Archivi categoria: Diritto canonico

Il Diritto di Eleggere il Pontefice Romano spetta prima alla Chiesa Romana

di Frà Alessio Bugnolo

Contra factum non est argumentum, come recita l’adagio latino: cioè “contro un fatto non esiste argomento”.

Se c’è qualche cattolico che dubita che i cattolici di Roma abbiano il diritto di eleggere il proprio vescovo, non deve credere a tutto ciò che dico io, deve solo aprire un libro qualsiasi sulla storia dell’elezioni dei Papi, o in questo caso, anche vedi la Lista dei Papi su Wikipedia, per confermarlo.

Chi nega questo, e nega la Successione Apostolica nella Sede di Roma, e fa di ogni papa dopo Pietro un falso. Ma chi lo faccia, è anatemizzato dal Vaticano I, che ha dichiarato infallibilmente che ci saranno sempre successori di San Pietro a Roma, fino alla venuta del Signore.

Allora, ai YouTuber che leggono questa o quella parte della legge pontificia, Universi Dominici Gregis, e non ne capiscono niente, rispondo in questo modo.

Sì, c’è una restrizione in quella legge, che afferma che per l’elezione del Papa possono votare solo i Cardinali Elettori (n. 33), tale restrizione si applica solo al modo di elezione in quella Costituzione Apostolica, perché altrimenti sarebbe in pericolo la Successione Apostolica. Infatti, nella frase finale della prefazione, Papa Giovanni Paolo II afferma esplicitamente la sua intenzione, che le norme della legge speciale devono vincolare i cardinali. Non li impone a tutta la Chiesa.

Chi non la pensa così, finge che Giovanni Paolo II o gli studiosi di giurisprudenza che hanno lavorato per più di 10 anni al nuovo Codice di diritto canonico non sapessero cosa è successo nella Chiesa nei precedenti 19 secoli, o come il l’apostolo Pietro ha lasciato questo diritto a tutta la Chiesa, poiché pretendono che Giovanni Paolo II voglia in ogni tempo e luogo, anche al di fuori di un conclave, che votino solo i cardinali elettori.

Ma se così fosse, allora i nemici di Dio dovrebbero solo uccidere 120 uomini, per porre fine per sempre alla Successione Apostolica. E questo farebbe prevalere le Porte dell’Inferno. Il che è assurdo.

Quindi ovviamente né il Papa né i suoi esperti lo intendevano.

Il che significa che la loro argomentazione è falsa.

E questi esperti in giurisprudenza che hanno lavorato sul testo nel Codice di diritto canonico di 1983, ci dimostrano che questo argomento è falso, perché questa restrizione del n. 33 nella legge speciale UDG non hanno posto nei canoni 349 e 359, che riguardano i privilegi del Collegio cardinalizio. Inserendo questo in una legge speciale, rimuove la restrizione dall’applicazione generale. E questo è confermato da canone 5 §1 e §2, che affermano i diritti apostolici restano in vigore in circostanze speciali non previste.

E questo era necessario, perché il diritto canonico dipende dal diritto apostolico per la sua autorità, non viceversa. Pertanto, nessun Papa può abolire nulla nella Tradizione apostolica, nemmeno il diritto della Chiesa romana di eleggere il suo successore.

E all’ulteriore argomentazione, che nel can. 349 dice il contrario, è chiaro che tale argomentazione sarebbe errata, poiché il latino dice che l’elezione spetta al Collegio cardinalizio in quanto provvedere secondo normam (provideat ad normam) della legge speciale sulle elezioni. Non dice che godono di questo diritto per sé o sempre, né usa un verbo che significhi o connoti che possono ostacolare l’elezione violando le norme di quella legge speciale. Infatti, chi ha il diritto di provvedere a qualcosa di cui c’è bisogno, non ha il diritto di negare quella cosa quando è necessaria, perché il diritto di provvedere è diritto del servo, non del signore. Altrimenti, una madre che ha il diritto di provvedere alla cena dei suoi figli potrebbe giustamente farli morire di fame non provvedendovi, e un padre che tentasse di farlo, mentre lei li stava facendo morire di fame, non potrebbe legittimamente agire. Il dire di che sarebbe terribilmente assurdo.

Quindi ci sono molti laici là fuori che non sanno leggere il latino o che non hanno studiato legge o storia, che dicono cose stupide. Che non si soffermino a pensare cosa accadrà alla Chiesa prima di parlare, è incredibile, dopo i 10 anni di feroci attacchi alla Fede e alla Messa.

E per coloro che discutono contro n. 76, ho già risposto in nota al mio articolo Come Giovanni Paolo II ha determinato l’elezione del successore di Papa Benedetto XVI:

“Il divieto universale del n. 76 si applica anche al n. 37 e 77, come si evince dalla clausola, “Quodsi electio aliter celebrata fuerit, quam haec Constitutio statuit,”. Chi dice il contrario legge “hoc Capitulum” al posto di “haec Constitutio” e per di più lo fa in modo esclusivo. Ciò viola semplicemente le regole grammaticali e sintattiche oltre ad imporre un’interpretazione illecita del testo riservato al solo Legislatore. “Celebrata fuerit” è anche un verbo che si riferisce a un intero evento, non a una singola azione. Anche il latino “electio” non significa solo votare, ma si riferisce all’intenzione di sceglierne uno piuttosto che una moltitudine, e come tale ha un significato ampio. Coloro che affermano che si applica una lettura rigorosa, ma poi vogliono una lettura rigorosa per leggere il testo in modo non autentico facendo riferimento solo al voto, in realtà dicono che tutto nella Costituzione potrebbe essere violato, tranne il capitolo 5, e l’elezione ancora sarebbe valido. — Dico, provateci e vedete cosa succede nella Chiesa. — Peraltro, anche arguendo che il n. 76 non rende invalide l’elezione mediante altre violazioni dell’UDG, diverse da quelle che si trovano nel capitolo di cui al n. 76, tuttavia, poiché Papa Giovanni Paolo II ha chiaramente in molti altri luoghi comandato ai Cardinali di fare questo o quello, (ad esempio nei nn. 1 e 35 e 77) l’elezione sarebbe illecita, e quindi illegale, se violassero qualsiasi altra parte della legge papale durante il Conclave senza la scusa di forze maggiori. E quindi l’elezione sarebbe senza effetto, perché un atto illegale non è mai ritenuto avere effetto canonico nel diritto (can. 38). E sostenere il contrario, è semplicemente assurdo, perché equivarrebbe a dire che anche senza forza maggiore, i cardinali potrebbero violare intenzionalmente tutto il resto della legge o qualsiasi parte, e quindi, che la legge non era affatto legge. — Infine, poiché il Legislatore non ha mai inteso che il Collegio ostacoli la Successione Apostolica, eleggendo Antipapi e rifiutando di eleggere Papi legittimi, ritorna la stessa conclusione che qui presento facendo riferimento a principi superiori, perché i Cardinali non sono riusciti affatto ad eleggere un successore al vero Papa. E la legge non consente loro di eleggere successori di falsi papi. Mai, infatti, nella storia della Chiesa, la Sede Apostolica ha considerato il successore di un antipapa come vero papa. Tutti i veri papi succedono immediatamente a un altro vero papa. Quel fatto insormontabile della storia ne rende impossibile la lettura, in quanto implicherebbe che lo stesso Legislatore intendesse una nozione di successione insieme astorica e implicitamente eretica.”

