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La sovrana e insindacabile Affermazione del Romano Pontefice

Le ragioni per cui Benedetto XVI
è l’unico vero Papa

di Giovanni Episcopo

3 Novembre 2016

“Siccome la questione, com’è normale che sia, ritorna spesso, credo utile sintetizzare le fondatissime ragioni per le quali, per quanto mi concerne, Sua Santità Benedetto XVI rimane l’unico vero Vicario di Gesù Cristo, Sommo Pontefice della Chiesa universale.

L’11 febbraio 2013, dunque, Benedetto XVI, nel corso di un Concistoro pubblico in cui veniva decisa anche la canonizzazione dei Martiri di Otranto (1480), ha letto l’annuncio, scritto in Latino, della sua rinuncia. A mio avviso la rinuncia è valida e non è dovuta ad alcun ricatto o pressione coercitiva. Tuttavia, vediamo a cosa ha effettivamente rinunciato il Pontefice. Siccome la Declaratio in Italiano è poco tecnica, ci aiuteremo con la versione in Latino, che fa fede:

ha innanzitutto spiegato esplicitamente che il munus petrinum, per la sua essenza spirituale, si compone di una parte “esecutiva” –  “agendo et loquendo” – e di un parte che definirei “sacrificale”“patiendo et orando”[1]. Subito dopo ha affermato di voler rinunciare al solo “ministerium episcopi Romæ”, per sua “incapacità” ad amministrarlo, a motivo del “vigor corporis et animæ” diminuito nei mesi precedenti[2]. Incapacità nello svolgimento del solo ministerium, non del munus complessivamente inteso: «…plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romæ, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare».

Questa è un’affermazione sovrana e insindacabile del Romano Pontefice, che non può essere deformata da alcuna autorità umana né sottoposta a giudizio o interpretazione diminutiva. L’arbitro della decisione, così espressa, può essere solamente Benedetto XVI, né ha alcuna rilevanza – ad esempio – l’interpretazione data da mons. Sciacca – un vescovo della Curia Romana –, che pur avendo una competenza tecnica per dire la sua opinione, non ha in alcun modo il potere di sindacare e di definire la libera e sovrana decisione di un Sommo Pontefice della Chiesa universale.

Benedetto XVI ha dunque esplicitamente rimarcato questa duplice natura del munus petrinum e ha dichiarato di voler rinunciare al solo ministerium. Era un suo diritto farlo, in base ai canoni vigenti (vd. lo studio del valente canonista Stefano Violi, che spiega tutta quanta la materia del contendere).

Pertanto, appare chiaro che il passo di Benedetto XVI si qualifica per quello che è: non un farsi “da parte”, ma un farsi “di lato”.

(Dal articolo, “Le ragioni per cui Benedetto XVI è l’unico vero Papa“, sul blog personale del autore.  CREDITS: L’immagine in evidenza e un screenshot della pagina originale del articolo, vista il 17 Novembre 2019).

18-02-2013: La Supplica profetica di Professore Radaelli

PERCHÉ PAPA RATZINGER-BENEDETTO XVI
DOVREBBE RITIRARE LE SUE DIMISSIONI:

NON È ANCORA IL TEMPO DI UN NUOVO PAPA
PERCHÉ SAREBBE QUELLO DI UN ANTIPAPA.

di Enrico Maria Radaelli

18 Febbraio 2013

1. LE DIMISSIONI.

L’11 febbraio 2013, festa della Santa Vergine di Lourdes, il mondo ha ascoltato impietrito il Comunicato con cui è stato annunciato che Papa Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ha dato le dimissioni, con effetto il giorno 28 dello stesso mese, dal suo altissimo Trono di Vicario di Cristo, di Sommo Romano Pontefice, di Vescovo di Roma e del mondo.Le motivazioni adombrerebbero un sentimento di riconoscimento razionale e ponderato di insufficienza della persona, ormai molto avanti negli anni, impossibilitata ad affrontare i doveri cui è chiamato un Pontefice “del giorno d’oggi”, ossia davanti al carico immenso, sempre più onero-so, oramai davvero soverchiante, dell’altissimo ufficio.Quel che qui si vuole esprimere potrebbe contrastare in qualche misura o anche totalmente il punto di vista di persone religiose di diversa sensibilità da quella di chi scrive, ma mi si permetta di esporre il mio convincimento prendendolo quale vuol essere e non come forse nella foga del discorso potrebbe apparire: una del tutto possibile congettura, un’ipotesi di lavoro; certo: ragionevolmente convinta, adeguatamente argomentata – si crede – logicamente e scritturalmente, che non vuole avere alcuno scatto di perentorietà se non quello di sollecitare il tempo a fermarsi almeno qualche attimo, così da avere per un giorno, quasi, il sole fermo, e così non permettere ciò che, nella prospettiva qui da me aperta – l’irreparabile, appunto – davvero avvenga.In un lunedì di ordinario concistoro, divenuto improvvisamente fatidico, la cattolicità resta frastornata, inebetita da un annuncio inatteso, da una sonorità di tuono che quasi la pietrifica: “Il Papa si dimette”. La notizia avvolge il mondo in un baleno, e subito lo rinserra come in unica pietra.

2. L’ELEZIONE DI PIETRO. A COSA? ALLA CROCE DI CRISTO.

Il Papa si dimette. Si dimette?! Come: “Si dimette”? E la madre di famiglia? e la luna? è caduta anche la luna? perché non si dimette la madre di famiglia? perché non cade la luna? Come fa il Papa a ‘dimettersi’?Infatti la carica ricoperta da un Papa è carica dove il sacrificio è natura sua indistruttibile e assoluta conditio a priori a ogni altra considerazione: « “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”. Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Gli rispose GESÙ: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cin-gerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. » (Gv 21, 15-8).La croce è lo status di ogni cristiano: Cristo, crocevia tra Dio e gli uomini, Imago dell’Immagine di Dio per rappresentare dai Cieli Dio agli uomini e dalla terra gli uomini a Dio; è il modello esemplare a ogni suo seguace. Non c’è seguace di Cristo, non c’è “cristiano” cui la croce possa essere alleggerita, né tanto meno tolta: a san Paolo, esemplarmente, che ben tre volte supplicò il Signore di sollevarlo dai tormenti, Cristo rispose: « Ti basta la mia grazia. La mia potenza infatti si manifesta pienamente nella [tua] debolezza » (2 Cor 12, 9). E se si sale al Monte degli Ulivi, si sentirà ancora l’eco delle decise, coraggiose parole di obbedienza e sottomissione del divino Agonizzante: « Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà » (Mt 26, 42). Conseguenze: ribellarsi al proprio status, rigettare una grazia ricevuta, parrebbe per un cristiano, da san Paolo in giù – per non dire da Cristo in giù –, colpa (grave) contro la virtù della speranza, contro la grazia e contro il valore soprannaturale dell’accettazione della propria condizione umana, tanto più grave se la condizione ricopre ruoli in sacris, come è la condizione, di tutte la più eminente, di Papa.

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