Norme Canoniche che influiscano sull’elezione del Romano Pontefice secondo diritto apostolico

di Fra’ Alexis Bugnolo

Poiché i fedeli cattolici della Chiesa di Roma considerano l’elezione del Romano Pontefice per diritto apostolico, vi sono alcune norme canoniche che devono essere tenute presenti per evitare che sorgano dubbi sulla validità dell’elezione. (Cfr. articoli precedenti al FromRome.info sull’argomento, qui, qui e qui)

Mentre si potrebbe sostenere che un’elezione condotta per diritto apostolico sia libera dall’obbligo di osservare tutte le norme canoniche di per sé, tuttavia l’opinione migliore è che, poiché un papa dubius è un papa nullus, quelle norme che riguardano la legge naturale devono essere osservate e si tenga conto di quelle norme generali che riguardano il diritto ecclesiastico.

Ripassiamo dunque le norme del Diritto Canonico in materia di elezioni, e raccogliamo insieme i principi che si devono osservare per l’elezione del Romano Pontefice, nella circostanza straordinaria in cui nessun Cardinale Elettore entra in conclave per eleggere il Romano Pontefice, dopo la morte di un Romano Pontefice validamente eletto, legittimo, cioè eletto per ricevere il munus petrino e di fatto lo ha ricevuto.

In primo luogo, va notato che nessuno può ricevere il munus petrino, se c’è già qualcuno che lo detiene. E nessuno può cessare di possederlo se non muore o vi ha espressamente rinunciato con atto giuridico. Inoltre, nessuno può essere eletto a riceverlo, mentre qualcuno lo detiene, e dopo la sua morte o rinuncia ad esso, considera sufficiente la rivendicazione della sua elezione priore per ottenerlo. Le elezioni devono essere posteriori nel tempo alle condizioni adatte per la validità di una elezione. Così Jorge Mario Bergoglio non ha mai detenuto il munus petrino e con la sua pretesa di 10 anni non ne ha alcun diritto.

In secondo luogo, l’elezione del Romano Pontefice in tali circostanze straordinarie, esige che gli elettori siano convocati in un determinato luogo e ora dal presidente del collegio degli elettori, quando tale presidente sia fisicamente presente nel luogo di convocazione (cfr can. 166 ). Questo Papa Benedetto XVI già ha fatto nella sua Declaratio di 11 Feb. 2013, quando ha dichiarato che l’elezione del suo successore si deve fare da quelli che sono competenti.

Non è necessario dire, perché è ovvio, che se la convocazione fosse fatta da chi non è membro della Chiesa di Roma, allora tale convocazione ed elezione in quel luogo sarebbe del tutto invalida. E questo è ovvio, perché l’autorità che convoca deve essere per diritto naturale parte dell’elettorato o avere diritto per legge a fare tale convocazione. Diversamente, l’atto non è un atto giuridico dell’elettorato, ma è l’imposizione di una volontà straniera ad esso estranea.

Terzo, tutti gli elettori devono essere convocati in un luogo pubblico. L’elezione non sarebbe valida, a meno che non ci sia almeno un tentativo di farlo. Così, se alcuni elettori, senza avvisare gli altri, si riunissero insieme, in segreto o in pubblico, l’elezione non sarebbe valida. Né possono escluderne altri in ragione di alcuna argomentazione, poiché a norma del diritto nessuno è presunto ineleggibile se non lo è per inosservanza di qualche norma canonica. Pertanto, qualsiasi chierico incardinato in qualsiasi diocesi della Chiesa romana (Roma o qualsiasi delle sue diocesi suburbicarie), qualsiasi religioso di un istituto di rito diocesano fondato da uno qualsiasi di questi vescovi in una qualsiasi di queste diocesi e residente in esse, e qualsiasi laico. E questo senza riguardo ad alcuna precedente opinione che potessero aver avuto, perché, è sufficiente che in questa assemblea dichiarino che Benedetto XVI è stato l’unico e solo Romano Pontefice fino alla sua morte, perché tutti siamo stati vittime in qualche modo o un’altra delle false narrazioni, e sono pochissimi tra noi che dall’11 febbraio 2013 non si sono fatti ingannare.