Norme Canoniche che influiscano sull’elezione del Romano Pontefice secondo diritto apostolico

di Fra’ Alexis Bugnolo

Poiché i fedeli cattolici della Chiesa di Roma considerano l’elezione del Romano Pontefice per diritto apostolico, vi sono alcune norme canoniche che devono essere tenute presenti per evitare che sorgano dubbi sulla validità dell’elezione. (Cfr. articoli precedenti al FromRome.info sull’argomento, qui, qui e qui)

Mentre si potrebbe sostenere che un’elezione condotta per diritto apostolico sia libera dall’obbligo di osservare tutte le norme canoniche di per sé, tuttavia l’opinione migliore è che, poiché un papa dubius è un papa nullus, quelle norme che riguardano la legge naturale devono essere osservate e si tenga conto di quelle norme generali che riguardano il diritto ecclesiastico.

Ripassiamo dunque le norme del Diritto Canonico in materia di elezioni, e raccogliamo insieme i principi che si devono osservare per l’elezione del Romano Pontefice, nella circostanza straordinaria in cui nessun Cardinale Elettore entra in conclave per eleggere il Romano Pontefice, dopo la morte di un Romano Pontefice validamente eletto, legittimo, cioè eletto per ricevere il munus petrino e di fatto lo ha ricevuto.

In primo luogo, va notato che nessuno può ricevere il munus petrino, se c’è già qualcuno che lo detiene. E nessuno può cessare di possederlo se non muore o vi ha espressamente rinunciato con atto giuridico. Inoltre, nessuno può essere eletto a riceverlo, mentre qualcuno lo detiene, e dopo la sua morte o rinuncia ad esso, considera sufficiente la rivendicazione della sua elezione priore per ottenerlo. Le elezioni devono essere posteriori nel tempo alle condizioni adatte per la validità di una elezione. Così Jorge Mario Bergoglio non ha mai detenuto il munus petrino e con la sua pretesa di 10 anni non ne ha alcun diritto.

In secondo luogo, l’elezione del Romano Pontefice in tali circostanze straordinarie, esige che gli elettori siano convocati in un determinato luogo e ora dal presidente del collegio degli elettori, quando tale presidente sia fisicamente presente nel luogo di convocazione (cfr can. 166 ). Questo Papa Benedetto XVI già ha fatto nella sua Declaratio di 11 Feb. 2013, quando ha dichiarato che l’elezione del suo successore si deve fare da quelli che sono competenti.

Non è necessario dire, perché è ovvio, che se la convocazione fosse fatta da chi non è membro della Chiesa di Roma, allora tale convocazione ed elezione in quel luogo sarebbe del tutto invalida. E questo è ovvio, perché l’autorità che convoca deve essere per diritto naturale parte dell’elettorato o avere diritto per legge a fare tale convocazione. Diversamente, l’atto non è un atto giuridico dell’elettorato, ma è l’imposizione di una volontà straniera ad esso estranea.

Terzo, tutti gli elettori devono essere convocati in un luogo pubblico. L’elezione non sarebbe valida, a meno che non ci sia almeno un tentativo di farlo. Così, se alcuni elettori, senza avvisare gli altri, si riunissero insieme, in segreto o in pubblico, l’elezione non sarebbe valida. Né possono escluderne altri in ragione di alcuna argomentazione, poiché a norma del diritto nessuno è presunto ineleggibile se non lo è per inosservanza di qualche norma canonica. Pertanto, qualsiasi chierico incardinato in qualsiasi diocesi della Chiesa romana (Roma o qualsiasi delle sue diocesi suburbicarie), qualsiasi religioso di un istituto di rito diocesano fondato da uno qualsiasi di questi vescovi in una qualsiasi di queste diocesi e residente in esse, e qualsiasi laico. E questo senza riguardo ad alcuna precedente opinione che potessero aver avuto, perché, è sufficiente che in questa assemblea dichiarino che Benedetto XVI è stato l’unico e solo Romano Pontefice fino alla sua morte, perché tutti siamo stati vittime in qualche modo o un’altra delle false narrazioni, e sono pochissimi tra noi che dall’11 febbraio 2013 non si sono fatti ingannare.

Quarto, l’elezione non sarà valida se è consentito votare a un non elettore (canone 169). Pertanto, nel caso di specie, non possono essere ammessi all’assemblea persone estranee alla Chiesa di Roma (coloro che non siano membri della Chiesa di Roma da almeno 1 anno di residenza nel territorio della Diocesi di Roma o da un Diocesi suburbana). Ma ragionevolmente, poiché l’assemblea sarà numerosa, questa limitazione ha a che fare con coloro che parlano durante l’assemblea e coloro che votano, poiché sarebbe quasi impossibile umanamente parlando assicurare che nessuno nell’assemblea sia un non elettore . Ma dovrebbe essere intrapresa la dovuta diligenza per escluderli.

Quinto, coloro che si radunano nel luogo di convocazione non possono essere sottoposti ad alcuna coercizione (can. 170), altrimenti l’elezione sarebbe invalida. Tra le cause che invalidano l’elezione vi sono quelle che ne impediscono di fatto la deliberazione dell’azione, cioè a mio avviso, comprensiva anche di un eventuale controllo psicologico di persone estranee alla Chiesa di Roma.*

Sesto, secondo il canone 171, non possono votare:

  1. Coloro che sono incapaci di un atto umano (cioè senza l’uso della ragione), per età o infermità.
  2. Coloro che non sono elettori.
  3. Coloro che sono stati scomunicati in forza di una sentenza giudiziale, decretale, cioè inflitta o annunciata.
  4. Coloro che notoriamente si sono separati dalla Chiesa cattolica (entrando in un gruppo che rifiuta in linea di principio la comunione con la Chiesa o con i suoi membri)

L’elezione di un particolare candidato sarebbe nulla se, come afferma il canone 171, gli elettori fossero stati preventivamente indotti, per timore o astuzia, applicati direttamente o indirettamente, a votare per un determinato candidato, sebbene la legge naturale non richieda che il voto sia segreto, a maggioranza dei due terzi. Credo che il voto dovrebbe essere contato e il modo di votare essere determinato, cioè contando i voti personali.

