa Benedetto XVI era il vero Papa. Questo numero include i Cardinali della Chiesa Romana che siano elettori o no, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monsignori, i Pastori, i Preti, i Diaconi, i Seminaristi, e tutti i religiosi che sono membri della Congregazione del Rito Diocesano in ognuna delle diocesi- come già menzionato- e che sono residenti a Roma o dintorni. Ciò include i laici di ogni specie e rango civili, dalla casalinga al capostipite di Famiglie Nobili Romane.
Possono anche partecipare: il Clero incardinato nella Diocesi di Roma, a prescindere dal luogo di residenza e i Cardinali, che siano elettori o no che si pentano del loro scisma con atto pubblico prima o all’inizio di una tale elezione a prescindere dalla loro residenza, in quanto in virtù della loro dignità di Cardinali sono principi della Chiesa di Roma.
Non può partecipare nessun membro di logge massoniche di ogni rito o osservanza poiché questi sono scomunicati dal Diritto Canonico come il Cardinale Ratzinger ha ricordato a tutti più di 40 anni fa.
Arcivescovi e vescovi di altre diocesi possono semplicemente partecipare come testimoni, ma non possono intervenire senza permesso, né possono avere alcun diritto a votare.
Per essere residenti bisogna aver dimorato a Roma o in una delle suddette diocesi da almeno un anno prima dell’elezione avendo così abbandonato la propria residenza fisica in tutti gli altri luoghi, con nessuna intenzione di ritornarvi.
CONDIZIONI DI TEMPO E LUOGO E CONVOCAZIONE DEGLI ELETTORI
Non ci sono particolari requisiti sul quando l’elezione debba avere luogo, sebbene io sia dell’opinione che, per eliminare qualsiasi dubbio canonico, essa debba essere tenuta non prima del 22esimo giorno dopo la morte del Romano Pontefice per escludere qualsiasi pretesa da parte dei Cardinali Elettori di ritenersi possessori dell’esclusivo diritto ad eleggerlo. Può essere tenuta in ogni parte del territorio della Chiesa di Roma, come già menzionato. Credo che ci sia un’argomentazione solida nel dire che la convocazione dei Fedeli della Chiesa di Roma debba essere fatta dal Clero Romano, se c’è qualcuno fra loro in comunione con Papa Benedetto XVI – e a quanto mi è dato sapere, ce ne sono. In verità, ne conosco almeno un paio e c’è un’alta probabilità che ve ne siano molti altri.
L’Elezione può essere tenuta per pubblica acclamazione o per voto pubblico o segreto, ma il metodo di elezione deve essere concordato dagli elettori. Il voto, per essere considerato valido, dovrà essere approvato da una maggioranza o da un terzo degli elettori e questo è un ulteriore tema su cui decidere.
Se ci debba poi essere una moderazione in seno all’elezione è anch’essa una decisione che dovrà essere presa.
Se si dovesse verificare qualsiasi caso di simonia, ciò invaliderebbe l’elezione di colui che è stato eletto in virtù della sua influenza, e ciò secondo le norme generali del Diritto Canonico.
Questo è l’unico punto su cui i canoni della Chiesa impongono una più severa normativa rispetto all’attuale Legge Pontificia, la quale ritiene valida un’ elezione simoniaca a causa del fatto che il Conclave si svolge in segreto rendendo impossibile l’accertamento di qualsivoglia simonia da parte del resto della Chiesa.
Tuttavia credo che il tempo ed il luogo dell’elezione dovrebbe essere pubblicizzato anticipatamente per togliere qualsiasi dubbio che ad agire sia la Chiesa di Roma e non qualche gruppo privato.
Chi può essere eletto come il Successore di Papa Benedetto XVI?
Per quanto riguarda colui che viene eletto, il Diritto Canonico rimane in vigore; l’eletto deve essere un Cattolico, senza fare distinzioni sul rito con il quale sia stato battezzato; maschio, dell’età della ragione, libero da qualsiasi censura ecclesiastica sotto Papa Benedetto XVI o i suoi predecessori. Ma non è necessario che sia un Cardinale, un Arcivescovo, Vescovo, Prete, Diacono o persino un seminarista o un religioso. Deve essere un maschio celibe, ovvero in quel momento non impegnato in un Matrimonio Sacramentale né in uno Civile, e libero dall’obbligo morale di provvedere alla prole. Dovrebbe godere di una buona reputazione morale e possedere capacità di leadership. Non deve essere cittadino di qualche nazione particolare, né essere residente nella Città del Vaticano o essere un membro della Curia Romana. Deve essere maschio biologico per nascita, e non può essere mutilato o avere avuto una ri-assegnazione sessuale (purtroppo è necessario chiarire questo punto a causa del mondo malvagio in cui viviamo).