Quarto, l’elezione non sarà valida se è consentito votare a un non elettore (canone 169). Pertanto, nel caso di specie, non possono essere ammessi all’assemblea persone estranee alla Chiesa di Roma (coloro che non siano membri della Chiesa di Roma da almeno 1 anno di residenza nel territorio della Diocesi di Roma o da un Diocesi suburbana). Ma ragionevolmente, poiché l’assemblea sarà numerosa, questa limitazione ha a che fare con coloro che parlano durante l’assemblea e coloro che votano, poiché sarebbe quasi impossibile umanamente parlando assicurare che nessuno nell’assemblea sia un non elettore . Ma dovrebbe essere intrapresa la dovuta diligenza per escluderli.

Quinto, coloro che si radunano nel luogo di convocazione non possono essere sottoposti ad alcuna coercizione (can. 170), altrimenti l’elezione sarebbe invalida. Tra le cause che invalidano l’elezione vi sono quelle che ne impediscono di fatto la deliberazione dell’azione, cioè a mio avviso, comprensiva anche di un eventuale controllo psicologico di persone estranee alla Chiesa di Roma.*

Sesto, secondo il canone 171, non possono votare:

  1. Coloro che sono incapaci di un atto umano (cioè senza l’uso della ragione), per età o infermità.
  2. Coloro che non sono elettori.
  3. Coloro che sono stati scomunicati in forza di una sentenza giudiziale, decretale, cioè inflitta o annunciata.
  4. Coloro che notoriamente si sono separati dalla Chiesa cattolica (entrando in un gruppo che rifiuta in linea di principio la comunione con la Chiesa o con i suoi membri)

L’elezione di un particolare candidato sarebbe nulla se, come afferma il canone 171, gli elettori fossero stati preventivamente indotti, per timore o astuzia, applicati direttamente o indirettamente, a votare per un determinato candidato, sebbene la legge naturale non richieda che il voto sia segreto, a maggioranza dei due terzi. Credo che il voto dovrebbe essere contato e il modo di votare essere determinato, cioè contando i voti personali.

Il can. 173, quindi, afferma che il primo atto dell’elettorato dovrebbe essere quello di designare gli scrutatori del voto e la modalità di presentazione del voto, cioè dove gli elettori devono presentarsi per dichiarare il proprio voto. Penso che sarebbe meglio che ogni elettore si presentasse agli sportelli e dichiarasse il suo candidato. I voti non devono superare gli elettori, e quindi, penso che sarebbe necessario consentire solo a coloro che possono votare, entro una certa barriera, per impedire, al momento del voto, l’ingresso di persone estranee.

Il can. 174 consente, per legge naturale, che gli elettori nominino uno di loro a votare in loro vece durante l’assemblea. Ma questo è problematico, perché come potrebbe essere verificato giudizialmente senza documentazione scritta, che potrebbe essere contraffatta? Per questo motivo, farebbe sorgere un dubbio e renderebbe invalida l’elezione.

Il can. 177 richiede che l’eletto ne sia informato entro 8 giorni dall’elezione. Se non accetta, l’assemblea deve riunirsi di nuovo.

Can. 178, l’eletto, che accetta, riceve subito il munus petrino. Deve accettare per mezzo di parole che naturalmente, chiaramente e abitualmente si usano, come dicendo: “Accetto la mia elezione all’ufficio di Romano Pontefice” ecc.

Infine, il candidato da eleggere, deve essere uomo, cattolico, e avere almeno l’età della ragione, avendo ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Cresima. Deve essere celibe, cioè non vincolato attualmente da matrimonio sacramentale o civile a nessun’altra persona. Deve avere il libero uso della ragione. Il dubbio su questo, come quello che potrebbe sorgere da una persona che ha permesso che la nanotecnologia fosse iniettata nel suo corpo, dovrebbe escludere tali candidati.

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** Questa è una coercizione morale del tipo come qualcuno che non può votare potrebbe dire a chi votare, sotto minaccia di dannazione spirituale. Questo sarebbe il peggior tipo di abuso spirituale. Gli elettori, cioè coloro che possono votare, sono completamente liberi e non dovrebbero esercitare il loro voto sotto costrizione. Se non possono liberamente scegliere autonomamente, non sono eleggibili, a norma del can. 171.

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