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Anno Domini 1058: l’anno in cui Sant’Ildebrando salvò per sempre la Chiesa Cattolica

Un racconto della storia, di Frà Alexis Bugnolo

Quando parliamo di storia, spesso iniziamo i nostri racconti ripercorrendo gli eventi di un anno in cui si sono verificati fatti memorabili, unici e che hanno cambiato il mondo.

Nella Chiesa cattolica facciamo spesso lo stesso, soprattutto perché la nostra Santa Religione si basa su eventi storici che possono essere associati con precisione a luoghi e tempi specifici.

Tali date sono il 25 marzo del 2 a.C., a Nazareth, nella Santa Casa della Madonna, nell’ultimo giorno della Festa della Pasqua, quando l’Arcangelo Gabriele annunciò a Lei il piano di salvezza di Dio, e Lei disse: “Sia fatto di me secondo la tua parola!”

Oppure il 33 d.C., il 3 aprile, alle 15:00, sul Monte Golgota, quando Nostro Signore e Salvatore espiò tutti i peccati del mondo, offrendo la Sua vita a Dio Padre sul Legno cruente della Croce.

Oppure il 20 maggio 325, nel Palazzo Imperiale di Nicea, in Asia Minore (oggi Turchia), dove l’imperatore Costantino convocò e riunì, tramite il suo rappresentante, il vescovo Osio di Cartagena in Iberia (oggi Spagna), il primo Concilio Ecumenico con il consenso di papa Silvestro I di Roma.

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Ma una data o un anno, di cui i cattolici probabilmente non hanno mai sentito parlare, ma che è altrettanto importante per l’esistenza della Chiesa cattolica, è l’anno del Signore 1058.

Altrettanto importante, dico, dal punto di vista della giurisprudenza, perché proprio come l’identità di un’associazione di persone è, dal punto di vista del diritto, l’identità di un’istituzione secondo il suo fondamento giuridico e la sua continuità da esso, così l’identità della Chiesa cattolica come vera Chiesa di Cristo Gesù si fonda non solo sugli eventi fondanti della sua storia, ma anche su quei momenti della sua storia che sono stati decisivi per preservarne la continuità giuridica nel tempo.

E l’anno del Signore 1058 fu uno di questi anni!

La crisi del 1058

L’importanza del 1058 inizia con il peggioramento delle condizioni di salute di papa Stefano IX, che morì il 29 marzo 1058 a Firenze, tra le braccia del suo confratello benedettino, sant’Ugo di Cluny. Prevedendo il disastro che stava per abbattersi su Roma dopo la sua morte, con il desiderio della corrotta nobiltà romana di tornare all’immoralità dei decenni precedenti, il Santo Padre impose con giuramento al clero e alla nobiltà della Città Eterna di non convocare un’Assemblea Apostolica per eleggere il suo successore fino al ritorno del suo arcidiacono Sant’Ildebrando di Saona dalla corte imperiale di Goslar, in Turingia, Germania, per presiederla. Così racconta Bonzio di Sutri nella sua storia dell’epoca.

Ma non appena i nobili della città vennero a conoscenza della morte di papa Stefano IX, poco dopo il suo arrivo a Firenze per incontrare Sant’Ugo, nella notte del 4 aprile irruppero nella città con truppe armate e imposero l’elezione di Giovanni Minucio, vescovo di Tusculo, come papa Benedetto X il 5 aprile 1058, appena una settimana dopo, non appena giunse la notizia a cavallo.

Stefano IX, in vita, si chiamava Federico, e suo fratello era Goffredo il Barbuto, duca di Lorena (ora Belgio-Francia nord-occidentale). E così, alla sua morte, suo fratello inviò immediatamente 500 uomini armati per mettere in sicurezza la città di Roma. Arrivarono troppo tardi per intervenire.

Giovanni Minucio fu nominato cardinale da papa Stefano IX nel 1050 d.C. E non era un nessuno, poiché Federico di Lorena, il futuro papa Stefano IX, lo aveva nominato Giovanni papa nelle elezioni papali del 1057, che invece scelsero Frederico. Si era detto che Giovanni fu costretto ad accettare la sua elezione a papa.