Deve essere una persona che è pubblicamente conosciuta per non aver partecipato allo scisma e ai tradimenti contro Papa Benedetto XVI, o altrimenti potranno essere sollevati seri dubbi riguardo la legittimità della sua elezione perché sicuramente molti potrebbero dire che i nemici di Papa Benedetto XVI hanno assunto il controllo dell’assemblea – e in quanto scismatici ed eretici non possono essere eletti Papa, e sorgerebbero dubbi sulla validità del processo elettivo.
Tuttavia, a mio parere, l’eletto dovrebbe perlomeno conoscere il Latino e aver studiato Teologia, altrimenti non sarebbe in grado di governare la Chiesa.
Colui che sarà eletto non deve necessariamente essere presente alla convocazione per l’elezione; potrà infatti trovarsi in qualsiasi altra parte del mondo. Tuttavia, se non presente, il suo consenso ad accettare la sua elezione deve essere certificata da almeno tre testimoni che possano parlare con lui via telefono o in video conferenza. Dovrebbero essere i convocati a decidere chi sarà incaricato di fare ciò. E, se tale elezione dovesse aver luogo, allora colui che sarà eletto dovrebbe prepararsi ad essere crocifisso, perché, senza alcun dubbio, tutto l’Inferno alzerebbe la sua voce contro di lui, e sarà perseguitato da un capo all’altro della Terra.
I Poteri e i Diritti che l’Eletto otterrà appena accetterà la sua elezione
L’elezione sarà valida se sarà tenuta secondo le norme e le prassi canoniche summenzionate. Appena l’eletto accetterà la sua elezione, diverrà il Successore di S. Pietro, anche se non dovesse essere stato ancora consacrato Vescovo o persino prete. Da quel momento in poi, egli avrà i pieni poteri di Vicario di Cristo per governare e legiferare e potrà riconciliare ogni Cardinale, Arcivescovo, Vescovo, prete, diacono o seminarista, che risulti scismatico o sotto censura. Potrà inoltre cominciare a rimettere ordine nella Chiesa attraverso la scomunica formale dei ribelli e nel riconciliare i pentiti. E’ tuttavia mio parere che sia solo il Papa ad avere il diritto di esercitare il potere di insegnamento dopo la sua ordinazione episcopale, ma questa è una questione aperta al dibattito. Rimango fermo su questa mia opinione, perché il munus per insegnare ai fedeli è contenuto solo nel Sacramento della Consacrazione Episcopale, che, sebbene distinto dal munus petrino, ha una necessaria correlazione con esso, poiché colui che viene eletto è eletto per essere il Vescovo di Roma, non meramente o unicamente Vicario di Cristo o il Successore di S. Pietro. Secondo il canone 355 §1, la consacrazione episcopale del Papa, se costui non è vescovo, è una prerogativa che appartiene per diritto al Decano del Collegio Cardinalizio, e se costui è impedito, al Cardinale più anziano. – Questo presume che ci sia almeno un Cardinale non in situazione di scisma da Papa Benedetto XVI. Nel caso non ci fosse, allora il suo primo atto sarebbe quello di nominare Cardinali almeno alcuni Vescovi che dovranno eleggere il loro Decano, che presiederà alla sua consacrazione. Questi Cardinali di nuova nomina potranno ricevere ognuno dei tredici titoli storici, che al momento non sono assegnati a nessuno nel Collegio.
NOTE DELL’EDITORE
(1) Tenete presente, che nel suo Motu Proprio, che pubblicava questa Legge Pontificia, Papa S. Giovanni Paolo II afferma: “Precisamente per questa Ragione, mentre si riconosce che teologi e canonisti di ogni tempo concordano che questa istituzione non è per sua natura necessaria per la valida elezione del Romano Pontefice”. — Qui egli ammette che c’è un altro modo per eleggere il Romano Pontefice. Questa è parte della sua clausola segreta -secondo la mia opinione- della rinuncia Papale che richiede quella al munus (canone 332 §2)- che, se anche passasse inosservata da parte di tutti i Cardinali Elettori, in un tentato colpo di stato contro il Papa regnante, permetterebbe un’elezione per Diritto Apostolico, che è appunto ciò che sto trattando in questo mio articolo.