Il can. 173, quindi, afferma che il primo atto dell’elettorato dovrebbe essere quello di designare gli scrutatori del voto e la modalità di presentazione del voto, cioè dove gli elettori devono presentarsi per dichiarare il proprio voto. Penso che sarebbe meglio che ogni elettore si presentasse agli sportelli e dichiarasse il suo candidato. I voti non devono superare gli elettori, e quindi, penso che sarebbe necessario consentire solo a coloro che possono votare, entro una certa barriera, per impedire, al momento del voto, l’ingresso di persone estranee.

Il can. 174 consente, per legge naturale, che gli elettori nominino uno di loro a votare in loro vece durante l’assemblea. Ma questo è problematico, perché come potrebbe essere verificato giudizialmente senza documentazione scritta, che potrebbe essere contraffatta? Per questo motivo, farebbe sorgere un dubbio e renderebbe invalida l’elezione.

Il can. 177 richiede che l’eletto ne sia informato entro 8 giorni dall’elezione. Se non accetta, l’assemblea deve riunirsi di nuovo.

Can. 178, l’eletto, che accetta, riceve subito il munus petrino. Deve accettare per mezzo di parole che naturalmente, chiaramente e abitualmente si usano, come dicendo: “Accetto la mia elezione all’ufficio di Romano Pontefice” ecc.

Infine, il candidato da eleggere, deve essere uomo, cattolico, e avere almeno l’età della ragione, avendo ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Cresima. Deve essere celibe, cioè non vincolato attualmente da matrimonio sacramentale o civile a nessun’altra persona. Deve avere il libero uso della ragione. Il dubbio su questo, come quello che potrebbe sorgere da una persona che ha permesso che la nanotecnologia fosse iniettata nel suo corpo, dovrebbe escludere tali candidati.

______________________

** Questa è una coercizione morale del tipo come qualcuno che non può votare potrebbe dire a chi votare, sotto minaccia di dannazione spirituale. Questo sarebbe il peggior tipo di abuso spirituale. Gli elettori, cioè coloro che possono votare, sono completamente liberi e non dovrebbero esercitare il loro voto sotto costrizione. Se non possono liberamente scegliere autonomamente, non sono eleggibili, a norma del can. 171.

REGOLE, REGOLAMENTI E PROCEDURE PER L’ELEZIONE DEL SUCCESSORE DI PAPA BENEDETTO XVI

di Frà Alexis Bugnolo

ORIGINALE INGLESE — TRADUZIONE FRANCESE

 traduzione italana di Emilio Augustino Palopoli

Il ruolo del successore di S. Pietro nel Piano Salvifico di Dio

Dio solo conosce i tempi e i luoghi nei quali ognuno di noi sarà chiamato a comparire dinnanzi al Trono di Cristo e ricevere il giudizio sulle proprie vite.

E, tale giudizio sarà inesorabile ed infinitamente giusto in ogni singolo dettaglio.

Ma, fino ad allora, dovremmo vivere come umili servitori, confessando i nostri peccati e lavorando per il bene della Chiesa di Cristo che è la Sua Sposa Mistica sulla Terra.

Durante il corso dei secoli, la Chiesa ha peregrinato (ad iniziare dalla Pentecoste nella quale è nata in mezzo agli uomini e si è manifestata per la prima volta ai non-credenti) fino all’Eterno, Finale Banchetto Nuziale Celeste in cui Essa celebrerà le nozze con Cristo Re.

E, per assicurarsi che essa arrivi salva a quel Giorno dei giorni, Nostro Signore e Maestro Gesù Cristo la affidò a S. Pietro e ai suoi successori nel tempo, cosicché, di generazione in generazione, in questo lungo pellegrinaggio, potesse avere una mano fedele nel guidarla senza errori verso quella festa magnifica.

Una breve Storia dell’Elezione dei Pontefici Romani

Ciascun Papa nella Successione Apostolica a Roma ottiene quell’ufficio nel momento in cui accetta la sua elezione come Vescovo di Roma.

Ma, nel corso degli anni, quell’elezione si è svolta secondo diverse procedure. Per cominciare, con la morte di S. Pietro, è molto probabile che l’Apostolo S. Paolo abbia presieduto alla prima elezione di un papa: S. Lino. Per timore delle persecuzioni, la Chiesa di Roma ricorse a incontri segreti per eleggere il proprio Vescovo che fosse allo stesso tempo un chierico fedele consacrato. In quei giorni la Chiesa di Roma si riuniva lungo l’intera valle del Tevere che si estendeva dalle colline toscane fino a quelle di Albano e dall’entroterra del Tevere fino ai lidi del Mar Tirreno.

Non abbiamo notizie precise circa la prima elezione di un papa. Non fu attraverso un Conclave perché tale termine fu coniato durante le prime elezioni del 13° secolo (1216?, 1241 e specialmente quella del 1269 a Viterbo), condotto con la serratura chiusa a chiave per impedire che i Cardinali si attardassero a lungo per prendere la loro decisione. Nel corso degli anni, le elezioni dei Pontefici Romani si tennero solitamente nella Provincia Romana, in vari luoghi, non sempre a Roma, ma sempre dove si radunavano coloro che avevano il diritto di eleggere.

Nei primi anni, inoltre, il diritto di eleggere il Pontefice apparteneva ad ogni membro della Chiesa ma, con il passare del tempo, tale diritto fu riservato ai Vescovi della città e delle diocesi suburbicarie (le diocesi satelliti intorno a Roma).

Papa Nicola III scrisse nel 1059 una delle prime leggi che regolano le Elezioni Papali – In Nomine Domini, 13 Aprile, 1059 . Attualmente è disponibile una lunga spiegazione storica delle elezioni papali su Wikipedia che fornisce ulteriori informazioni sulle elezioni dei pontefici nel corso degli anni, sebbene queste si trovino sotto il termine non sempre applicabile di “Conclave”.

Dapprima le elezioni papali si svolsero secondo la Tradizione Apostolica, ovvero secondo quanto stabilito dall’Apostolo San Paolo quando presiedette all’elezione di S. Lino e, S. Pietro, avendo stabilito la sua Sede a Roma, quando morì lasciò tale eredità alla Chiesa di Roma. E’ importante notare che la Chiesa di Roma non è una Diocesi separata dalle altre diocesi della Chiesa, ma è la Chiesa fondata da Gesù Cristo su Pietro, dalla quale tutte le altre diocesi si sono separate. Pertanto la Chiesa di Roma ha sempre seguito le sue particolari tradizioni e regole per l’elezione dei suoi Vescovi e non ha mai rispettato regole stabilite altrove, nemmeno quelle decise dai Concili Generali per le altre diocesi. Ritenere valide o meno le elezioni di un Pontefice Romano era possibile fintanto che una legge papale regolasse tali elezioni. Pertanto, solo a seguito della promulgazione di una legge papale, si poteva dichiarare se le elezioni stesse fossero legittime o meno. Quando i Papi stabilivano i canoni che regolavano la procedura, potevano essere considerate conformi a detti canoni o no.

