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Benedetto è il papa senza ogni dubbio canonico

L’8 Gennaio 2020: Papa Benedetto è il vero unico Romano Pontefice senza ogni dubbio canonico. Quest’affermazione è la conclusione necessaria dell’argomento canonico proposto prima dall’Associazione internazionale “Veri Catholici” pubblicato il 19 Dicembre 2018 al loro sito e in traduzione italiana il 22 Dicembre 2018 qui.

Oggi, quasi un anno dopo, possiamo annunciare che lo stesso argomento canonico è stato accolto dal famoso sacerdote palermitano, Don Alessando Minutella.

Pubblicamente attaccato in un modo gravissimo per qualche anno, Don Minutella ha sofferte tanti disagi e tante calunnie per il fatto semplice che sostiene Papa Benedetto XVI come il vero unico papa. Colpito da sanzioni finte annunciate da Bergogliani usurpatori,* egli da esempio di uno dei più fedeli e coraggiosi sacerdoti della epoca moderna per opporre la mafia ecclesiastica in ogni punto e al rischio proprio. La Chiesa Romana quindi ha un grandissimo debito di gratitudine nei confronti di Padre Minutella per il ministro sacro nella verità che svolge in Cristo Nostro Signore per il nostro vero Vescovo e Papa, Benedetto XVI.

Quindi è un onore proprio per la Redazione ripubblicare il suo annuncio di oggi, per fare capire a tutti che l’argomento canonico in se stesso è oggettivamente valido e che tutti possano comprendere se hanno un mente onesta aperta alla verità.

BENEDETTO XVI E’ IL PAPA. DICIAMOLO CON FORZA. NON E’ UN CRIMINE. E CHISSA’ SE MONSIGNOR VIGANO’…
LEGGETE CON ATTENZIONE…

Di don Minutella

. . . (per il testo intero va al https://www.facebook.com/1736683333243587/posts/di-don-minutellabenedetto-xvi-e-il-papa-diciamolo-con-forza-non-e-un-crimine-e-c/2513737615538151/ )

L’indizio da cui partire, per tentare (inutilmente) di creare criteri di ragionevolezza delle argomentazioni e provare a sfondare il muro di omertà, è quello della stessa Declaratio (dichiarazione), con cui Benedetto XVI ha rinunciato all’esercizio del ministero. Tale dichiarazione, risalente a quell’indimenticabile 11 febbraio 2013, conclusosi con il fulmine sulla cupola di san Pietro, è accompagnato da non pochi e vistosi indizi che lasciano aperta la questione, già da subito, circa la validità, persino formale, delle dimissioni.

Ora, a riguardo dell’ipotesi dell’invalidità delle dimissioni del papa, quanti tra i cattolici la sostengono, sono per questo condannati dal diritto canonico? La risposta è no, e dunque non è peccato dubitare, quando le prove sono ragionevoli, che le dimissioni restino invalide.

Diversi studiosi hanno avanzato non pochi ragionevoli dubbi circa la validità formale della stessa Declaratio.

Pronunciata in latino, scritta dallo stesso Benedetto XVI, riportata poi dagli organi di stampa vaticana con dei cambiamenti, la Declaratio nella sua parte più importante recita così: “quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare”. La traduzione è la seguente: “per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005”.

Dunque, Benedetto XVI rinunciava soltanto al ministero, non al cosiddetto munus petrino. Il munus, infatti, è incedibile, perché Nostro Signore ha voluto consegnarlo alla singola persona di Pietro e in lui ad ogni legittimo e valido successore. Il munus è ad Petri personam, cioè investe la persona stessa del papa che salvo casi rarissimi non può che assumerlo fino alla morte. Il papa ha consegnato soltanto il ministero, perché pressato dai poteri forti e perché ancora consapevole che era giunto il tempo dell’attuazione del Terzo Segreto di Fatima da lui per anni approfondito. Il trono petrino andava ora consegnato, per un tempo noto solo a Dio, ai nemici della Chiesa, ma il munus, e cioè quindi le chiavi, il papa lo portava con sé. E così egli portava con sé anche la vera Chiesa cattolica. Solo una mente acuta e nobile, capace come poche altre di stare di fronte a Dio e a sé stessa, poteva azzardare una simile mossa che in effetti non smette di imbarazzare e confondere le mosse altrimenti occulte della falsa chiesa e del falso papa.