(2) Perché si può ragionevolmente arguire, nel caso di estrema necessità indotta da minacce esterne (ad esempio l’occupazione di Roma da parte di una forza militare o governo ostili) o da situazioni estreme (ad esempio Roma che viene distrutta da un attacco nucleare), che i Cardinali abbiano l’autorità concessa a loro nella Legge Pontificia, di organizzare un Conclave in data futura. Tuttavia questo non potrà essere fatto se questi cardinali sono scismatici e in comunione con un antipapa poiché, in tal caso, non potranno esercitare il loro diritto ad eleggere il Successore del vero Pontefice Romano.
(3) Concilio III del Laterano, canone 1. Cf. Dictatus, XXIII di S. Gregorio VII. Questo canone e dottrina si sono applicati nell’elezione di Papa Adriano V, anche se il Canone 332 §1 afferma che “piena e suprema potestà“ (termini non ben definiti nel loro significato) viene ricevuta dopo la consacrazione episcopale. Cf. Juan Ignazio Arrieta, ed., Codice di Diritto Canonico, commentario al canone 332 §1.
Dialogo con un Cardinale, che non vuole dialogare
di Frà. Alexis Bugnolo
La carità cristiana richiede che non ci rifiutiamo di parlare con i nostri superiori o inferiori. La crisi della Chiesa ora è così grave che tutti noi dovremmo cercare di parlarne con i nostri superiori e su come porvi rimedio. Una cosa di cui dobbiamo discutere è la dichiarazione canonicamente errata dell’11 febbraio 2013 di colui che è Papa Benedetto XVI. Erronea, manifestamente, perché nessuno ha avuto il rispetto per il suo Ufficio o per la sua persona per sottolineare che l’atto doveva essere rifatto, se era sua intenzione postulare un atto in conformità al Canone 332 §2.
Per questo motivo ho scritto più di 50 cardinali, credo – non sono sicuro di aver perso il conto – per sollevare la questione. E recentemente uno di loro ha avuto la carità cristiana di rispondermi per iscritto. Non posso divulgare il testo vero e proprio, per il rispetto della sua persona e del suo ufficio, ma posso divulgare il mio testo in risposta, perché credo che affronti un problema che tutti noi abbiamo quando parliamo con i nostri superiori della Declaratio di Papa Benedetto.
Il cardinale mi ha scritto che dobbiamo presumere che papa Francesco sia validamente eletto e detenga il munus petrino, e quindi mi ha detto che non voleva parlare con me di persona della Rinuncia.
Ecco la mia risposta a questo principe della Chiesa:
Eminenza,
Se Voi chiedete a un qualsiasi dottore in giurisprudenza, vedrete che la ragione che mi date, cioè: “Dobbiamo presumere che papa Francesco sia un papa validamente eletto e detenga il munus petrino”, è un’affermazione che aggrava diversi errori:
1. In primo luogo, che un uomo sia il papa non è una presunzione di fatto, ma la conclusione del diritto. Per esempio, non è il papa, colui i cardinali dicono essere il papa, ma è il papa colui che è stato eletto secondo la norma dell’Universi Dominiic Gregis. Dire il primo, cioè che colui che i cardinali dicono sia il papa, è il papa, confonde i mezzi con cui si conosce un fatto canonico con la causa della legittimità di un fatto canonico. Sono due cose diverse.
2. In secondo luogo, in tutte le forme di diritto, sia il romano, napoleonico o comune, la cessazione del potere non è mai presunta. Questo è un principio antico, la cui ignoranza provocherebbe il caos nella società. Il corollario è che la cessazione del diritto non è mai presunta. Ora una rinuncia papale è il primo momento di una successione petrina. E la successione di un diritto legale viene giudicata come una cessazione del potere. Come mons. Arrieta, del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha affermato alla mia presenza l’11 dicembre 2019, tale atto di rinuncia deve essere chiaro in sé, non può essere interpretato come valido, perché nessuno ha il diritto di interpretarlo. Questo perché l’interpretazione di una legge è la causa di una diversa comprensione da quella che è. E il Codice di Diritto Canonico non concede questo diritto di interpretazione, nelle rinunce papali, poiché esse devono essere manifestamente rinunce del petrino munus.