Per esempio, nella Regola di S. Francesco d’Assisi, promulgata nel 1223 da Papa Onorio III, troviamo che S. Francesco promette di “mostrare riverenza e obbedienza al Signor Papa Onorio III e ai suoi successori eletti canonicamente“.

La limitazione contenuta nell’attuale Legge Pontificia riguardo alle Elezioni Papali

Oggigiorno, i Papi vengono eletti secondo la Legge Pontificia “Universi Dominici Gregis” promulgata dal Papa S. Giovanni Paolo II in occasione della Festa del Seggio di S. Pietro, il 22 Febbraio 1996. (1) Ma, poiché il Codice di Diritto Canonico del 1983 specifica che le elezioni rientrano in una legge speciale -ovvero Universi Dominici Gregis– tali elezioni possono essere dette allo stesso tempo canoniche e legittime, sebbene sarebbe meglio dire che sono legali o no.

Ad un’attenta lettura della Legge Pontificia sulle elezioni, tuttavia si evince che questa Legge Pontificia ha un carattere provvisorio, poiché essa proibisce ai Cardinali Elettori di eleggere un Pontefice Romano con qualsiasi altro mezzo che non sia quello di seguire tutte le prescrizioni di questa legge. Perciò, poiché questa legge richiede che costoro si incontrino al Conclave prima del ventunesimo giorno dopo la morte del Romano Pontefice, se non lo fanno, perdono completamente il diritto di eleggere il Romano Pontefice. E, se tale evento dovesse verificarsi senza che ci sia una causa di forza maggiore, allora la Legge non sarebbe più valida.(2)

Cosa farebbe la Chiesa di Roma in tal caso? Poiché questa legge in quanto promulgata esplicitamente abrogava tutte le leggi precedenti, tale elezione dovrebbe svolgersi secondo la Tradizione Apostolica, poiché questa è l’unica regola che non può essere abolita dal Romano Pontefice. Infatti, ogni Legge Pontificia e canone riguardanti le elezioni papali sono stati semplicemente un’applicazione di questo Diritto secondo una o più disposizioni riguardanti le specifiche e la riduzione numerica degli elettori a certe condizioni.

Ho già affrontato questo argomento, il 31 Agosto 2020 A.D, ma sarà proficuo  discutere questa questione ancora una volta. In assenza di una legge pontificia, tutte queste specifiche e riduzioni numeriche degli elettori risultano invalide.

Il boicottaggio dei Cardinali nei confronti di Papa Benedetto ha causato una Situazione Anomala e ne innescherà un’altra altrettanto difforme dalle leggi della Chiesa

Come summenzionato, questa considerazione che riguarda all’elezione di un Romano Pontefice nel caso in cui tutti i Cardinali Elettori non facciano il proprio dovere, non è una speculazione meramente ipotetica o inutile in quanto la Chiesa di Roma rischia in tale ipotesi di trovarsi in un vero e proprio scontro frontale. E questo perché Papa Benedetto non ha rinunciato al Papato. E questa realtà non cambia nonostante tutti i Cardinali Elettori riconoscano pubblicamente tale “rinuncia”.

L’anti-papa ed usurpatore è un eretico manifesto e persino non cristiano nelle sue credenze personali, come egli ha palesato in numerose occasioni pubbliche. Perciò, in conseguenza di tale situazione, i Cardinali non potrebbero convenire in conclave per eleggere un successore di Papa Benedetto XVI. E questa impossibilità a procedere a regolare elezione, costringerebbe all’applicazione della Tradizione Apostolica che in questo caso supererebbe la Legge Pontificia rendendo per loro illegale eleggere qualsiasi papa in una qualsiasi data più lontana nel futuro. Il solo modo per evitare ciò sarebbe quello in cui almeno un Cardinale Elettore riconosca pubblicamente come vero papa Papa Benedetto XVI e si riconcili con lui prima della sua morte. Sia la dichiarazione pubblica che la riconciliazione sono necessarie perché, a causa della comunione con un anti-papa eretico, sono coinvolti nel pubblico delitto di scisma a causa del quale perdono ogni diritto di eleggere un papa, perdendo anche tutti i diritti riguardanti la dignità del Cardinalato.

L’elezione di un Romano Pontefice secondo la Tradizione Apostolica

L’Elezione del successore di Papa Benedetto XVI potrebbe essere quindi la prima elezione di un Papa secondo la Tradizione Apostolica dal 769 AD, quando il Sinodo del Laterano abolì il diritto dei laici a partecipare all’elezione. Questa abolizione fu essa stessa eliminata dalla clausola generale nell’attuale legge pontificia che aboliva tutte le leggi precedenti.

Pertanto, è  presumibile che non ci sarà alcuna legge pontificia a regolamentare l’elezione del successore di Papa Benedetto XVI, il che è forse ciò che lui intendeva nella sua Declaratio quando ha parlato dei Cardinali che si erano staccati (vobis decisionem) e di una futura elezione da parte di coloro ai quali compete (ab his quibus competit ).

E’ qui importante evidenziare che, se Papa Benedetto XVI nel suo Testamento, del quale ha fatto menzione occasionalmente, stabilisce qualcosa a questo riguardo, se non viene pubblicato mentre è in vita, non acquisisce forza giuridica, poiché una legge papale si deve promulgare durante la vita del Papa, in quanto egli non ha alcuna autorità dopo la sua morte. Parimenti, se nel segreto è avvenuta una riconciliazione fra lui e qualche Cardinale, tale atto non può essere considerato autentico a meno che non sia accompagnato da un documento sottoscritto da testimoni veraci e contrassegnato con il suo sigillo, durante la sua vita.

IL RUOLO DEL DIRITTO CANONICO IN TALE ELEZIONE SECONDO IL DIRITTO APOSTOLICO

Questo non vuol dire che i principi generali del Diritto Canonico debbano essere ignorati. Se tutti i fedeli potranno partecipare, essi devono comunque partecipare secondo le norme del Diritto Canonico: devono essere battezzati secondo il Rito Romano, essere nell’età della ragione; devono avere ricevuto il Sacramento della Confermazione che rende adulto un membro della Chiesa; devono essere esenti da censure ecclesiastiche imposte da veri Papi; e secondo la legge ecclesiastica devono essere residenti nella Diocesi di Roma o in una delle Diocesi Suburbicarie, visto che tutte loro sono parti della Chiesa di Roma secondo un’usanza ecclesiastica.

In questo numero di fedeli, tutti elettori, sono inclusi tutti i Cattolici che dichiarano che Papa Benedetto XVI era il vero Papa. Questo numero include i Cardinali della Chiesa Romana che siano elettori o no, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monsignori, i Pastori, i Preti, i Diaconi, i Seminaristi, e tutti i religiosi che sono membri della Congregazione del Rito Diocesano in ognuna delle diocesi- come già menzionato- e che sono residenti a Roma o dintorni. Ciò include i laici di ogni specie e rango civili, dalla casalinga al capostipite di Famiglie Nobili Romane.