Il cardinale Pietro Damiano denunciò immediatamente l’illegittimità dell’elezione e anatemizzò i responsabili. Per la sua sicurezza personale dovette fuggire dalla città. I cardinali Umberto e Pietro di Tuscolo fuggirono a Benevento e dichiararono irregolare l’elezione.

Quando Sant’Ildebrando tornò dalla Germania, trovò la città di Roma nelle mani dei sostenitori di Benedetto IX e dichiarò l’elezione invalida per violazione del precetto imposto da papa Stefano, secondo cui Sant’Ildebrando, il futuro papa Gregorio VII, doveva essere l’elettore sine qua non la cui presenza avrebbe reso l’elezione legalmente convocata.

La soluzione del 1058

Così, nel maggio del 1058, l’arcidiacono Sant’Ildebrando e il cardinale San Pietro Damiano, insieme al cardinale Umberto di Selva Candida, convocarono un’Assemblea Apostolica a Siena, in Italia (a circa 3 ore di macchina a nord di Roma), ed elessero Gerardo di Borgogna, vescovo di Firenze.

Gerardo assunse il nome di Niccolò II.

Gerardo contava sul sostegno di Gerardo il Barbuto di Borgogna, margravio di Toscana, e di Wilberto di Ravenna (alias Guiberto di Parma), cancelliere imperiale d’Italia. Inviò quindi Sant’Ildebrando come suo legato presso di loro e alla corte imperiale di Goslar, in Germania, per assicurarsi il diritto al papato.

San Ildebrando, dopo aver raggiunto questo obiettivo, tornò con entrambi i nobili a Siena, dove proclamarono Gerardo papa Niccolò II il 6 dicembre 1058, circa sei mesi dopo.

Quindi marciò su Roma con le forze armate del margravio di Toscana e, fermandosi a Sutri, convocò il secondo concilio provinciale di Sutri e dichiarò Benedetto X deposto come antipapa e usurpatore.

Il 24 gennaio 1059, Niccolò II fu intronizzato a Roma come Pontefice Romano, e da quella data si conta normalmente il suo pontificato.

La legalità dell’elezione di Papa Niccolò II

I sostenitori dell’antipapa Benedetto X contestarono la legalità dell’elezione di Niccolò II II per i successivi 130 anni nelle cronache dei monasteri locali.

Questa contestazione si basava su fatti evidenti, ovvero

  1. L’elezione di Niccolò II avvenne fuori dalla città di Roma, in violazione di tutti i precedenti.
  2. L’elezione di Niccolò II avvenne in secondo luogo rispetto all’elezione di Benedetto X.
  3. L’elezione di Niccolò II fu effettuata da una minoranza di cardinali.
  4. L’elezione di Niccolò II non fu approvata dall’intero clero e dal popolo al momento della sua elezione a Siena nel maggio e nel dicembre del 1058.

Tuttavia, la rivendicazione legale di papa Niccolò II di essere il vero pontefice romano si basava su un argomento ancora più forte, ovvero:

  1. che l’elezione di Benedetto X era stata ottenuta con la forza delle armi;
  2. che l’elezione di Benedetto X era stata condotta in violazione del numero degli elettori, ovvero negando a Sant’Ildebrando, l’arcidiacono, la possibilità di essere presente.

I principi giuridici confermati dal Magistero papale infallibile

Per i quattro secoli successivi e, di fatto, fino ai giorni nostri, la Chiesa cattolica e tutti i veri papi hanno riconosciuto come legittima l’elezione di Niccolò II, in virtù di due principi giuridici oggi riconosciuti dal diritto canonico:

  1. Poiché la coercizione distrugge la libertà, un voto o un’elezione ottenuti con la coercizione sono illegittimi e quindi irritus, da considerarsi come mai avvenuti (cfr. CIC 1983, Canone 125 §1)
  2. Poiché la violazione delle procedure obbligatorie produce un’elezione illegittima, tutte le votazioni effettuate in violazione di tali procedure portano a un’elezione che è irritus, da considerarsi come mai avvenuta (cfr. CIC Canoni 42 e 124 §1).

Questi principi sono affermati nell’attuale legge papale, Universi Domini Gregis, al n. 76, dove si legge nella traduzione italiana del Vaticano:

76. Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta.