3. In terzo luogo, la Vostra affermazione che si deve presumere che Papa Francesco sia validamente eletto, è il presupposto di una conclusione come prima premessa del Vostro pensiero. In altre parole, avete preso ciò che dovreste considerare, in virtù di una serie di illazioni basate sui fatti e sul diritto, quale conclusione, e ne fata il primo principio per cui la Vostra mente rifiuta di presupporre ciò da cui è illusa. Questo è l’errore logico chiamato petitio principii.
4. In verità, se si legge la Universi Dominici Gregis n. 37, Papa Giovanni Paolo II richiedeva che una sede vacante fosse verificata come legale. Ma Mons. Arrieta mi ha assicurato che tale verifica non è stata fatta nel febbraio 2013. Infatti, il canone 40 invalida tutto ciò che viene fatto da un soggetto che riceve un atto amministrativo, prima di verificare l’integrità dell’atto stesso. Eppure il Vaticano ha pubblicato per molti giorni diverse versioni della Declaratio, per cui non si è mai avuto un atto integrale prima dell’annuncio, pochi minuti dopo il Concistoro dell’11 febbraio, che l’atto significava una rinuncia al papato. Infatti, io come latinista che ho pubblicato una grammatica e tradotto oltre 9000 pagine di testi scolastici, ho trovato più di 40 errori nel testo latino. Ci sono inoltre almeno 6 errori canonici nell’atto centrale, che lo rendono invalido, nullo o irritante. Inoltre, il canone 41 dà a ciascuno di noi il dovere di rifiutare un actus nullus e richiede che ci si rivolga all’autorità che emette l’atto. Come mons. Arrieta mi ha ribadito, nel caso di dimissioni papali, se l’atto è nullo deve essere rifatto, e se non è chiaro il ricorso al superiore deve essere quello di sollecitare un altro atto valido, poiché egli stesso non può renderlo valido con un’interpretazione. Così, il solo fatto che papa Benedetto abbia detto di aver rinunciato al ministerium, quando il canone 332 §2 richiede la rinuncia al munus, significa che l’atto è anche irritus in virtù del canone 188, per errore sostanziale, e irritus in virtù del canone 38 per non contenere una deroga all’obbligo di nominare il munus.
Capisco che Voi, come cardinale, sareste pochi inclini ad affrontare la questione della legittimità del precedente apparente Conclave, al quale non avete mai partecipato, ma come cattolici rischiamo la pena della dannazione eterna, se lasciamo che la Successione Petrina vacilli per motivi così gravi. “Le parole hanno significati”, e se respingiamo questa massima, allora non troveremo misericordia davanti alla terribile sede del Giudizio del Verbo divino, che disse di papa Giovanni Paolo II quando previde il suo Codice di Diritto Canonico nel 1983: Tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo.
Infine, non ho chiesto un incontro con Vostra Eminenza, ma ho indicato le gravi ragioni per cui dovreste agire, e almeno fare la dovuta diligenza che Vi è richiesta nel Canone 41 e chiedere un’udienza privata a Papa Benedetto, prima che perda le sue facoltà mentali. Vi assicuro che Vi dirà che non è mai stata sua intenzione rinunciare al petrino munus, ma solo al ministero e all’ufficio petrino. Lo dico sulla base di uno studio completo di tutto quello che ha detto dall’11 febbraio 2013 ad oggi. E Antonio Socci è d’accordo con me, come ha detto nella sua intervista con Aldo Maria Valli proprio la settimana scorsa.
In san Francesco,
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CREDITS: Il testo della lettera si pubblica con il permesso del autore. L’immagine in evidenza è foto scattata da Frà Alexis Bugnolo, usata con il suo permesso. Essa è di un bas-rilievo di un papa inginocchiandosi davanti il Verbo divino incarnato, nella Capella della Santa Croce della Basilica di San Giovanni, qui a Roma.
VIDEO: Benedetto XVI è ancora il papa ed ecco perché
Ecco il Video per la causa di Papa Benedetto XVI, pubblicato dal Movimento PPBXVI. In questa versione, il testo italiano traduce la voce inglese.
Vedi ppbxvi.org per lo stesso Video in 8 lingue.
¡Viva Guadalajara!
di Frà Alexis Bugnolo
Nel conclave dell’anno domini 2243, i Cardinali della Chiesa Romana, nel loro ballottaggio finale, eleggono uno spagnolo.