Possono anche partecipare: il Clero incardinato nella Diocesi di Roma, a prescindere dal luogo di residenza e i Cardinali, che siano elettori o no che si pentano del loro scisma con atto pubblico prima o all’inizio di una tale elezione a prescindere dalla loro residenza, in quanto in virtù della loro dignità di Cardinali sono principi della Chiesa di Roma.

Non può partecipare nessun membro di logge massoniche di ogni rito o osservanza poiché questi sono scomunicati dal Diritto Canonico come il Cardinale Ratzinger ha ricordato a tutti più di 40 anni fa.

Arcivescovi e vescovi di altre diocesi possono semplicemente partecipare come testimoni, ma non possono intervenire senza permesso, né possono avere alcun diritto a votare.

Per essere residenti bisogna aver dimorato a Roma o in una delle suddette diocesi da almeno un anno prima dell’elezione avendo così abbandonato la propria residenza fisica in tutti gli altri luoghi, con nessuna intenzione di ritornarvi.

CONDIZIONI DI TEMPO E LUOGO E CONVOCAZIONE DEGLI ELETTORI

Non ci sono particolari requisiti sul quando l’elezione debba avere luogo, sebbene io sia dell’opinione che, per eliminare qualsiasi dubbio canonico, essa debba essere tenuta non prima del 22esimo giorno dopo la morte del Romano Pontefice per escludere qualsiasi pretesa da parte dei Cardinali Elettori di ritenersi possessori dell’esclusivo diritto ad eleggerlo. Può essere tenuta in ogni parte del territorio della Chiesa di Roma, come già menzionato. Credo che ci sia un’argomentazione solida nel dire che la convocazione dei Fedeli della Chiesa di Roma debba essere fatta dal Clero Romano, se c’è qualcuno fra loro in comunione con Papa Benedetto XVI – e a quanto mi è dato sapere, ce ne sono. In verità, ne conosco almeno un paio e c’è un’alta probabilità che ve ne siano molti altri.

L’Elezione può essere tenuta per pubblica acclamazione o per voto pubblico o segreto, ma il metodo di elezione deve essere concordato dagli elettori. Il voto, per essere considerato valido, dovrà essere approvato da una maggioranza o da un terzo degli elettori e questo è un ulteriore tema su cui decidere.

Se ci debba poi essere una moderazione in seno all’elezione è anch’essa una decisione che dovrà essere  presa.

Se si dovesse verificare qualsiasi caso di simonia, ciò invaliderebbe l’elezione di colui che è stato eletto in virtù della sua influenza, e ciò secondo le norme generali del Diritto Canonico.

Questo è l’unico punto su cui i canoni della Chiesa impongono una più severa normativa rispetto all’attuale Legge Pontificia, la quale ritiene valida un’ elezione simoniaca a causa del fatto che il Conclave si svolge in segreto rendendo impossibile l’accertamento di qualsivoglia simonia da parte del resto della Chiesa.

Tuttavia credo che il tempo ed il luogo dell’elezione dovrebbe essere pubblicizzato anticipatamente per togliere qualsiasi dubbio che ad agire sia la Chiesa di Roma e non qualche gruppo privato.

Chi può essere eletto come il Successore di Papa Benedetto XVI?

Per quanto riguarda colui che viene eletto, il Diritto Canonico rimane in vigore; l’eletto deve essere un Cattolico, senza fare distinzioni sul rito con il quale sia stato battezzato; maschio, dell’età della ragione, libero da qualsiasi censura ecclesiastica sotto Papa Benedetto XVI o i suoi predecessori. Ma non è necessario che sia un Cardinale, un Arcivescovo, Vescovo, Prete, Diacono o persino un seminarista o un religioso. Deve essere un maschio celibe, ovvero in quel momento non impegnato in un Matrimonio Sacramentale né in uno Civile, e libero dall’obbligo morale di provvedere alla prole. Dovrebbe godere di una buona reputazione morale e possedere capacità di leadership. Non deve essere cittadino di qualche nazione particolare, né essere residente nella Città del Vaticano o essere un membro della Curia Romana. Deve essere maschio biologico per nascita, e non può essere mutilato o avere avuto una ri-assegnazione sessuale (purtroppo è necessario chiarire questo punto a causa del mondo malvagio in cui viviamo).

Deve essere una persona che è pubblicamente conosciuta per non aver partecipato allo scisma e ai tradimenti contro Papa Benedetto XVI, o altrimenti potranno essere sollevati seri dubbi riguardo la legittimità della sua elezione perché sicuramente molti potrebbero dire che i nemici di Papa Benedetto XVI hanno assunto il controllo dell’assemblea – e in quanto scismatici ed eretici non possono essere eletti Papa, e sorgerebbero dubbi sulla validità del processo elettivo.

Tuttavia, a mio parere, l’eletto dovrebbe perlomeno conoscere il Latino e aver studiato Teologia, altrimenti non sarebbe in grado di governare la Chiesa.

Colui che sarà eletto non deve necessariamente essere presente alla convocazione per l’elezione; potrà infatti trovarsi in qualsiasi altra parte del mondo. Tuttavia, se non presente, il suo consenso ad accettare la sua elezione deve essere certificata da almeno tre testimoni che possano parlare con lui via telefono o in video conferenza. Dovrebbero essere i convocati a decidere chi sarà incaricato di fare ciò. E, se tale elezione dovesse aver luogo, allora colui che sarà eletto dovrebbe prepararsi ad essere crocifisso, perché, senza alcun dubbio, tutto l’Inferno alzerebbe la sua voce contro di lui, e sarà perseguitato da un capo all’altro della Terra.

I Poteri e i Diritti che l’Eletto otterrà appena accetterà la sua elezione

L’elezione sarà valida se sarà tenuta secondo le norme e le prassi canoniche summenzionate. Appena l’eletto accetterà la sua elezione, diverrà il Successore di S. Pietro, anche se non dovesse essere stato ancora consacrato Vescovo o persino prete. Da quel momento in poi, egli avrà i pieni poteri di Vicario di Cristo per governare e legiferare e potrà riconciliare ogni Cardinale, Arcivescovo, Vescovo, prete, diacono o seminarista, che risulti scismatico o sotto censura. Potrà inoltre cominciare a rimettere ordine nella Chiesa attraverso la scomunica formale dei ribelli e nel riconciliare i pentiti. E’ tuttavia mio parere che sia solo il Papa ad avere il diritto di esercitare il potere di insegnamento dopo la sua ordinazione episcopale, ma questa è una questione aperta al dibattito. Rimango fermo su questa mia opinione, perché il munus per insegnare ai fedeli è contenuto solo nel Sacramento della Consacrazione Episcopale, che, sebbene distinto dal munus petrino, ha una necessaria correlazione con esso, poiché colui che viene eletto è eletto per essere il Vescovo di Roma, non meramente o unicamente Vicario di Cristo o il Successore di S. Pietro. Secondo il canone 355 §1, la consacrazione episcopale del Papa, se costui non è vescovo, è una prerogativa che appartiene per diritto al Decano del Collegio Cardinalizio, e se costui è impedito, al Cardinale più anziano. – Questo presume che ci sia almeno un Cardinale non in situazione di scisma da Papa Benedetto XVI. Nel caso non ci fosse, allora il suo primo atto sarebbe quello di nominare Cardinali almeno alcuni Vescovi che dovranno eleggere il loro Decano, che presiederà alla sua consacrazione. Questi Cardinali di nuova nomina potranno ricevere ognuno dei tredici titoli storici, che al momento non sono assegnati a nessuno nel Collegio.