Benedetto XVI sapeva certamente che cosa prescrive il canone 332 §2 per la validità delle dimissioni del papa: “si contingat ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero ut a quopiam acceptetur”. Dunque il requisito è che il papa rinunzi al munus (muneri suo renuntiet), ma Benedetto XVI nella Declaratio non rinuncia affatto al munus. Alcuni hanno sostenuto allora che il ministerium va supposto e compreso quale munus, ma il canone 17 ricorda che quando è in dubbio l’interpretazione della legge, si deve ricorrere ad altre parti della legge stessa: “Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all’intendimento del legislatore”. Il codice dunque non autorizza in nessuna parte che il ministerium corrisponda al munus. Il canone 145 § 1 definisce ogni ufficio ecclesiastico quale munus, non ministerium, pertanto tutti i cattolici devono, se non riconoscere a norma del diritto l’invalidità delle dimissioni, almeno dubitarne.

Ora, siccome il munus petrinum non è condivisibile con altri, ciò significa che l’elezione di un altro papa è contraria alla legge divina e alla legge canonica. Badate bene: nel testo della Declaratio il papa non ha ordinato espressamente che venisse convocato un Conclave.
Finora una potente regia, mossa da una macchina del potere nascosta, è riuscita a ghettizzare le voci profetiche. Padre Malachi Martin o padre Gruner, per fare solo due nomi, sono morti pressoché nell’indifferenza generale. Eppure dicevano cose vere, e per questo scomode.

Sarà così anche per noi? La nostra battaglia in difesa di papa Benedetto quale esito avrà? Saremo anche noi destinati al fallimento?

No!

Ce lo assicura la Santa Vergine che, nelle apparizioni in Equador, riconosciute dalla Chiesa, e avvenute nel diciassettesimo secolo, anticipavano i tempi di prova che stiamo vivendo, con l’assalto finale della massoneria al trono di Pietro. La Madonna dirà: “quando la malvagità sarà trionfante, sarà giunta la mia ora, in cui io, in maniera meravigliosa, detronizzerò il superbo e maledetto satana, ponendolo sotto il mio piede e incatenandolo nell’abisso infernale, liberando così finalmente la Chiesa”.

La Madonna ha parlato anche di un prelato che, forte e coraggioso, prenderà in mano le sorti della Chiesa e che “ristorerà lo spirito dei suoi sacerdoti. Il Mio Santissimo Figlio e io ameremo questo figlio privilegiato con un amore di predilezione, e noi gli faremo dono di rare capacità: umiltà di cuore, docilità alla divina ispirazione, forza per difendere i diritti della Chiesa, e di un cuore tenero e compassionevole, cosicché, come un altro Cristo, egli assisterà i grandi e i piccoli, senza disdegnare le anime più sfortunate che gli chiederanno un po’ di luce e di consiglio nei loro dubbi e sofferenze. Con divina soavità, egli guiderà le anime consacrate al servizio di Dio nei conventi, alleggerendo il giogo del Signore il quale ha detto: ‘il mio giogo è dolce, e il mio carico leggero’. Le bilance del Santuario saranno poste nelle sue mani, in modo che tutto sia pesato con dovuta misura e Dio sarà glorificato”.

Chissà, forse è venuto il momento di intravedere questo prelato.

E se fosse monsignor Viganò il prescelto?

Noi siamo qui. In unione con Benedetto XVI.

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* Notiamo che secondo il Codice di Diritto canonico di 1983, per la Chiesa di Rito Latino, una scomunica non possa essere annunciata o imposta da un scismatico o da un usurpatore. Ma essendo che Papa Benedetto non ha mai nominato il Padre Lorefice, sacerdote della Diocesi di Noto, come Arcivescovo di Palermo, il Padre Lorefice non ha nessun diritto di scomunicare nessuno, ma in fatti, al contrario, Padre Lorefice – se con la sua conoscenza o non con la sua conoscenza – ha ricevuto consacrazione episcopale senza mandato pontificio e quindi è stato scomunicato latae sententiae dallo stesso canone che puniva il Arcivescovo Lefebvre nel 1988. In più, l’annuncio di scomunica che emanava dalla Curia Romana contro il Don Minutella è anche invalida per mancanza di delega pontificia da Papa Benedetto, perché essendo Papa Benedetto ha rinunciato al ministero nel Feb. 2013 e essendo che i Cardinali non hanno chiesto lui mai per il suo consenso in forma canonica per le loro attività dopo il Feb 28, 2013, tutto che essi fanno è senza delega pontificia secondo la norma della legge.

Quindi, Don Minutella non è stato scomunicato? No, in nessuno senso legittimo. Quindi, è ancora parroco della sua parrocchia a Palermo? Sì, secondo la norma della legge non ha perso il suo munus come parroco.