Così, secondo le regole stabilite da Papa Giovanni Paolo II, il 22 febbraio 1996, nel documento Universi Dominici Gregis, n. 87, il Cardinale Diacono, il Segretario del Collegio Cardinalizio e il Maestro di Cerimonie per le Liturgie Pontificie si rivolgono al Cardinale spagnolo e gli chiedono con queste parole solenni se accetterà la sua elezione: Accettate la vostra elezione canonica a Sommo Pontefice?
Silenzio.
Poi il Cardinale Diacono segnala con gli occhi al Cardinale eletto, chiedendo una risposta.
Il Cardinale Eletto, sorride, poi stende entrambe le mani da una parte e forma il V segno. Con questo dice con voce chiara: ¡Viva Guadalajara!
I cardinali spagnoli della Cappella Sistina, che conoscono la giocosità del cardinale eletto, ridacchiano. Il cardinale di Barcellona si dice: “Che burlone! Ma questo non è il momento di farci ridere”.
Il segretario del Collegio dà uno sguardo severo al cardinale eletto. Non si diverte a questo tipo di leggerezza. Così si rivolge al Cardinale Diacono, che è perplesso, e sussurra: “Chiediamoglielo di nuovo”.
Così l’anziano Cardinale Diacono, si rivolge al Cardinale Eletto, e chiede di nuovo, questa volta in spagnolo: ¿Acepta su elección canónica como Sumo Pontífice?
Silenzio.
Poi, il cardinale eletto, risponde: alzando la mano destra e sinistra come prima, e facendo il segno V con ciascuno, dice: ¡Viva Guadalajara! — Questa volta con un sorriso ancora più grande sul suo volto.
A questo punto, i cardinali rompono il loro silenzio, e mormorii misti di incoscienza e costernazione.
Il Cardinale Diacono, ormai impaziente, dice al Cardinale eletto: “Non è il momento di fare battute. Si prega di rispondere alla domanda con un sì o un no”. Poi, ricomponendosi, ripete la domanda canonica, questa volta in italiano: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?
E ancora una volta, il cardinale eletto risponde allo stesso modo.
A questo punto, i cardinali della Cappella Sistina scoppiano in piccoli gruppi di conversazione. Tutti cercano di capire cosa vuol dire dire il cardinale eletto. I cardinali spagnoli si avvicinano agli eletti e cercano di ragionare con lui. Ma non dice nulla di più. Tutto quello che fa è continuare a sorridere e alzare la mano destra e sinistra di tanto in tanto con il segno V, per la vittoria.
Così, in accordo con la Legge Pontificia sui Conclavi, UDG, n. 5, il Cardinale di Parigi chiede che il Collegio discuta e decida cosa fare, poiché la Legge Pontificia non dice nulla sul modo in cui il Cardinale Eletto deve accettare l’ufficio, sia con un Sì o No o con qualche altro segno.
Tra i cardinali sorgono due fazioni. Da una parte, una minoranza ritiene che il cardinale eletto, con le parole usate, non ha accettato la sua elezione e deve essere considerato negativo o per errore o per pazzia. Dall’altra parte, la posizione assunta è quella del Cardinale di Città del Messico, che motiva in questo modo: Non c’è modo più certo di indicare che si è accettata la dignità di un principe che rispondere in un modo che richiede ai suoi ascoltatori di accettare la sua autorità. Ora, rispondendo in questo modo, il cardinale eletto non mostra chiaramente la sua intenzione di agire come un principe? E quindi, la sua intenzione di accettare l’elezione? Non si limita a mettere alla prova la nostra lealtà? Io per primo non mancherò nella mia fedeltà al Sommo Pontefice in questo suo primo atto di ufficio!
Questa linea di ragionamento vince sulla maggioranza e i Cardinali votano così considerando il modo di dire scelto dal cardinale eletto quale “Sì, accetto”.
Il Cardinale Diacono, poi si avvicina al Cardinale Eletto e gli chiede con quale nome vuole essere conosciuto. Egli risponde: “Ignazio I”.
E gli anni passano. E non c’è nulla di controverso nel pontificato di Ignazio Ignazio I. Non da ultimo.
Tranne che per questa sola cosa.
Ogni volta che i giornalisti riescono a fargli un’intervista, e gli chiedono del momento della sua elezione a Papa, gli chiedono cosa ha detto, e lui dice: ¡Viva Guadalajara!