NOTE DELL’EDITORE

(1) Tenete presente, che nel suo Motu Proprio, che pubblicava questa Legge Pontificia, Papa S. Giovanni Paolo II afferma: “Precisamente per questa Ragione, mentre si riconosce che teologi e canonisti di ogni tempo concordano che questa istituzione non è per sua natura necessaria per la valida elezione del Romano Pontefice”. — Qui egli ammette che c’è un altro modo per eleggere il Romano Pontefice. Questa è parte della sua clausola segreta -secondo la mia opinione- della rinuncia Papale che richiede  quella al munus (canone 332 §2)- che, se anche passasse inosservata da parte di tutti i Cardinali Elettori, in un tentato colpo di stato contro il Papa regnante, permetterebbe un’elezione per Diritto Apostolico, che è appunto ciò che sto trattando in questo mio articolo.

(2) Perché si può ragionevolmente arguire, nel caso di estrema necessità indotta da minacce esterne (ad esempio l’occupazione di Roma da parte di una forza militare o governo ostili) o da situazioni estreme (ad esempio Roma che viene distrutta da un attacco nucleare), che i Cardinali abbiano l’autorità concessa a loro nella Legge Pontificia, di organizzare un Conclave in data futura. Tuttavia questo non potrà essere fatto se questi cardinali sono scismatici e in comunione con un antipapa poiché, in tal caso, non potranno esercitare il loro diritto ad eleggere il Successore del vero Pontefice Romano.

(3) Concilio III del Laterano, canone 1. Cf. Dictatus, XXIII di S. Gregorio VII. Questo canone e dottrina si sono applicati nell’elezione di Papa Adriano V, anche se il Canone 332 §1 afferma che “piena e suprema potestà“ (termini non ben definiti nel loro significato) viene ricevuta dopo la consacrazione episcopale. Cf. Juan Ignazio Arrieta, ed., Codice di Diritto Canonico, commentario al canone 332 §1.

¡Viva Guadalajara!

di Frà Alexis Bugnolo

Nel conclave dell’anno domini 2243, i Cardinali della Chiesa Romana, nel loro ballottaggio finale, eleggono uno spagnolo.

Così, secondo le regole stabilite da Papa Giovanni Paolo II, il 22 febbraio 1996, nel documento Universi Dominici Gregis, n. 87, il Cardinale Diacono, il Segretario del Collegio Cardinalizio e il Maestro di Cerimonie per le Liturgie Pontificie si rivolgono al Cardinale spagnolo e gli chiedono con queste parole solenni se accetterà la sua elezione:  Accettate la vostra elezione canonica a Sommo Pontefice?

Silenzio.

Poi il Cardinale Diacono segnala con gli occhi al Cardinale eletto, chiedendo una risposta.

Il Cardinale Eletto, sorride, poi stende entrambe le mani da una parte e forma il V segno. Con questo dice con voce chiara: ¡Viva Guadalajara!

I cardinali spagnoli della Cappella Sistina, che conoscono la giocosità del cardinale eletto, ridacchiano. Il cardinale di Barcellona si dice: “Che burlone! Ma questo non è il momento di farci ridere”.

Il segretario del Collegio dà uno sguardo severo al cardinale eletto. Non si diverte a questo tipo di leggerezza. Così si rivolge al Cardinale Diacono, che è perplesso, e sussurra: “Chiediamoglielo di nuovo”.

Così l’anziano Cardinale Diacono, si rivolge al Cardinale Eletto, e chiede di nuovo, questa volta in spagnolo: ¿Acepta su elección canónica como Sumo Pontífice?

Silenzio.

Poi, il cardinale eletto, risponde: alzando la mano destra e sinistra come prima, e facendo il segno V con ciascuno, dice: ¡Viva Guadalajara! — Questa volta con un sorriso ancora più grande sul suo volto.

A questo punto, i cardinali rompono il loro silenzio, e mormorii misti di incoscienza e costernazione.

Il Cardinale Diacono, ormai impaziente, dice al Cardinale eletto: “Non è il momento di fare battute. Si prega di rispondere alla domanda con un sì o un no”. Poi, ricomponendosi, ripete la domanda canonica, questa volta in italiano: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?

E ancora una volta, il cardinale eletto risponde allo stesso modo.

A questo punto, i cardinali della Cappella Sistina scoppiano in piccoli gruppi di conversazione. Tutti cercano di capire cosa vuol dire dire il cardinale eletto. I cardinali spagnoli si avvicinano agli eletti e cercano di ragionare con lui. Ma non dice nulla di più. Tutto quello che fa è continuare a sorridere e alzare la mano destra e sinistra di tanto in tanto con il segno V, per la vittoria.

Così, in accordo con la Legge Pontificia sui Conclavi, UDG, n. 5, il Cardinale di Parigi chiede che il Collegio discuta e decida cosa fare, poiché la Legge Pontificia non dice nulla sul modo in cui il Cardinale Eletto deve accettare l’ufficio, sia con un Sì o No o con qualche altro segno.

Tra i cardinali sorgono due fazioni. Da una parte, una minoranza ritiene che il cardinale eletto, con le parole usate, non ha accettato la sua elezione e deve essere considerato negativo o per errore o per pazzia. Dall’altra parte, la posizione assunta è quella del Cardinale di Città del Messico, che motiva in questo modo: Non c’è modo più certo di indicare che si è accettata la dignità di un principe che rispondere in un modo che richiede ai suoi ascoltatori di accettare la sua autorità. Ora, rispondendo in questo modo, il cardinale eletto non mostra chiaramente la sua intenzione di agire come un principe? E quindi, la sua intenzione di accettare l’elezione? Non si limita a mettere alla prova la nostra lealtà? Io per primo non mancherò nella mia fedeltà al Sommo Pontefice in questo suo primo atto di ufficio!

Questa linea di ragionamento vince sulla maggioranza e i Cardinali votano così considerando il modo di dire scelto dal cardinale eletto quale “Sì, accetto”.