Insegnamento magisteriale di papa Niccolò II

L’insegnamento magisteriale di papa Niccolò II su questo argomento è stato sancito nella sua bolla In Nomine Domini, n. 3, nell’aprile del 1059, dove si legge:

§ 3. Pertanto, se la perversità degli uomini depravati e iniqui prevale a tal punto che non è possibile tenere un’elezione pura, sincera e libera nella Città, i Cardinali Vescovi con i Chierici religiosi e i laici cattolici, anche se pochi, ottengano il diritto di potere (ius potestatis) di eleggere il Pontefice della Sede Apostolica, dove ritengano più opportuno. Chiaramente, una volta completata l’elezione, se dovesse scoppiare un conflitto bellicoso e/o se la lotta di qualsiasi tipo di uomini resistesse con la serietà della malvagità, tale che colui che è stato eletto non potesse prevalere per essere intronizzato nella Sede Apostolica secondo la consuetudine, tuttavia, che l’eletto ottenga come Papa l’autorità di governare la Chiesa Romana e di disporre di tutte le sue facoltà, che il Beato Gregorio, come sappiamo, fece prima della sua consacrazione.

Questo insegnamento non è solo disciplinare, ma anche dottrinale, poiché la Chiesa ha sempre considerato valido il principio applicato all’elezione di Niccolò II nell’anno precedente alla sua elezione a papa.

Inoltre, quando si comprendono le circostanze storiche dell’elezione di Niccolò II, in confronto alla sua Bolla, si nota un sorprendente triplice livello di sicurezza: che quando c’è stata un’elezione la cui validità sia stata compromessa con qualsiasi mezzo, entrano in vigore 3 diritti per garantire l’elezione giuridicamente valida di un candidato onesto da quelli che riconoscono la prima elezione quale invalida:

  1. il diritto di voto dell’elettorato originario dell’intera Chiesa Romana, Cardinali, Clero e Laico,
  2. il diritto di tenere l’elezione ovunque e
  3. il diritto di agire validamente anche con qualsiasi numero esiguo di membri dell’elettorato originario.

Pertanto, sebbene questa bolla non sia più in vigore dal punto di vista giuridico, il suo insegnamento rimane valido nei casi in cui l’attuale diritto papale non prevede alcuna disposizione.

Come San Ildebrando difese la Chiesa da tutti i futuri antipapi

Ed è così che San Ildebrando salvò per sempre l’identità giuridica della Chiesa cattolica come Chiesa di Cristo, poiché con la sua decisione di opporsi alla pretesa illegittima di Benedetto X al papato, portò alla luce i principi della Legge Naturale per guidare tutte le generazioni future, che possono essere riassunti in queste regole:

  1. Un’elezione che viola i precetti relativi alla procedura rende l’elezione irritus, cioè priva di valore giuridico (Cf. CIC 1983, Canone 124 §1)
  2. Un’elezione in cui si verifica una coercizione, tale da determinare un voto diverso da quello che sarebbe stato, è illegittima (Cfr. CIC 1983, Canoni 125 §1 e 170)
  3. Un’elezione senza il numero corretto di elettori è invalida (Cfr. CIC 1983, Canoni 119 §1, 161 §3 e 172 §1)
  4. Tutti coloro che hanno diritto di voto, quando votano in un’elezione illegittima per il Papa, subiscono la decadenza del loro diritto per l’atto di entrare in scisma da Cristo aderendo a un uomo come papa che NON è il papa. (Cfr. CIC 1983, Canoni 1364 e 1331 §1)

E questi sono proprio i principi incarnati nella risposta Cattolica qui a Roma, in questo anno del Signore 2025, al misfatto dei cardinali che hanno eletto Prevost come “Leone XIV” con 133 voti, nonostante la Legge Papale vieti più di 120 elettori (UDG n. 33) e proibisca l’uso di dispense (UDG n. 4) per consentirne più di 120.

Per diffondere quest’articolo in formato stampato (A4) scarica qui il PDF.

Anno Domini 1058

Giovanni Paolo II lottava con la Mafia di San Gallo

Mons. Ivo Fürer, il vescovo emerito di Sankt Gallen, nella Svizzera, recentemente ha raccontato la storia della Conferenza Episcopale di Europa tra gli anni 1971 e 1996, nel suo libro intitolato: Die Entwicklung Europas fordert die Kirchen heraus: Die Tätigkeit des Rates der Europäischen Bischofskonferenzen (CCEE) von seiner Gründung 1971 bis 1996, disponibile in rete in forma di PDF (qui).