A circa 6 anni dal suo regno di papa, un giornalista, di nome Marco Tosatti III, volendo capire meglio questo, pone una domanda molto specifica a papa Ignazio I, durante un viaggio programmatico.
Tosatti III: So che a Vostra Santità è stata posta più volte la stessa domanda. E siamo tutti colpiti dal suo talento per l’umorismo e dalla sua allegria, unica tra i Papi. Ma il giorno della sua elezione, se posso chiederlo ancora una volta, può dirci cosa ha detto, quando il Cardinale Diacono le ha chiesto se accetterà la sua elezione canonica?
Ignazio I: Ho detto: ¡Viva Guadalajara!
Tosatti III: È tutto quello che hai detto?
Ignazio I: Sì.
Tosatti III: Non hai detto: Sì?
Ignazio I: No, non ho mai detto sì o no. Ho semplicemente detto: ¡Viva Guadalajara!
Marco Tosatti III pubblica la sua intervista e le notizie fanno il giro del mondo: Il Papa non ha mai detto di sì.
Pochi giorni dopo, un altro vaticanista italiano, di nome Sandro Magister V, ottiene un’intervista con l’anziano Cardinale Diacono, che conferma la storia: Sì, non ha mai detto di sì. Infatti c’è stata una controversia nel Conclave, e ora che papa Ignazio, Ignazio I, ha abolito il segreto pontificio sulla sua elezione, posso rivelare che abbiamo tenuto un voto in accordo con l’Universi Dominici Gregis, n. 5, e abbiamo stabilito che canonicamente parlando, questa frase, ¡Viva Guadalajara! sarebbe stata intesa come “sì, accetto”.
Anche Sandro Magister V pubblica la sua intervista, che suscita ancora più clamore e le notizie fanno il giro del mondo.
Circa due settimane dopo, una vecchia signora del sobborgo di Madrid, Spagna, dove è cresciuto Papa Ignazio I, prende una vola a Roma ed poi entra nella piazza di San Pietro con un cartello grande che dice: “Non è il Papa!” — La Gendarmeria, la polizia vaticana, tenta di prendere il cartello da lei, c’è una rissa e finiscono per colpirla e lei li respinge. Alla fine la portano via sia lei che il cartello.
Ma i pellegrini in piazza fotografano e videoregistrano l’intera caricatura e queste immagini vanno in tutto il mondo su tutte le piattaforme dei social media.
Il giorno dopo su tutti i maggiori quotidiani e siti degli MSM, l’unico argomento è perché hanno picchiato queste povere vecchia donna. E i giornalisti che hanno il permesso di intervistarla nel carcere vaticano ricevono tutti la stessa dichiarazione, preparata dal suo avvocato: “Nel mio sobborgo di Madrid, dove sono cresciuto con Papa Ignazio I, la frase ¡Viva Guadalajara! ha sempre significato: “Stai scherzando. Non sarei più d’accordo su questo che sostenere la squadra di Guadalajara, gridando ¡Viva Guadalajara! ad una partita di calcio con la nostra squadra!””
A questa notizia, i giornalisti si affollano a Madrid, in Spagna, e intervistano tutti coloro che possono trovare chi conosceva il Papa da bambino o da ragazzo. E tutti sono d’accordo sul fatto che quello che ha detto questa vecchia signora è la verità assoluta!
E questi giornalisti riferiscono quello che trovano. E, il giorno dopo, Papa Ignazio I concede un’intervista e dice: Vedete, non c’è niente che io odi più di arroganza e sicofanteria. Così, quando ho visto che non c’erano candidati degni per il Papato, ho deciso di fare quello che potevo per ritardare il più possibile il Conclave, in modo che i più indegni fossero presi dal Signore o non potessero votare, avendo raggiunto gli 80 anni. Così ho escogitato l’inganno che ho usato per ingannare tutti. E ha funzionato. Ma ora che il mio scopo ha raggiunto il suo meta, voglio ammettere che non sono mai stato Papa, perché non ho mai accettato la mia elezione a Sommo Pontefice. Pertanto, ora smetterò di fingere di essere Papa e tornerò a Madrid e mi godrò i miei ultimi anni di vita bevendo cerveza e guardando la squadra di calcio di Madrid. Addio e Adios!