Il Cardinale Diacono, poi si avvicina al Cardinale Eletto e gli chiede con quale nome vuole essere conosciuto. Egli risponde: “Ignazio I”.

E gli anni passano. E non c’è nulla di controverso nel pontificato di Ignazio Ignazio I. Non da ultimo.

Tranne che per questa sola cosa.

Ogni volta che i giornalisti riescono a fargli un’intervista, e gli chiedono del momento della sua elezione a Papa, gli chiedono cosa ha detto, e lui dice: ¡Viva Guadalajara!

A circa 6 anni dal suo regno di papa, un giornalista, di nome Marco Tosatti III, volendo capire meglio questo, pone una domanda molto specifica a papa Ignazio I, durante un viaggio programmatico.

Tosatti III: So che a Vostra Santità è stata posta più volte la stessa domanda. E siamo tutti colpiti dal suo talento per l’umorismo e dalla sua allegria, unica tra i Papi. Ma il giorno della sua elezione, se posso chiederlo ancora una volta, può dirci cosa ha detto, quando il Cardinale Diacono le ha chiesto se accetterà la sua elezione canonica?

Ignazio I: Ho detto: ¡Viva Guadalajara!

Tosatti III: È tutto quello che hai detto?

Ignazio I: Sì.

Tosatti III: Non hai detto: Sì?

Ignazio I: No, non ho mai detto sì o no. Ho semplicemente detto: ¡Viva Guadalajara!

Marco Tosatti III pubblica la sua intervista e le notizie fanno il giro del mondo: Il Papa non ha mai detto di sì.

Pochi giorni dopo, un altro vaticanista italiano, di nome Sandro Magister V, ottiene un’intervista con l’anziano Cardinale Diacono, che conferma la storia: Sì, non ha mai detto di sì. Infatti c’è stata una controversia nel Conclave, e ora che papa Ignazio, Ignazio I, ha abolito il segreto pontificio sulla sua elezione, posso rivelare che abbiamo tenuto un voto in accordo con l’Universi Dominici Gregis, n. 5, e abbiamo stabilito che canonicamente parlando, questa frase, ¡Viva Guadalajara! sarebbe stata intesa come “sì, accetto”.

Anche Sandro Magister V pubblica la sua intervista, che suscita ancora più clamore e le notizie fanno il giro del mondo.

Circa due settimane dopo, una vecchia signora del sobborgo di Madrid, Spagna, dove è cresciuto Papa Ignazio I, prende una vola a Roma ed poi entra nella piazza di San Pietro con un cartello grande che dice: “Non è il Papa!” — La Gendarmeria, la polizia vaticana, tenta di prendere il cartello da lei, c’è una rissa e finiscono per colpirla e lei li respinge. Alla fine la portano via sia lei che il cartello.

Ma i pellegrini in piazza fotografano e videoregistrano l’intera caricatura e queste immagini vanno in tutto il mondo su tutte le piattaforme dei social media.

Il giorno dopo su tutti i maggiori quotidiani e siti degli MSM, l’unico argomento è perché hanno picchiato queste povere vecchia donna. E i giornalisti che hanno il permesso di intervistarla nel carcere vaticano ricevono tutti la stessa dichiarazione, preparata dal suo avvocato: “Nel mio sobborgo di Madrid, dove sono cresciuto con Papa Ignazio I, la frase ¡Viva Guadalajara! ha sempre significato: “Stai scherzando. Non sarei più d’accordo su questo che sostenere la squadra di Guadalajara, gridando ¡Viva Guadalajara! ad una partita di calcio con la nostra squadra!””

A questa notizia, i giornalisti si affollano a Madrid, in Spagna, e intervistano tutti coloro che possono trovare chi conosceva il Papa da bambino o da ragazzo. E tutti sono d’accordo sul fatto che quello che ha detto questa vecchia signora è la verità assoluta!

E questi giornalisti riferiscono quello che trovano. E, il giorno dopo, Papa Ignazio I concede un’intervista e dice: Vedete, non c’è niente che io odi più di arroganza e sicofanteria. Così, quando ho visto che non c’erano candidati degni per il Papato, ho deciso di fare quello che potevo per ritardare il più possibile il Conclave, in modo che i più indegni fossero presi dal Signore o non potessero votare, avendo raggiunto gli 80 anni. Così ho escogitato l’inganno che ho usato per ingannare tutti. E ha funzionato. Ma ora che il mio scopo ha raggiunto il suo meta, voglio ammettere che non sono mai stato Papa, perché non ho mai accettato la mia elezione a Sommo Pontefice. Pertanto, ora smetterò di fingere di essere Papa e tornerò a Madrid e mi godrò i miei ultimi anni di vita bevendo cerveza e guardando la squadra di calcio di Madrid. Addio e Adios!

_____________

I limiti della discrezione

Così finisce il caso canonico immaginario che ho creato. Come potete vedere, cose strane possono accadere se la discrezione che noi cattolici tradizionalmente accordiamo ai cardinali va oltre ogni limite. In giustizia, quindi, dobbiamo ammettere che ci sono alcune cose che i Cardinali non possono fare anche se lo vogliono.

Una cosa che non possono fare, anche se lo vogliono, riguarda l’interpretazione dei testi verbali. Come traduttore di testi medievali, capisco bene che ci sono 3 modi per determinare il significato di qualsiasi frase oscura. La prima è intrinseca, la seconda estrinseca e la terza è referenziale.

I metodi intrinseci guardano al significato delle parole usate e alla loro struttura grammaticale. I metodi estrinseci guardano al contesto in cui la frase è usata e impongono una teoria su ciò che l’intento era nella mente dell’autore nell’usare la frase oscura. I metodi di riferimento cercano altre occorrenze della stessa frase oscura negli scritti dello stesso autore, dei suoi contemporanei o degli autori che ha letto o citato.

E come traduttore, ho imparato a fatica che il metodo peggiore dell’interpretazione è il metodo estrinseco. Il metodo intrinseco può essere usato ma richiede grande discrezione e una buona conoscenza dell’autore che si sta leggendo. Il metodo referenziale è il più certo, ma bisogna tener conto del fatto che ogni autore può usare frasi standard in modo leggermente diverso.

¡Viva Guadalajara!

Come si può vedere dal caso fittizio che ho costruito, può sorgere un grave errore quando chi dovrebbe interpretare il significato delle cose dette dal Papa usa il metodo estrinseco, adottando il contesto della frase e qualche teoria di quale fosse l’intento di chi lo diceva, e da questi due dati estrapolando il significato della frase.

Questo non è stato uno studio inutile. E anche se si può trovare questa storia divertente, questa non è stato il mio intento. Perché anche se riguarda ciò che potrebbe accadere nel primo momento in cui un uomo diventa Papa, un problema simile di interpretazione può sorgere nell’ultimo momento in cui un uomo è il Papa, cioè in un atto di rinuncia.