Il Monsignore sa bene la storia, perché è stato segretario della Conferenza dal 1975 fino al 1993.

Nel suo libro egli dettaglia le sforze fatte da Papa Giovanni Paolo II per diminuire il potere del gruppo di Sankt Gallen. Per esempio, nel 1993, il Vicario di Cristo ha cambiato le regole di elezione per la presidenza della conferenza per fare impossibile che il Cardinale Martini sia eletto di nuovo.

Il Papa voleva che l’esempio di martirio e di fede dei vescovi di Europa orientale sia alla guida della Conferenza. Egli sosteneva che la Conferenza faceva poco niente a promuovere la Fede Cattolica in Europa.

Dopo la manovra di Papa Giovanni Paolo per escludere Cardinale Martini dalla Conferenza, il Cardinale si fece capo del gruppo di Sankt Gallen, i membri di cui in 2006 hanno rinominato il gruppo: la Mafia di San Gallo.

Jorge Mario Bergoglio da 2005 fino a 2013 era riconosciuto come il successore di Martini quale capo del gruppo. — Il Mons. Ivo Fürer diceva, in suo riguardo, che non poteva nascondere la sua felicità di vedere il Bergoglio vince nel Conclave di 2013.

Non fa sorpresa quindi, che il Bergoglio fa tutto per distruggere l’eredità del Papa polacco.

CREDITS: L’immagine in evidenza si trova sulla pagina, Giovanni Paolo II di Wikipedia italiana, come nel dominio pubblico.

Lo Scisma di Anacleto II E Cosa Possiamo Imparare da Esso

Un esempio storico per i nostri giorni

di Frà Alexis Bugnolo

La Chiesa in materia di fede e morali è infallibile. Ma questa verità non significa che i membri della Chiesa non possano cadere in errore in riguardo ai fatti di storia.

Questa è vera specialmente in nostra epoca mediatica in cui le notizie che sentiamo sono spese espresse in un modo per fare capire qualche altro che la realtà degli eventi storici. Questa modificazione delle notizie si chiama il “controllo del narrativo”, un trucco dei marxisti e di quelli che vogliano dominare la gente tramite la bugia e la non verità.

In riguardo alla Rinuncia di Papa Benedetto, anche se ogni indagine e critica dell’atto mette in evidenza la sua non conformità ai requisiti del canone 332 §2, si sente continuamente l’appello al fatto che, se tutti lo credono valido deve essere valido! Tutta la Chiesa non possa essere in errore in riguardo a chi sia il papa!

Ma la storia dello scisma di Anacleto II confuta queste repliche. Perché una volta, per 8 anni, la Chiesa di Roma seguiva un antipapa senza la conoscenza che era antipapa.

Si parla degli anni di 1130-1138 in cui tutti due, Gregorio Papareschi e Pietro Pierleoni, lottavano per il papato.

La storia è ben conosciuta (qui per Papa Innocenzo II e qui per l’antipapa Anacleto II*): il 14 Febbraio 1130, il Cardinale Gregorio Papareschi, Deacono di SantAngelo fu eletto papa con il nome di Innocenzo II. In seguito, la maggioranza dei Cardinali dichiarando l’elezione invalida hanno scelto Pietro Pierleoni, il Cardinale prete di Santa Maria in Trastevere.

Lo scisma era unico per la storia della Chiesa di quel tempo, come descrive il Pier Fausto Palombo nella sua, Le doppie elezioni del 1130 e del 1159 e il giudizio di Alessandro III e della sua età sullo scisma precedente**:

… uno scisma anomalo, in quanto sorge spontaneo dal seno stesso della curia, senza sollecitazioni esterne, e si allarga là dove trova il terreno favorevole per contrasti, locali o ideologici, …

Il popolo romano non sapeva della legittimità dell’elezione di Papa Innocenzo per quasi 4 anni, e lo scisma durava in toto 8 anni. La Chiesa Cattolica era divisa in due campi, ma al fine Papa Innocenzo II, eletto secondo la norma di un provvedimento speciale di Papa Onorio II, poco conosciuto fuori la sua corte al tempo della sua morte, prevalse.