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I limiti della discrezione
Così finisce il caso canonico immaginario che ho creato. Come potete vedere, cose strane possono accadere se la discrezione che noi cattolici tradizionalmente accordiamo ai cardinali va oltre ogni limite. In giustizia, quindi, dobbiamo ammettere che ci sono alcune cose che i Cardinali non possono fare anche se lo vogliono.
Una cosa che non possono fare, anche se lo vogliono, riguarda l’interpretazione dei testi verbali. Come traduttore di testi medievali, capisco bene che ci sono 3 modi per determinare il significato di qualsiasi frase oscura. La prima è intrinseca, la seconda estrinseca e la terza è referenziale.
I metodi intrinseci guardano al significato delle parole usate e alla loro struttura grammaticale. I metodi estrinseci guardano al contesto in cui la frase è usata e impongono una teoria su ciò che l’intento era nella mente dell’autore nell’usare la frase oscura. I metodi di riferimento cercano altre occorrenze della stessa frase oscura negli scritti dello stesso autore, dei suoi contemporanei o degli autori che ha letto o citato.
E come traduttore, ho imparato a fatica che il metodo peggiore dell’interpretazione è il metodo estrinseco. Il metodo intrinseco può essere usato ma richiede grande discrezione e una buona conoscenza dell’autore che si sta leggendo. Il metodo referenziale è il più certo, ma bisogna tener conto del fatto che ogni autore può usare frasi standard in modo leggermente diverso.
¡Viva Guadalajara!
Come si può vedere dal caso fittizio che ho costruito, può sorgere un grave errore quando chi dovrebbe interpretare il significato delle cose dette dal Papa usa il metodo estrinseco, adottando il contesto della frase e qualche teoria di quale fosse l’intento di chi lo diceva, e da questi due dati estrapolando il significato della frase.
Questo non è stato uno studio inutile. E anche se si può trovare questa storia divertente, questa non è stato il mio intento. Perché anche se riguarda ciò che potrebbe accadere nel primo momento in cui un uomo diventa Papa, un problema simile di interpretazione può sorgere nell’ultimo momento in cui un uomo è il Papa, cioè in un atto di rinuncia.
Perché, quando un uomo rinuncia al papato, il Canone 332 §2 richiede che dica qualcosa che significhi: In qualità di Romano Pontefice, rinuncio al munus che ho ricevuto nella Successione Apostolica da San Pietro, il giorno in cui ho accettato la mia elezione a Sommo Pontefice dal Collegio Cardinalizio.
Le parole non devono essere quelle che ho appena scritto, ma devono significare essenzialmente la stessa cosa.
Se l’uomo che è Romano Pontefice dice, però, “Io dichiaro che rinuncio al ministero che mi è stato affidato per mano dei Cardinali, il giorno in cui sono stato eletto”, allora sorge un problema. Perché non si trova nel Codice di Diritto Canonico, né nella Tradizione Canonica, né nella mente di Papa Giovanni Paolo II, il Legislatore in questo caso, una chiara equazione o predicazione di munus da ministerium. Quindi, sostenere che la rinuncia al ministero di papa Benedetto XVI significa una rinuncia al munus è un’interpretazione, infondata in diritto. Inoltre, i Cardinali, i Vescovi e il Clero che hanno questa interpretazione non hanno alcuna autorità nella legge ecclesiastica per interpretare l’Atto Papale in questo modo.
Dobbiamo essere adulti e ammettere questo problema di interpretazione.
E coloro che hanno commesso questo errore devono farsi adulti e smettere di insistere che li seguiamo in esso.
Dopotutto, l’estremismo religioso non consiste nel rifiutare un errore di interpretazione. L’estremismo religioso consiste nell’insistere, come l’ISIS, che accettiamo i loro errori di interpretazione, o altrimenti !
CREDITI: l’immagine in evidenza è della Cattedrale di Madrid è tratta dall’articolo di Wikipedia sulla facciata della Cattedrale di Madrid e viene utilizzata sotto la licenza wiki commons ivi descritta.
La Rinuncia è invalida per 6 ragioni
di Frà Alexis Bugnolo
Mentre i cattolici iniziano lo sforzo di far sapere al clero che sono stati defraudati della loro fedeltà al Vicario di Cristo il 28 febbraio 2013, è importante avere una breve sintesi dei problemi canonici nella dichiarazione di Papa Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013, Non solum propter. (Testo ufficiale qui al sito web del Vaticano)
Ecco un breve riassunto.