Perché, quando un uomo rinuncia al papato, il Canone 332 §2 richiede che dica qualcosa che significhi: In qualità di Romano Pontefice, rinuncio al munus che ho ricevuto nella Successione Apostolica da San Pietro, il giorno in cui ho accettato la mia elezione a Sommo Pontefice dal Collegio Cardinalizio.

Le parole non devono essere quelle che ho appena scritto, ma devono significare essenzialmente la stessa cosa.

Se l’uomo che è Romano Pontefice dice, però, “Io dichiaro che rinuncio al ministero che mi è stato affidato per mano dei Cardinali, il giorno in cui sono stato eletto”, allora sorge un problema. Perché non si trova nel Codice di Diritto Canonico, né nella Tradizione Canonica, né nella mente di Papa Giovanni Paolo II, il Legislatore in questo caso, una chiara equazione o predicazione di munus da ministerium. Quindi, sostenere che la rinuncia al ministero di papa Benedetto XVI significa una rinuncia al munus è un’interpretazione, infondata in diritto. Inoltre, i Cardinali, i Vescovi e il Clero che hanno questa interpretazione non hanno alcuna autorità nella legge ecclesiastica per interpretare l’Atto Papale in questo modo.

Dobbiamo essere adulti e ammettere questo problema di interpretazione.

E coloro che hanno commesso questo errore devono farsi adulti e smettere di insistere che li seguiamo in esso.

Dopotutto, l’estremismo religioso non consiste nel rifiutare un errore di interpretazione. L’estremismo religioso consiste nell’insistere, come l’ISIS, che accettiamo i loro errori di interpretazione, o altrimenti !

CREDITI: l’immagine in evidenza è della Cattedrale di Madrid è tratta dall’articolo di Wikipedia sulla facciata della Cattedrale di Madrid e viene utilizzata sotto la licenza wiki commons ivi descritta.

La Rinuncia è invalida per 6 ragioni

di Frà Alexis Bugnolo

Mentre i cattolici iniziano lo sforzo di far sapere al clero che sono stati defraudati della loro fedeltà al Vicario di Cristo il 28 febbraio 2013, è importante avere una breve sintesi dei problemi canonici nella dichiarazione di Papa Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013, Non solum propter. (Testo ufficiale qui al sito web del Vaticano)

Ecco un breve riassunto.

6 errori canonici nell’atto di rinuncia

  1. Nell’Atto, il Romano Pontefice rinuncia “al ministero affidato a lui attraverso le mani dei Cardinali” il giorno della sua elezione. Ma il canone 332 §2, nel testo ufficiale latino di quel canone, richiede che la rinuncia sia al “munus” petrino, cioè al’Ufficio Papale (cfr. canoni 331, 333, 334, 749). Pertanto, l’atto NON è una rinuncia al papato. Così, per quanto riguarda il canone 332 §2, l’atto è un ACTUS NULLUS. E se si dice o si pensa che sia un atto di rinuncia al papato, allora l’affermazione o la stima è falsa in ragione del Canone 188, che dichiara IRRITA qualsiasi rinuncia all’ufficio viziata da errore sostanziale, cioè da un errore che tocca la sostanza dell’atto (che, in questo caso, è costituita dall’essenza dell’atto come atto di rinuncia al munus, non del ministerium).*
  2. Nell’Atto, il Romano Pontefice non nomina l’ufficio con alcun termine canonico proprio, e quindi l’atto è anche un ACTUS INVALIDUS in ragione del requisito del canone 332 §2, che l’atto sia debitamente manifestato (rite manifestetur), poiché ciò che non viene nominato non è manifesto.
  3. Nell’Atto, la libertà del Romano Pontefice riguarda ciò che fa, non ciò che non fa, il che, non essendo egli non lo fa, che sia libero di farlo o meno, non è espresso. Pertanto, l’atto è un ACTUS INVALIDUS in ragione del requisito del canone 332 §2, che l’atto di rinuncia al munus sia eseguito liberamente (libere fiat).
  4. Nel fare una dichiarazione di rinuncia, invece di rinunciare, l’atto è anche un ACTUS NULLUS, perché il diritto canonico non considera le dichiarazioni come atti canonici. Sono solo annunci. (cfr. la sezione penale sugli annunci riguardanti persone che hanno subito scomunicazioni latae sententiae ipso iure).
  5. Nel fare quella che sembra essere una rinuncia al papato, senza nominare l’ufficio papale come richiesto dal Canone 332 §2, l’uomo che fa la dichiarazione, in quanto è l’uomo che ha ricevuto l’ufficio e che sta cercando di separarsi dall’ufficio, aveva bisogno di ottenere dall’uomo che è il Papa, una deroga esplicita ai termini del canone 332 §2, in virtù del canone 38, e poiché egli non ha fatto, poiché nell’atto non viene menzionata alcuna concessione di deroga a tale requisito, allora in ragione del canone 38, l’atto, essendo contrario alla legge del canone 332 §2 e gravemente lesivo del diritto dei fedeli di sapere chi sia il vero papa e quando sia canonicamente dimesso, è un ACTUS SINE EFFECTU, cioè un atto che manca di ogni effetto.
  6. Infine, rinunciando al “ministero”, il Romano Pontefice pone un atto giuridico che non è previsto dal Codice di Diritto Canonico, poiché in esso nessun canone parla di rinuncia al ministero. Pertanto, l’atto è un ACTUS NULLUS a norma di legge. Pertanto, secondo il canone 41, nessuno che abbia un ufficio nella Chiesa ha il dovere di riconoscerlo.

__________

* Non includo l’errore sostanziale come uno degli errori canonici dell’Atto, perché l’atto non è mai stato un atto di rinuncia all’ufficio papale. L’argomento che l’errore sostanziale vizia l’atto, tecnicamente, ha più a che fare con le percezioni errate o false affermazioni fatte sul valore canonico dell’atto, che con l’atto stesso. Parlare di errore sostanziale è quindi necessario quando si discute con qualcuno che opera sotto la falsa premessa che il Papa ha rinunciato al papato, ma alla fine si deve parlare della realtà di ciò che il Papa ha effettivamente detto in quel giorno, e distinguere quella realtà dall’idea sbagliata che è stata pubblicata in tutto il mondo.

P.S.: Si noti che nel titolo di questo post uso la parola “invalida” nel senso comune di un atto che non incide su ciò che si pensa che abbia effetti, ma propriamente parlando il termine dovrebbe essere “viziata” o “erronea”, perché come si può vedere dalla lista di 6 errori canonici, 3 riguardano la nullità, 2 riguardano l’invalidità, e 1 riguarda l’essere senza effetto.

CREDITS: L’immagine in evidenza si trova sul web senza informazioni di proprietà intellettuale. Si presume fair use.