Qui, si devo notare che il consenso tacito non è valido quando il quale che ha il potere non pensa di averlo più. Infatti, quando il Romano Pontefice rinuncia al ministero petrino, senza delega in forma specifica nessuna altro possa esercitar quel ministero petrino o quel potere petrino legittimamente. Questa è vera per tutti gli atti della Curia Romana dopo il 28 Febbraio 2013 fino ad oggi.  Inoltre, si deve notare che le pene ecclesiastiche in molti casi non sono imposte dalla legge per motivi di mancanza di malavoglia nel atto, quindi parliamo di pene qui secondo la norma non secondo la realtà e lasciamo al Papa Benedetto e a suoi successori legittimi la decisione di imporrle o no.

In fine, tramite l’espressione, “Padre Lorefice” non è l’intento della Redazione di negare la validità della sua consacrazione episcopale ma solo di mettere in evidenza che il suo stato canonico secondo l’ufficio è ancora come fu al tempo della Rinuncia di Papa Benedetto.

CREDITS: L’immagine in evidenza si trova sul web senza attribuzione. Si presume fair use e dominio pubblico.

Eminente Canonista di Roma ammette che Bergoglio è antipapa

L’ardente sostenitore di papa Francesco
non riesce a produrre argomentazioni canoniche  per la validità della Rinuncia
di Papa Benedetto XVI

di un fedele della Chiesa di Roma

Al di pro della causa di sostenere che Papa Benedetto XVI è il vero papa, sono rivolto ad uno dei più eminenti canoniste della Chiesa che c’è, e che vive a Roma, per parlare della rinuncia di Papa Benedetto e la non conformità di quel atto alla legge ecclesiastica.

L’occasione è stata una grazia vera e opportunità unica per parlare con uno dei più saggi Dottore in Diritto Canonico. Quindi, è importante di sentire ciò che ha detto sul argomento per capire meglio che è successo il 11 Febbraio 2013.

La nostra chiacchierata è durata forse 20 minuti, e abbiamo parlato solamente sui principi di Diritto Canonico che riguardano la cessazione ab ufficio del Romano Pontefice. Non avevo apparecchiatura per registrare ciò che è stato detto, quindi, descrivo ciò che mi ha detto a quanto ricordo.

Essendo che qui, a ChiesaRomana.info, lo scopo è diffondere la verità non a seminare divisioni nella nostra Chiesa locale, non è importante chi precisamente egli è. Infatti è sufficiente semplicemente a raccontare i punti in diritto su cui siamo stati d’accordo e in disaccordo.

Egli ha confermato per me che:

    1. Un atto di rinuncia al papato rientra nel genere di atti legali che riguardano la cessazione al potere.
    2. La cessazione al potere non è mai presunta, deve manifestarsi nell’atto giuridico.
    3. La Curia romana assiste il papa nell’esercizio del Ministero petrino, ma nessuno in Curia romana, nemmeno il segretario di Stato, partecipa al Munus petrino.
    4. Durante una sede vacante non può esserci innovazione nella legge della Chiesa.
    5. Se il Ratzinger si è dimesso validamente, dal momento in cui lo ha fatto, c’era una sede vacante.
    6. Durante una sede vacante l’intera Chiesa è obbligata a giudicare chi non è papa e chi è papa sulla base della norma della legge, non del sentire dire o delle pretese di nessuno, per non parlare dei giornalisti.
    7. Il canone 145 §1 definisce ogni ufficio ecclesiastico come un munus.
    8. Il Canone 332 § 2 impone alla Chiesa di riconoscere che una rinuncia papale ha luogo quando vi è una rinuncia libera e manifesta al Munus petrino.
    9. Canone 1331 §2, n. 4, non proibisce a una scomunica di esercitare o svolgere un ministero nella Chiesa, e non identifica il ministero con dignità, ufficio o munus.
    10. La promessa e la preghiera di Cristo per il Successore di San Pietro è infinitamente più importante di un sostegno per il Papa che tutte le preghiere e le buone opere della Chiesa per il Papa. E solamente colui che ha il Munus petrino la riceve.
    11. È necessario che l’intera Chiesa abbia cura che una successione petrina, cioè il passaggio dell’ufficio del papato da un uomo all’altro, avvenga nel modo in cui la legge canonica e la volontà di Cristo lo intendono.
    12. La nostra preoccupazione per la soluzione di questo problema dovrebbe basarsi sulla massima carità e giustizia sia per Benedetto che per Francesco.
    13. Non c’è canone nel Codice di Diritto Canonico che afferma che ministero = munus.