6 errori canonici nell’atto di rinuncia
- Nell’Atto, il Romano Pontefice rinuncia “al ministero affidato a lui attraverso le mani dei Cardinali” il giorno della sua elezione. Ma il canone 332 §2, nel testo ufficiale latino di quel canone, richiede che la rinuncia sia al “munus” petrino, cioè al’Ufficio Papale (cfr. canoni 331, 333, 334, 749). Pertanto, l’atto NON è una rinuncia al papato. Così, per quanto riguarda il canone 332 §2, l’atto è un ACTUS NULLUS. E se si dice o si pensa che sia un atto di rinuncia al papato, allora l’affermazione o la stima è falsa in ragione del Canone 188, che dichiara IRRITA qualsiasi rinuncia all’ufficio viziata da errore sostanziale, cioè da un errore che tocca la sostanza dell’atto (che, in questo caso, è costituita dall’essenza dell’atto come atto di rinuncia al munus, non del ministerium).*
- Nell’Atto, il Romano Pontefice non nomina l’ufficio con alcun termine canonico proprio, e quindi l’atto è anche un ACTUS INVALIDUS in ragione del requisito del canone 332 §2, che l’atto sia debitamente manifestato (rite manifestetur), poiché ciò che non viene nominato non è manifesto.
- Nell’Atto, la libertà del Romano Pontefice riguarda ciò che fa, non ciò che non fa, il che, non essendo egli non lo fa, che sia libero di farlo o meno, non è espresso. Pertanto, l’atto è un ACTUS INVALIDUS in ragione del requisito del canone 332 §2, che l’atto di rinuncia al munus sia eseguito liberamente (libere fiat).
- Nel fare una dichiarazione di rinuncia, invece di rinunciare, l’atto è anche un ACTUS NULLUS, perché il diritto canonico non considera le dichiarazioni come atti canonici. Sono solo annunci. (cfr. la sezione penale sugli annunci riguardanti persone che hanno subito scomunicazioni latae sententiae ipso iure).
- Nel fare quella che sembra essere una rinuncia al papato, senza nominare l’ufficio papale come richiesto dal Canone 332 §2, l’uomo che fa la dichiarazione, in quanto è l’uomo che ha ricevuto l’ufficio e che sta cercando di separarsi dall’ufficio, aveva bisogno di ottenere dall’uomo che è il Papa, una deroga esplicita ai termini del canone 332 §2, in virtù del canone 38, e poiché egli non ha fatto, poiché nell’atto non viene menzionata alcuna concessione di deroga a tale requisito, allora in ragione del canone 38, l’atto, essendo contrario alla legge del canone 332 §2 e gravemente lesivo del diritto dei fedeli di sapere chi sia il vero papa e quando sia canonicamente dimesso, è un ACTUS SINE EFFECTU, cioè un atto che manca di ogni effetto.
- Infine, rinunciando al “ministero”, il Romano Pontefice pone un atto giuridico che non è previsto dal Codice di Diritto Canonico, poiché in esso nessun canone parla di rinuncia al ministero. Pertanto, l’atto è un ACTUS NULLUS a norma di legge. Pertanto, secondo il canone 41, nessuno che abbia un ufficio nella Chiesa ha il dovere di riconoscerlo.
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* Non includo l’errore sostanziale come uno degli errori canonici dell’Atto, perché l’atto non è mai stato un atto di rinuncia all’ufficio papale. L’argomento che l’errore sostanziale vizia l’atto, tecnicamente, ha più a che fare con le percezioni errate o false affermazioni fatte sul valore canonico dell’atto, che con l’atto stesso. Parlare di errore sostanziale è quindi necessario quando si discute con qualcuno che opera sotto la falsa premessa che il Papa ha rinunciato al papato, ma alla fine si deve parlare della realtà di ciò che il Papa ha effettivamente detto in quel giorno, e distinguere quella realtà dall’idea sbagliata che è stata pubblicata in tutto il mondo.
P.S.: Si noti che nel titolo di questo post uso la parola “invalida” nel senso comune di un atto che non incide su ciò che si pensa che abbia effetti, ma propriamente parlando il termine dovrebbe essere “viziata” o “erronea”, perché come si può vedere dalla lista di 6 errori canonici, 3 riguardano la nullità, 2 riguardano l’invalidità, e 1 riguarda l’essere senza effetto.
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