Questo scisma in seguito è stato citato sempre dai canonisti come esempio di diritto per dimostrare che colui che è eletto legittimamente non è colui che la maggioranza pensa di essere eletto legittimamente, è piuttosto colui che è stato eletto secondo la norma vigente al tempo dell’elezione.

Quindi, la regola di verità in tali casi è sempre la norma della legge, non la detenzione di potere di uno con pretese al papato nè il parere della maggioranza dei Cardinali nè l’opinione comune del popolo romano.

Inoltre, lo scisma in senso retto e cattolico è sempre il peccato di colui che non è il papa secondo la norma della legge, non dei seguaci di colui che è il papa secondo la norma della legge.

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* Anche se la conferenza su Anacleto II, svolta curiosamente il 10-12 Aprile di 2013 provava a fare sembrare che Pierleoni era il vero papa.

** Atti del Convegno di Studi su Alessandro III nel VIII Centenario della morte, (Civita Castellana, 30 ottobre 1981), Viterbo, Centro di studi sulla civiltà comunale, 1985, pp. 181-241, citato in Le “immagine” e lo scisma di Innocenzo II e Anacleto II in Aquitania (1130-1138), del Dott Giorgio Milanesi, Università degli Studi di Parma. Disponibile in rete in formato PDF.

CREDITS: L’immagine di Beato Innocenzo II in evidenza si trova in dominio pubblico secondo le informazioni pubblicate in rete.

Il Vaticano ha saputo dell’invalidità della Rinuncia per 6 anni

Ecco le prove

di Frà Alexis Bugnolo

Il Vaticano ha sempre saputo che l’Atto di Rinuncia di Papa Benedetto non era conforme ai requisiti del Codice di Diritto Canonico di Papa Giovanni Paolo II, e le prove documentali per dimostrare il fatto sono state pubblicate dal Vaticano per 6 anni.

Quest’affermazione sembra totalmente assurda, fino a quando non si guardano le prove, prove che sono state visibili da tutto il mondo per quelli che aprono gli occhi per vederle. In questo articolo, dunque, esamineremo in modo forense le prove, che sono di pubblico dominio.

Il Codice di Diritto Canonico richiede che l’uomo che è Papa si dimetta in modo specifico, come dice il Canone 332 §2:

§ 2. Si contingat ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero ut a quopiam Acceptetur.

La traduzione letterale di questa Canone è:

§2. Se succede che il Romano Pontefice rinuncia al suo MUNUS, è necessario per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e manifestata debitamente, ma non che sia accettata da chiunque.

Ma il testo della rinuncia nell’originale latino recita così:

Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare

La traduzione corretta di questo testo chiave è:

Per quale motivo, ben consapevole del peso di questo atto, dichiaro con piena libertà di rinunciare al ministero del vescovo di Roma, successore di san Pietro, affidato a me dalle mani dei Cardinali il 19 aprile 2005, …

Questo lampante ERRORE di confondere l’oggetto ESSENZIALE di una rinuncia papale per quanto riguarda il Ministero petrino anziché il Munus petrino ha reso l’atto privo di effetti giuridici (cfr. Canoni 126 e 188).

MA PER NASCONDERE QUESTA INVALIDITÀ, il Vaticano HA PUBBLICATO traduzioni FALSIFICATE dell’atto, che in particolare alterano la natura dell’atto e nascondono tale invalidità. Questo è stato uno degli atti chiavi e necessari del Coup d’etat, del febbraio 2013, di cui ho scritto in precedenza. Dico, “coup d’etat” perché dal momento si capisce che la rinuncia era invalida ogni pretesa per fare una conclave è illegittima sia secondo il canone 359 sia secondo la legge papale per i conclavi, Universi Dominici Gregis, n. 37.

Quindi, esaminiamo da vicino quali sono le falsificazioni nelle traduzioni dell’atto pubblicato a vatican.va per più che se anni.