Comunque, il canonista non era d’accordo con me in altri punti. Egli sostiene in fatti:

    1. Che è cattiveria proprio che qualsiasi mette in discussione le pretese validi di Papa Francesco al papato.
    2. Chi muovo una domanda o un’indagine sulla Rinuncia di Papa Benedetto con tali motivi non deve essere sentito proprio.
    3. La Scolastica non è la mente della Chiesa e non definisce la realtà.
    4. Il Codice di Diritto Canonico non definisce la realtà.
    5. Munus è contenuto in Ministerium.
    6. Il Canone 17 che stabilisce la norma secondo cui ogni canone nel Codice deve intendersi, non ha nessuna applicazione in questioni di validità o invalidità per la Rinuncia di Benedetto o le pretese di Bergoglio al papato.
    7. Cattolici devono leggere solo quei scrittori che sostengono la validità della Rinuncia e la validità delle pretese di Bergoglio al papato.

COMMENTARIO

L’usurpazione del potere è un atto in base al quale qualcuno che non ha un diritto, rivendica tale diritto. Viviamo in un secolo di usurpazioni, come si può riconoscere dalle notizie quotidiane. Ma quando si incontra un canonista che assume la posizione in cui si sostiene che la detenzione del potere rende legittima la pretesa al potere, si trova faccia a faccia con la prova che non vi è alcuna ragione o obbligo legale per sostenere la sua rivoluzione.

Quindi, anche se non abbiamo parlato delle opinioni del Cardinale Burke, quando ricordo che il Cardinale abbia chiamato tutti coloro che mettono in discussione la legittimità delle pretese di papa Francesco al papato, “estremisti”, mi chiedo cosa avrebbe detto il Cardinale su questi stessi punti in diritto? Perché comunque cos’è l’estremismo, nel cattivo senso della parola? Afferma che 2 + 2 deve = 4 e che coloro che lo affermano non hanno torto? O insiste che una pretesa al potere, che manca ogni fondamento in diritto, è insindacabile?

Le affermazioni più eclatanti di questo canonista sono contenute in nn. 5 e 6. Rifiutare la norma del canone 17 nella lettura del Codice significa in realtà gettare nel cestino ogni obbligo di ritenere che il Codice significhi ciò che Papa Giovanni Paolo II ha detto che significa e ciò che esso stesso o la tradizione canonica lo dice significare.

E affermare che “munus è contenuto nel ministero” è in somma rifiutare l’intera Incarnazione, perché questa è la dottrina di quei cristiani che affermano che lo svolgimento di un ministero dà autorità. È il principio protestante dell’ufficio, che nega che il Cristo ha consegnato agli uomini gli uffici ecclesiastici. Come uno storico molto eminente in confrontare l’ufficio ecclesiastico nella Chiesa cattolica e nelle chiese della Riforma mi ha recentemente affermato in una chat privata, i protestanti sono tutto d’accordo che il fare di un ministero porta con se l’autorità di farlo.

Quindi, in una parola, se munus è contenuto nel ministero, allora se qualcuno inizia a vestirsi come il Papa e ad agire come il papa, nominando i vescovi e consacrandoli, ALLORA È IL PAPA!

Infine, per un canonista affermare che il Diritto canonico non determina la realtà in una discussione sulla questione della validità canonica della Rinuncia è per conseguenza concedere che la Rinuncia è chiaramente e manifestamente NON CONFORME ALLA NORME DEL CANONE 332 §2! E quindi, che Bergoglio è antipapa, senza ogni pretesa legittima al papato!

Quindi la prossima volta che qualcuno ti dice che devi accettare Papa Francesco come papa “PERCHÉ ALTRIMENTI sei un peccatore o un eretico o uno scismatico”, forse dovresti rispondere così:

“Nella Chiesa cattolica solo egli è papa che è stato eletto canonicamente dopo la morte o le dimissioni canoniche dell’uomo precedente. Se uno dei più eminenti canonisti di Roma, che sostiene Papa Francesco, ha ammesso i punti in diritto secondo cui la Rinuncia non è conforme ai requisiti canonici del Codice di Diritto canonico, quindi penso di avere un DIRITTO INSINDACABILE a cagione del battesimo per rifiutare Bergoglio come papa. Perché chiaramente, se i sostenitori di Bergoglio dopo quasi 7 anni non hanno un argomento canonico che dimostra la sua pretesa è valida,  non esiste un argomento canonico! E se non c’è nessuno, perché in Cielo o in Terra, devo io accettarlo? ”

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CREDITS: L’immagine in evidenza si trova a https://www.glisfogliati.com/negozio/codice-di-diritto-canonico-testo-ufficiale-e-versione-italiana-1983/ dove si possa comprare la edizione del Codice di Diritto evidenziata in essa. Si presume fair use. ChiesaRomana.info non ha ricevuto nessun ricompensa per la raccomandazione o collegamento ipertestuale.