Le FALSIFICHE sono queste:

  1. In tutte le traduzioni (eccetto la tedesca), la doppia occorrenza della parola MUNUS, nell’originale latino è NASCOSTA traducendola con la stessa parola usata per tradurre il latino MINISTERIUM, che si verifica tre volte nel testo.
  2. La sintassi della clausola dell’effetto che segue il verbo RENUNTIARE in latino, è stata modificata per far sembrare che consenta a un significato metanmico, quando la sintassi latina non consente A TALE lettura.
  3. La sintassi della seconda clausola indipendente che segue DECLARO è stata modificata per far apparire come un comando definitivo per convocare un Conclave.

La prima falsificazione ha l’effetto di nascondere dalla Chiesa universale il fatto che Papa Benedetto XVI sa bene distinguere il Munus petrino dal Ministero petrino, e che il suo intento chiaramente era solamente di rinunciare al Ministero petrino.

La seconda falsificazione ha l’effetto di far sembrare che l’atto di rinuncia non consiste nella rinuncia al ministero sola ma nella rinuncia al ministero per effettuare una sede vacante, un significato che la sintassi del testo latino non lo consente, perché in latino ita ut introduce una clausola di intento puro non una clausola relativa di caratteristica.

La terza falsificazione ha l’effetto di far sembrare che Benedetto ha dato un commando ad indire una conclave subito.

Ora, dato che TUTTE le traduzioni (eccetto la tedesca) hanno questi errori, è chiaro che il Vaticano ha DELIBERATAMENTE E CON INTENTO travisato la natura dell’Atto Papale per far sembrare che sia conforme alla norma di canone 332 §2 nel Codice di Diritto Canonico di 1983.

Si possa confermare questi fatti al sito ufficiale per l’Atto di Rinuncia: http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/la/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130211_declaratio.html dove si trovano tutte le traduzioni ufficiali del testo letto da Papa Benedetto il 11 Febbraio 2013.

Quindi, non si doveva essere una sorpresa che il Vaticano dopo la conclave di 2013 ha falsificato altri scritti di Papa Benedetto come il Tosatti nota qui.

CREDITS: L’immagine in evidenza si trova al blog di Tosatti senza notificazione di diritti intellettuale. In essa si vede la lettera papale falsificato dal Vaticano in 2018, la quale lettera sembra semplicemente annunciare le lode di Benedetto per gli scritti di Bergoglio.

Ecco la Sig.ra Giovanna Chirri, madre della Rinuncia al Papato

Come è successo che tutto il Mondo
crede che Papa Benedetto XVI
ha rinunciato al papato?

di Frà Alexis Bugnolo

Alle spalle di ogni grand’uomo, c’è una donna e dietro ogni grand’atto di un uomo, l’insistenza di una donna.

Oggi tutto il mondo, quasi, crede che Papa Benedetto XVI ha rinunciato al papato il 11 Febbraio 2013.

Così, cari lettori, forse pensate anche voi.

Ma la verità è stata oscurata a cagione della presunzione psicologica portata dall’annuncio della Sig.ra Giovanni Chirri. Sì!

Ma forse non l’avete mai sentito? A ragione del tweet della giornalista Giovanni Chirri, di ANSA, quasi tutti di noi hanno sentito:

Questo tweet è infatti l’annuncio primo della Rinuncia papale. Esso è stato subito la causa della fama della Sig.ra Chirri. Ha lasciato qualche intervista per la storia affinché possiamo capire giustamente la serie di eventi di quel giorno. Ecco la sua testimonianza pubblicata in Famiglia Cristiana il 11 Feb. 2016:

Benché il Concistoro a quel punto debba essere finito, il Papa resta seduto, e comincia a leggere, sempre in latino, da un foglio bianco che tiene in mano. Dice subito due cose: che non ha convocato i cardinali solo per i decreti delle canonizzazioni, ma deve dire una cosa “importante per la vita della Chiesa”, e che sta diventando vecchio: “ingravescente aetate”. A queste parole è come se una mano mi afferrasse la gola e mi si gonfiasse un palloncino dentro la testa: la “Ingravescentem aetatem” è il documento con cui Paolo VI tolse ai cardinali ultraottantenni il diritto di eleggere i papi, sono le parole per il pensionamento.Benedetto XVI continua a parlare nel suo latino che per fortuna mi suona molto più comprensibile di quello del cardinale Amato, parla a lungo, dicendo di non aver più le forze per governare la barca di Pietro in un mondo sempre più veloce. Spiega che in coscienza ha deciso di lasciare, che i cardinali dovranno tenere un conclave per l’elezione del successore e stabilisce l’inizio della sede vacante alle 20 del 28 febbraio.

Io sento ma è come se non sentissi, continua a mancarmi il fiato e le gambe mi tremano da seduta, la sinistra non riesco proprio a tenerla ferma, neppure bloccandola con il palmo della mano. Comincio a telefonare a raffica cercando aiuto e conferme. In Vaticano, dove ovviamente tutti avevano altro a che pensare, nessuno mi risponde. Sono in preda ad una sensazione di terrore che non ho mai provato in vita mia. Intanto papa Ratzinger ha finito di parlare. Alcuni volti dei presenti sono attoniti, monsignor Guido Pozzo, vicino a lui, sembra impietrito, diversi porporati hanno lo sguardo fisso e i muscoli facciali immobili. Nel silenzio irreale il decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, dice, in italiano, che “la notizia ci coglie come un fulmine a ciel sereno”.

Nella lettura di questa testimonianza si vede subito che dopo 3 anni ha capito il suo errore in parte. Non parla più di una rinuncia al papato, ma espressamente parla di una rinuncia al ministero.

Quindi, se il 11 Febbraio 2013, la Signora Chirri ha annunciato al mondo una cosa, e tre anni dopo ha spiegato che Benedetto ha rinunciato ad un’altra cosa, forse dobbiamo svegliarci dalla presunzione che il primo annuncio è stato giusto? Si pensa di sì!

Fate paragone con la sua testimonianza un anno dopo la rinuncia, in una intervista con Antonio Sanfrancesco, sempre della Famiglia Cristiana, in un articolo intitolato, La Giornalista che diede la notizia, Non rispiravo, ero terrorizato (qui). Un titolo che non indica al lettore una mente precisa al quel momento storico.

Questa storia, e il cambio nella narrativa, è importante per tutti noi, perché  secondo la norma di Diritto Canonico non si trova nessun canone che riguarda una rinuncia al ministero!  Questo è perché nel Codice di Diritto canonico di 1983, il ministero non è associato al potere o all’ufficio, soltanto all’azione o all’esecuzione di incarico o di dovere. In più, in canone 1331 §2 °4, il ministero non si trova nell’elenco di quelle cose che sono vietate a una persona scomunicata! Quindi, una scomunicata possa conseguire un ministero nella Chiesa!

Ovviamente, se la cosa secondo il suo genere a cui Papa Benedetto ha rinunciato il 11 Febbraio 2013 è una cosa che qualcuno non in comunione con la Chiesa o con il Papa possa esercitare, come sia possibile che in rinunciandole Papa Benedetto XVI ha separato se stesso dall’ufficio papale? Che contraddizione! Non è proprio ragionevole pensare così!

Quindi, la Sig.ra Chirri non sembra di difendere più il suo tweet di 11 Febbraio 2013, quando ha detto:

Infatti, leggiamolo rigorosamente:  contiene le parole dimesso, lascia e pontificato. Ma è evidente che nell’atto della rinuncia, Papa Benedetto non ha usato in Latino termini che significano dimesso, lascia o pontificato!

Quindi, in senso proprio e rigoroso, il suo tweet è stato una interpretazione o imposizione di significato che emanava dalla sua mente in quel momento di sconvolgimento quando come giornalista voleva avere un “scoop” prima che tutte le altre giornaliste.

Adesso, comunque, forse è tempo per riconoscere che nessuno di noi sia obbligato più a capire l’atto della rinuncia secondo la mente della madre della rinuncia papale.  Dico, “la madre della rinuncia” perché nel cospetto del mondo intero, ha dato senso all’atto: un significato che tutti che studiano il Diritto canonico si sforzano per trovarlo nel Codice, ma non lo trovano.


CREDITS: Testo di Famiglia Cristiana citato dall’articolo citato qui sopra. L’immagine in evidenza, della Sig.ra Chirri trovato sulla pagina di Famiglia Cristiana nel articolo di 11 Febbraio 2014, citato qui sopra, ma senza attribuzione di proprietà intellettuale. Si presume fair use per tutti due. Il tweet di Chirri è replicata dal suo conto su Twitter che è ancora in rete.